 | il cacciatorpediniere Luigi Durand de la Penne |
Non sentivo la battuta da almeno vent'anni e mi piace meno ora di quando la sentii per la prima volta a scuola oltre cinquant'anni fa. In un sito Facebook che di solito tratta la Storia in modo serio in un post su un episodio della guerra in Nord Africa dell’ultima guerra mondiale un utente ha scritto “Quante marce ha un carro armato italiano? Sette, una avanti e sei retromarce”.
Potevo benissimo immaginare il suo sguardo beffardo mentre la batteva, l’avevo già visto troppe volte nel passato. A scuola per noi italo-australiani battute come questa erano spesso motivo di litigi con i nostri coetanei australiani e per fortuna l’utente moderno non ha scritto battute ancora più offensive. Questi luoghi comuni ci seguono da almeno qualche decennio. Alcuni sono bugie, come questa battuta balorda, purtroppo alcuni altri sono veri e questa settimana abbiamo avuto la prova di episodi che ci accompagnano da una vita.
Ora abbiamo la risposta alle bugie dei nostri soldati. Noi alunni giovani non lo sapevamo allora, ma oggi possiamo citare incidenti dove il soldato italiano ha dimostrato straordinario coraggio e bravura.
Cominciamo con Luigi Durand de la Penne e il suo atto incredibile e il suo comportamento cavalleresco durante l’attacco al porto di Alessandria nel 1941 che ricevette le lodi persino di Churchill quando venne affondata la corazzata inglese Valiant, non solo salvando la vita di tutto il suo equipaggio, ma persino mentre era prigioniero a bordo della stessa nave.
A Isbuscenskij in Russia il 24 agosto 1942 la Cavalleria Savoia fece l’ultima carica a cavallo di successo quando in 700 caricarono 2.500 siberiani. Allo stesso tempo non scordiamo le imprese eroiche della Folgore e degli altri reparti italiani nel corso della Battaglia di El Alamein del 1942 che guadagnò l’onore delle armi dai soldati nemici.
Infine, l’esempio più tragico dei soldati della Divisione Acqui a Cefalonia nel 1943 che combatterono per l’onore del paese e che finì per molti con la morte per fucilazione da parte dei soldati tedeschi e per molti altri nelle acque del mare mentre venivano trasportati verso il continente quando alcune navi furono silurate da sommergibili alleati. Non è stato un caso che la Divisione fu l’unica ad avere il permesso di rientrare in Patria con il suo stendardo alla fine delle ostilità.
La migliore risposta alle bugie, che ci fanno male anche dopo decenni, sui nostri soldati è di far conoscere al mondo gli episodi dove i militari italiani andarono ben oltre il loro dovere. L'episodio poco noto della carica della Cavalleria Savoia non viene solo dal fatto che pochi oggigiorno lo sanno, ma anche dal fatto che molti conoscono, per esempio, la storia della carica dei cavalieri polacchi contro i tedeschi nel settembre del 1939 dalla cronaca di un giornalista italiano, Indro Montanelli. Tristemente la notizia della carica italiana non ebbe lo stesso trattamento perché il fronte russo non aveva la presenza di giornalisti come gli altri fronti.
Purtroppo per noi italiani alcuni luoghi comuni non sono affatto campati in aria e questa settimana ne abbiamo avuto l’ennesima prova. Stranamente con una anteprima alla televisione italiana la sera prima.
Mercoledì sera RAI Storia ha trasmesso un documentario sulla guerra tra le cinque famiglie mafiose di New York degli anni cinquanta che finì con l’arresto in massa di molti dei capifamiglia da parte dell' FBI. Incredibilmente mentre guardavamo questo documentario l' FBI stava compiendo una nuova retata di mafiosi in numerosi stati americani arrestando quarantasei boss importanti.
La cosa triste di questa coincidenza era nel leggere nelle cronache nei giornali italiani e americani di oggi i nomi delle famiglie implicate, Gambino, Genovese, Lucchese e Bonanno, gli stessi nomi delle famiglie colpite negli anni cinquanta.
Per quanto possa far male sentire le bugie che cancellano la memoria delle imprese eroiche dei nostri militari tramite battute e ironie, queste notizie vere ci fanno ancora più male perché sappiamo benissimo che gli episodi riguardanti questi criminali sono veri.
Queste bugie e verità hanno reso e rendono ancora più difficile la vita per gli italiani e i loro discendenti all'estero. Benché possiamo rispondere alle bugie cercando di mettere in mostra le verità e gli episodi e i motivi per cui i luoghi comuni siano da cancellare, non possiamo cancellare la presenza di questa minoranza criminale. Mentre la stragrande maggioranza degli emigrati italiani vive e lavora rispettando le leggi dei loro nuovi paesi di residenza, le attività della malavita italiana dà credito a coloro che ci timbrano tutti come criminali.
In un mondo dove le notizie diventano sempre più simili a spot pubblicitari e il pubblico prende le sue notizie in “pillole” di pochi secondi con pochi dettagli e frasi facili, è diventato ancora più difficile combattere i pregiudizi e le bugie che spesso colpiscono le comunità immigrate in ogni paese.
Sarebbe facile durante le lezioni di scuola cercare di correggere la memoria sui nostri soldati, ma la presenza di quella barzelletta, come la reazione beffarda del suo scrittore nel mio tentativo di correggerlo hanno semplicemente dimostrato che troppi sono pronti a credere alle bugie e alle immagini false invece che alla verità.
Per quel che riguarda la malavita, che in fondo è il luogo comune più diffuso, la soluzione non è affatto scontata. Gli emigrati onesti già fanno tutto il necessario per dimostrare che quasi tutti gli emigrati italiani vogliono solo lavorare per creare una vita e un futuro migliori per le loro famiglie. Purtroppo, ogni articolo giornalistico, ogni servizio televisivo, ogni film e teleserie dove il “cattivo” ha il nome italiano cancella nella mente di molti il buon esempio della maggioranza degli italiani all'estero.
Non per questo dobbiamo arrenderci e diventare come gli altri, sia di chi ci timbra in un modo o nell’altro, oppure di chi tra di noi si comporta in modo criminale. Questa sarebbe la vittoria per tutti coloro che ci trattano come tali.
E per questo motivo dobbiamo evitare anche noi di farlo verso gli altri gruppi. L’inizio dei problemi del razzismo iniziano proprio quando trattiamo tutti di ogni gruppo secondo i luoghi comuni e gli stereotipi. Fanno male quando lo fanno a noi italiani, come mai alcuni italiani si ostinano a farlo contro gli altri gruppi?
Le parole pesano e fanno davvero male, sia quando sono vere che quando sono bugie. Però, alla fine quel che conta davvero sono le azioni che ognuno compie nella nostra vita. Giudichiamo in base al comportamento dell’individuo e non dalle immagini che spesso sono false o ingannevoli.
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