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29 Novembre 2014 Delitto e Castigo: il tema della pena nel romanzo di Dostoevskij di Sara Cavedon
 | Delitto e Castigo | Pubblicato nel 1866 a puntate, Delitto e Castigo è senza dubbio uno dei più noti romanzi dello scrittore russo Fëdor Dostoevskij. La narrazione ruota attorno al personaggio principale, Rodion Romanovič Raskol’nikov, un ex studente di ventitré anni sul lastrico, che cerca di destreggiarsi nella povertà come può, ricorrendo addirittura al prestito ad usura. Matura in lui dunque un profondo livore nei confronti dell’intera società, dovuto alla condizione drammatica in cui versa, sentendosi esso stesso un peso per la madre e per la sorella che lo mantengono. Quest’ultima infatti acconsente ad un matrimonio d’interesse con un uomo che non ama al fine di giovare alla situazione economica del fratello, volendo così consentirgli di riprendere gli studi in legge e di trovare poi un impiego assicurato presso il cognato. Appena Raskol’nikov ha notizia di ciò decide che farà di tutto per impedire le nozze, arrivando anche a maltrattare il futuro cognato. Scatta in lui in questo momento un’ancora più profonda insofferenza per questo sistema sociale che costringe gli uomini giusti a scendere a tali compromessi per poter vivere, e che al contrario sembra favorire gli individui disonesti, che il giovane uomo chiama "pidocchi". È qui che si fa strada la terribile teoria di cui il ragazzo rivendica la paternità: vi sono uomini splendidi, destinati a grandi cose - in sostanza dei veri e propri Napoleone - che per il bene della società si innalzano al di sopra della morale e compiono gesti bassi ed infimi, al fine di rendere il mondo un posto più onesto e vivibile. Questi individui, migliori degli altri, hanno il diritto - e anzi il dovere - di schiacciare sotto le suole i migliaia di pidocchi che lo infestano, commettendo crimini terribili che garantiranno però un giusto progredire della Storia. Per questa loro predestinazione alla grandezza essi sono immuni alla colpa, e dunque alla pena, in quanto il delitto si configura come una necessità morale, un dovere nei confronti degli oppressi che aspettano di essere liberati. In sostanza non è affatto un crimine uccidere uomini da poco - i pidocchi - se questo può portare all’avvento di una società più giusta. È sotto la febbrile influenza di queste personali teorie che Raskol’nikov decide di uccidere - e derubare - la vecchia usuraia, il misero e sporco pidocchio, che da tempo lo strangola con insistenza con il peso della sua presenza e delle sue continue richieste di restituzione del denaro. Essa è tremendamente ricca e, ad avviso del giovane, assolutamente inutile nella società. E così Rodion Romanovič Raskol’nikov, attraversando una San Pietroburgo sporca e malsana, teatro di povertà e sofferenze, va a compiere il Delitto, animato da una disperata e cieca follia che gli ottenebra i sensi. Egli porta via svariati pegni dalla casa, nascondendoli poi sotto ad un sasso e dunque non facendone più uso. Così si svela dunque l’inutilità di un gesto che porta il giovane alla disperazione più totale, la quale si somatizza in una febbre cerebrale che lo costringe a letto. Raskol’nikov scopre di aver fallito prima di tutto nel giudizio che aveva di sé: egli si era creduto un Napoleone, in grado di sopportare ogni peso per il bene della Storia, e invece si era rivelato lui stesso un pidocchio, schiacciato dal senso di colpa per aver commesso una tale azione. Profondamente debole, e deluso da sé stesso, Raskol’nikov diventa paranoico e assillato dall’idea che qualcuno possa scoprirlo. Questa monomania febbrile, questa insistente tendenza a chiedere in merito ad un delitto di cui egli nulla dovrebbe sapere, finisce per farlo scoprire agli occhi del giudice istruttore Porfirij Petrovič, che lo spinge infine alla tormentata confessione della propria colpa. Infine dunque, dopo il Delitto, il Castigo, che non si configura come la pena formale dei lavori forzati - i quali saranno invece la giusta espiazione della colpa - ma si presenta come il continuo rigurgito della coscienza del giovane uomo, che si ribella ad un atto tanto disumanizzante come l’omicidio, tormentandolo assiduamente. Nodo fondamentale è inoltre l’incontro con Sonja, una prostituta estremamente religiosa a cui Rodion confessa il crimine da lui commesso, e la quale lo spinge ad redimersi tramite l’accettazione della sofferenza che, catartica, lo renderà un uomo nuovo. Toccante è in merito la scena della lettura del passo biblico della resurrezione di Lazzaro, la quale prefigura l’esito dell’unica possibile via d’uscita - l’accoglimento del dolore per giungere ad una vita nuova - alla strada chiusa in cui si è trovato Rodion, cioè la resurrezione spirituale. La pena dunque, il Castigo, infine è strenuamente desiderata e cercata dal giovane, che solo in essa, e in un profondo sentimento religioso che viene sovrapposto all’amore attraverso Sonja, troverà finalmente la pace e la serenità.
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