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26 Gennaio 2016
La pianista bambina, un romanzo di Greg Dawson
di Emma Fenu


La pianista bambina, un romanzo di Greg Dawson

“La pianista bambina” è un romanzo di Greg Dawson, edito da Piemme nel 2010.

 

Greg e Candy sono una coppia di americani.

 

Non parlano né comprendono la lingua russa.

 

Nel 2006 decidono di compiere un viaggio in Ucraina, affinché un uomo scriva una storia, o una storia si scriva, o una storia scriva lui, restituendogli memoria in cumuli di “ieri” grondanti di zucchero e sangue.

 

Lungo la costa del mar d’Azov, nel reticolato di vie di Berdyans’k, Greg ha cercato la propria madre, avvolta in un cappottino bianco che scaldava il suo corpo piccolo e tornito, mentre, a soli tre anni, girovagava sola e affamata di vita.

 

Nell’attraversare la Piazza della Libertà di Kharkov, Greg ha cercato la propria madre, seduta davanti ad un pianoforte, con le mani minute ed ambrate immerse nel bianco e nero dei tasti, in una stanza del Conservatorio.

 

Nell’osservare un portone serrato in via Katsars’ka, Greg ha cercato la propria madre ancora bambina bussare e trovare rifugio, affamata di pane.

 

Camminando sull’abisso di Drobitsky Yar, lo storico burrone, ora coperto di piante di mirtilli e fragole, nel quale, fra il 1941 e il 1943, furono fucilati 16.000 ebrei, Greg ha trovato il proprio nonno, che barattò un orologio da taschino per la vita delle sue bambine, e la propria nonna, anch’essa foglia al macero ai piedi dell’albero della giustizia.

 

Davanti alle colonne recanti, in caratteri cirillici, i nomi delle 43.000 vittime del nazismo, Greg lesse i nomi della propria madre e della propria zia.

 

Eppure là non c’erano, erano sopravvissute, nel silenzio delle parole censurate, nel silenzio che segue a troppi ultimi respiri, nel silenzio che pervade lande innevate da attraversare a piedi, nel silenzio,denso e corposo, di vagoni per bestiame in cui stiparsi senza far capire di essere russe, di essere vive.

 

La pianista bambina” non è, tuttavia, una storia di silenzio, ma di musica.

 

Bach. Beethoven. Borodin. Brahms. Čajkovskij. Chopin. Debussy. Grieg. Händel. Liszt. Mendelssohn. Mozart. Rachmaninov. Shubert. Shumann.   

 

Tutti presenti all’appello. Anche a quello più atroce.

 

Le melodie dei Grandi sono la colonna sonora che conduce i passi di due bambine, quali note fuggenti sullo spartito di una Storia da non dimenticare, da tenere stretta, fra la pelle e i vestiti, come una partitura, vergata su un foglio ormai logoro, che invita a cogliere la vita come se essa fosse un Improvviso Fantasia.

 

Migliaia di ebrei si diressero verso i punti di raccolta, infagottati nei cappotti e stringendosi al petto i pochi beni. […] Zhanna corse per i quattro isolati che la separavano da casa loro. […] Eccolo lì! Il pezzo che amava più di ogni altro, l’Improvviso Fantasia di Chopin. […] Afferrò lo spartito e se lo infilò dentro la camicia, poi corse alla porta e non si voltò più indietro”.

 

Emma Fenu

 








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