Rss di IlGiornaleWebScrivi a IlGiornaleWebFai di IlGiornaleWeb la tua home page
Venerdì 20 giugno 2025    redazione   newsletter   login
CERCA   In IlGiornaleWeb    In Google
IlGiornaleWeb

Cultura - SocietàGianni Pezzano

CONDIVIDImyspacegooglediggtwitterdelicious invia ad un amicoversione per la stampa

12 Agosto 2016
I predatori della disinformazione
di Gianni Pezzano



I predatori della disinformazione
il troll

C’è un detto vecchio che dice che la prima vittima della guerra è la verità e sappiamo tutti che non è campato in aria perché, in tempo di guerra, la propaganda e le esigenze di combattere impongono limiti alla diffusione di informazioni che potrebbero essere utili al nemico.

 

Però, ora esiste un tipo nuovo di guerra che è sempre più aspro e che ormai fa parte della vita quotidiana di una percentuale non indifferente della popolazione mondiale. Questa guerra è la continuazione dei dibattiti politici e filosofici che l’essere umano conduce da quando, millenni fa, ha cominciato a comunicare usando le parole con il suo vicino . Questa guerra non si conduce solo con le parole, ma con frasi semplici ed immagini taroccate e si combatte in quel forum mondiale che è diventato internet.

 

Ormai molti di noi hanno l’usanza di leggere le notizie su internet, sia sui siti dei quotidiani mondiali che nelle loro pagine sui social media. Per chi legge più lingue, il lettore ha una selezione enorme di fonti di informazione da testate autorevoli e di fiducia. In tutti questi siti l’utente ha la possibilità di partecipare agli scambi di idee e ai dibattiti a riguardo di ogni articolo. Purtroppo ci vuole poco per capire che non tutti gli utenti che postano commenti lo fanno per contribuire a un dibattito serio, ma lo fanno per motivi più seri e per motivi non sempre trasparenti.

 

La crescita di questi scambi ha prodotto un’industria nuova che ha come  suo scopo quello di disinformare e di sviare i dibattiti in certe direzioni, oppure di deridere e screditare chi è visto come un oppositore ideologico o politico. Nel gergo popolare chi entra nei dibattiti per creare scompiglio e confusione si chiama troll, dal nome della creatura mitologica delle fiabe.

 

Per molti sembrerebbe incredibile, ma ormai molti partiti politici, oppure gruppi di pressione e lobby pagano persone per controllare i siti importanti per intervenire nei dibattiti scomodi per loro. La tattica è molto chiara, di negare ogni verità negativa dei reportage, di deridere i contributori d’accordo con le critiche, di diffondere informazioni false e magari dare link di blog e di siti creati appositamente per fornire “prove” pseudo autentiche per giustificare le loro dichiarazioni.

 

È abbastanza facile identificare i troll che entrano nei siti per compiere queste azioni. Il loro linguaggio, l’atteggiamento aggressivo e l’uso di frasi chiave fanno capire presto il loro ruolo. Inoltre, chi ha il tempo di controllare le loro pagine su Facebook di solito trova pagine quasi vuote, prive di informazioni personali e spesso create solo recentemente.

 

Naturalmente il ruolo di creare disinformazione non è nuovo e risale sin dai primi dibattiti. Sappiamo dalla Storia che nell'Atene della Grecia classica che i dibattiti erano accesi e gli archeologi hanno scoperto prove della falsificazione del voto contro Temistocle che portò al suo esilio. Qui in Italia abbiamo avuto una prova lampante riguardo l'incarcerazione per diffamazione di Giovanni Guareschi per aver preso per vero documenti falsi contro Alcide de Gasperi. Ora, con l’arrivo delle enciclopedie virtuali e dei siti facili di internet è diventato ancora più difficile capire di quali siti fidarsi e quali siano stati creati per ingannare.

 

Se prendiamo il caso di Wikipedia troviamo che persino i suoi dirigenti riconoscono i problemi di fiducia e veridicità. Il sito era stato creato per rendere più facile la creazione di una fonte enorme di informazione. Disgraziatamente per chi l’utilizza come fonte affidabile, la realtà ha tradito le speranze dei suoi creatori, proprio per la facilità con cui alcuni utenti potevano modificare le voci.

 

Nel corso degli anni dalla sua creazione ci sono state prove inconfutabili di politici e grandi società che hanno modificato voci per migliorare le loro immagini e per cancellare riferimenti a scandali. Allo stesso modo gruppi di politici estremisti entrano in alcune voci di determinati argomenti per cancellare riferimenti storici scomodi, o per addolcire articoli e fonti critiche nei loro riguardi.

 

Ora che è iniziata la campagna elettorale per il Presidente degli Stati Uniti vedremo sempre più spesso l’uso di queste tattiche da esponenti di entrambe le parti. Da italiani non dobbiamo meravigliarci di questi sviluppi. Tutti gli utenti che regolarmente entrano in siti come Facebook hanno visto l’uso di immagini taroccate, citazioni fasulle mai pronunciate da personaggi pubblici, la scelta di foto goffe di politici per screditarli e cosi via. Ma quel che vedremo nei prossimi tre mesi negli Stati Uniti rischia di farla diventare l’elezione americana più divisiva  almeno dal periodo di Nixon, se non addirittura della Storia di quel paese.

 

Chiunque entra nei siti dei maggiori giornali italiani per seguire gli scambi di pareri tra gli utenti si trova quasi immediatamente sommerso da commenti di tutti i generi, dalla gentilezza all' aggressione verbale di chi non è d’accordo con qualche commento. Senza scordarci poi dei nostri amici  troll che ci entrano intenzionalmente per cercare di dirigere gli scambi in determinate direzioni e di screditare quelli che meglio si oppongono alle loro linee ideologiche.

Malgrado la tecnologia moderna, la tattica più utilizzata è anche quella più vecchia e collaudata. Cioè, se ripeti abbastanza una bugia probabilmente sarà presa come una verità. È una tattica che spesso abbiamo visto nella politica e nella vita e non solo in Italia, ma con l’uso intenso di internet, con siti fasulli e blog che fingono d’essere autorevoli i predatori della disinformazione la portano a livelli mai visti prima.

Questi sviluppi hanno portato a considerazioni importanti della direzione della democrazia. In molti casi il clamore della disinformazione è tale che diventa spesso difficile dimostrare se un fatto dichiarato sia vero o falso. La tendenza di molti di voler credere il peggio di personaggi pubblici che ritengono antipatici  fa diventare questi ultimi bersagli più facili da colpire.

 

Come spesso accade, trovare la soluzione non è facile. Per nostro difetto, spesso crediamo ai nostri pregiudizi e dunque di accettare fonti che sembrano in linea con le nostre idee prima di accettare verità scomode perché dimostrano che abbiamo torto. Inoltre, la condivisione di immagini taroccate, citazioni sbagliate  da siti falsi di notizie e di informazione rende ancora più difficile accertare se quel che leggiamo sia vero o no.

 

La risposta sarebbe di controllare attentamente quel che leggiamo e di accertare quel che scriviamo. Purtroppo, pochi lo fanno e dunque diventa più facile per i troll compiere il loro lavoro di ingannare e scompigliare.

 

Questa dunque è la sfida che dobbiamo affrontare perché, in fondo, è la sfida del nostro modo di vita, quella di assicurare che la nostra democrazia sia legittima e non falsificata da bugie e disinformazioni pericolose.








  Altre in "Società"