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Cultura - Cinema e spettacoloStefania Castella

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10 Marzo 2015
Milena Canonero. Orgoglio Made in Italy, costumista geniale e visionaria
di Stefania Castella



Milena Canonero. Orgoglio Made in Italy, costumista geniale e visionaria
Maria Antonietta
secondo Milena Canonero

L’abito non fa il monaco, ma può valere un oscar e anche più di uno. Per l’esattezza quattro, nel caso di un talento tutto italiano, che riempiva d’orgoglio la serata più famosa di Los Angeles. Made in Italy da un genio dei costumi nata a Torino, partita da Londra, adottata dalla cittadina degli angeli oggi. Milena Canonero con alle spalle gli studi di Storia e Arte del Costume iniziava negli anni settanta la sua formidabile carriera. Nove nomination, quattro andate a segno a partire dal 1975 con “Barry Lindon” di quel genio visionario di Stanley Kubrick (grazie al quale era iniziato tutto), 1981 con “Momenti di gloria” di Hugh Hudson, 2006 “Marie Antoinette” di Sofia Coppola, infine l’ultimo “The Grand Budapest Hotel” del 2014 di Wes Anderson. Bella, eleganza naturale e portamento da Lady molto British, sposata con l’attore Marshall Bell. Tutto iniziava quando un certo regista, il già nominato Stanley Kubrick, chiedeva ad una giovane studentessa venticinquenne, di collaborare alla creazione dei costumi per un suo film. Uno di quei treni che passano poche volte nella vita, ma quando passano non puoi permetterti di perderli, treni che ti accompagneranno in un lunghissimo viaggio che ha la forma della fatica che porta alla realizzazione del sogno.

 

“Arancia Meccanica”, nella sua crudezza, nel suo essere agghiacciante, crudo, a suo modo considerato (ancora oggi) capolavoro, era una grande possibilità. L’aria da Dandy della banda di Alex fu la giusta trovata, il colpo di genio. Bombetta inquietante e quella specie di strano pigiama con slip, imbottitura e bretelle, insieme agli abiti stridenti di paillettes e colori da visioni futuristiche pop art della donna che affogava in un vortice di violenza allucinante. Come del resto dei protagonisti, tutti come usciti da cartoon o da quadri di Roy Lichtenstein. Pennellate che facevano di ognuno un’immagine riconoscibile nel tempo.

 

La ricerca frenetica del giusto carattere da far indossare ai protagonisti, continuava con il binomio che si sposava a meraviglia con Kubrick, oltre il premiato “Barry Lindon”, “Shining” in cui Jack Nicholson indossava una camicia a scacchi che è rimasta il simbolo del folle scrittore intenzionato a uccidere la moglie (anche lei con gonne, stivali e insiemi molto belli, molto seventy). Vincente il binomio col regista, ma vincente soprattutto la mentalità della creatrice, mai stretta in compromessi, chiara fin da subito nell'intenzione di dimostrare al mondo la sua impronta, oltre quella dei registi (per la maggior parte tutti particolarmente “visionari” come Polanski, oltre i Coppola e Kubrick). Mai “trova robe” lei, è creatrice. “Ogni volta è diverso: tutto dipende dal progetto e dalla visione del regista. Così ogni volta cambi “Tono” e la tua, di visione”. Sempre alla frenetica ricerca della personalità da dare alla figura di ogni pellicola, senza condizioni.

 

Ancora fino al 22 marzo a Roma è possibile (al Palazzo Braschi) visitare la mostra a lei dedicata, dove si possono ammirare gli abiti creati per tutti i film. Pellicole indimenticabili solo per citarne qualcuna: “La mia Africa” “Il Padrino-parte terza” “Ocean’s Twelve” “Cotton Club” “Dick Tracy”(leggendari fumetti Madonna e Warren Beatty) memorabili storie, memorabili costumi, memorabili trovate anche, come quella che fece del film della Coppola la pellicola quasi pop che ricordiamo quando ai piedi di Maria Antonietta si vedevano (o intravedevano) attualissime Manolo Blahnik, o semplici scarpe da tennis, per dipingere una figura maestosa e allo stesso tempo semplicemente giovane ragazza come tante. Una mente geniale un’impronta unica che firma un made in Italy che ha ancora tanto da raccontare e soddisfazioni da regalare a Hollywood e a tutto il nostro Bel Paese.








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