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27 Luglio 2016
La chiave verso il passato e il futuro
di Gianni Pezzano


La chiave verso il  passato e il futuro

Come tutti gli italiani la signora era fiera della cucina delle sue origini e un giorno ha deciso di aprire un negozio per vendere le sue specialità. Cosi ha cominciato a produrre artigianalmente le olive all'ascolana che cucinava per parenti e amici. Dopo poco tempo si è resa conto che  la richiesta era tale che non riusciva soddisfarla e allora ha deciso di prendere la strada della produzione commerciale.

 

Qualche settimana dopo si trovava ad Ascoli in uno stabilimento che produce macchine per la cucina. Il dirigente responsabile le ha dimostrato i vari modelli prima di chiederle “Signora, che ricetta usa per le sue olive? Così sceglieremo il modello adatto per le sue esigenze.” La signora non ha esitato un istante a rispondere “Uso la ricetta di famiglia, non utilizzo preservativi”.

 

Il dirigente ha fatto uno sguardo sbalordito che la signora non riusciva a capire. Dopo un silenzio imbarazzato il dirigente le ha chiesto di spiegare il commento e un paio di minuti dopo è stato il turno della signora di sentirsi a  disagio alla sua spiegazione che cosa voleva dire in italiano la parola inglese preservative.

 

Allo stesso modo molti italo-australiani delle città grandi con casinò hanno fatto una scoperta simile. Naturalmente molti di loro hanno avuto modo di dire ai loro ospiti in visita dall'Italia che li avrebbero portati a passare una “bella serata al casino”. A volte il commento ha creato litigi, ma dopo qualche minuto l’equivoco è stato risolto, tutto colpa di un accento che non esiste in inglese.

 

Questi falsi amici esistono in ogni scambio tra lingue e a volte anche nella stessa lingua. Per esempio, ci vuole poco a capire in un paese di lingua spagnola che il loro “burro”, cioè asino, non è lo stesso di quello italiano. Infatti, per l’aumento del numero di viaggiatori internazionali e scambi commerciali ora esistono siti internet specializzati nello spiegare i vari falsi amici tra lingue. Poi, i problemi di cambi di significato non si limita solo tra una lingua ed un’altra.

 

Chi parla regolarmente con anglofoni di vari paesi avrà capito presto che non è raro che parole ed espressioni simili hanno significati diversi, non solo tra paese e paese, ma persino tra città e città. Scoprire queste differenze fa parte della gioia di viaggiare ma, come dimostrano i due casi citati, sono anche causa di equivoci che a volte non sempre sono buffi e creano disagi e incomprensioni.

 

Questi amici ingannevoli sono sempre in agguato e bisogna sempre tenerli in mente nei nostri scambi  non solo per i motivi ovvi e non sempre per motivi di equivoci.

 

Sono uno dei fattori che segnano le differenze tra le varie comunità italiane in giro per il mondo. Abbiamo l’usanza di pensare che tutti gli italiani all'estero parlino la stessa lingua, ma l’esperienza dimostra che non è così.

 

Prima di tutto, dobbiamo precisare che non si parla tanto dell’emigrazione italiana degli ultimi anni, ma soprattutto delle ondate di emigrazione italiana dalla fine del 1800 fino agli anni settanta. Queste ondate erano formate maggiormente da chi non aveva finito la scuola e dunque più che l’italiano parlava il proprio dialetto. Questa statistica importante ha creato i presupposti per la creazione di variazioni della lingua italiana, in alcuni casi importanti e persino riconosciuti dai vari governi nazionali come quello brasiliano che riconosce il Talian, una variazione del dialetto veneto, come patrimonio nazionale.

 

Questa supremazia del dialetto ha reso più difficile insegnare le lingue dei paesi di residenza per via dell’analfabetismo funzionale degli immigrati, come anche ha portato a nuove versioni della lingua italiana con l’integrazione di parole nuove dalle varie lingue nazionali. Questo è tutto normale e questa fase sicuramente si sta sviluppando ora anche in Italia tra gli emigrati presenti nel paese e  i loro figli.

 

Come nazione abbiamo l’obbligo di riconoscere questi cambi della nostra lingua nazionale e non solo per motivi semplicemente accademici.

 

Prima di tutto, questi cambi di lingua sono parte importante dei cambiamenti della lingua italiana e del popolo italiano. Dimostrano gli effetti veri del fenomeno dell’emigrazione e come venivano trattati i nuovi immigrati e i loro figli, particolarmente nei primi anni, quelli della massima discriminazione, un aspetto della loro vita che non è mai sparito del tutto.

Cito due parole in particolare, “wog” in Australia e “rital” in Belgio, parole che erano bestemmie per gli italiani in quei paesi perché era un modo di definirli come inferiori ai cittadini “veri”. Ora in quei paesi i figli degli italiani dimostrano le loro origini proprio con queste parole per dimostrare l’orgoglio di quel che sono, a dispetto di chi li trattava male.

 

Sono aspetti sociali importanti che non solo dimostrano la capacità degli italiani di superare gli ostacoli, ma conoscere queste realtà in Italia darebbe anche un contributo fondamentale nel sapere come fare integrare gli immigrati che ora si trovano nel Bel Paese.

 

Il secondo aspetto fondamentale di questo fenomeno del cambiamento dell’italiano è quello di far capire l’importanza di insegnare la nostra lingua all'estero. Finché avremo generazioni senza la capacità di capire bene la lingua dei genitori e dei nonni, non potremo mai far capire l’importanza e la grandezza del patrimonio culturale che appartiene a ogni italiano, in Patria e all'estero.

 

Parlare una variazione della  lingua italiana è il primo aspetto che ci fa identificare come italiani, ma è la capacità di parlare e capire bene la lingua moderna che ci permette di apprezzare la musica, i libri e ogni forma di Cultura prodotta nella Penisola.

 

Abbiamo bisogno di promuovere sempre di più la nostra Cultura a livello mondiale, non semplicemente perché è il patrimonio culturale più importante del mondo, ma perché affrontiamo ogni giorno una concorrenza internazionale sempre più spietata per i turisti che cercano avventure e luoghi nuovi da visitare.

 

Come paese abbiamo l’obbligo di insegnare la nostra lingua all'estero, a tutti e non solo ai discendenti di italiani. Non sarebbero soldi sprecati come alcuni dicono, ma investimenti per il futuro del turismo italiano perché aprire le porte alla nostra lingua vuol dire creare un numero enorme di potenziali ambasciatori per la nostra Cultura in tutto il mondo.

 

Godiamo del fatto che ci sono milioni di persone  che parlano varianti della nostra lingua all'estero, però, allo stesso tempo assicuriamoci che la nostra lingua non venga scordata all'estero perché è una chiave fondamentale per ogni aspetto del futuro del nostro paese.

 

Produrre Cultura non vuol dire niente se poi il pubblico internazionale non lo sa. Questo è il nostro obbligo e senza insegnamento della lingua non arriveremo mai a realizzare il nostro vero potenziale turistico.

 

 








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