 L’estate italiana è sempre accompagnata da una colonna sonora molto particolare. Prendendo spunto dai vari programmi televisivi estivi e dalle repliche di programmi di nostalgia siamo circondati dalla musica per tutta a stagione. Sentiamo le voci di cantanti che non ci sono più e la musica dei nuovi talenti che tra qualche anno saranno l’oggetto della nostalgia futura.
Queste canzoni compongono la colonna sonora della vita di chi è nato e cresciuto in Italia. Ogni ricordo è legato a un pezzo di musica particolare. Magari la canzone d’inizio di un programma televisivo della nostra gioventù e le canzoni che ci fanno ricordare i nostri amori. Infine ci sono le canzoni che ci fanno ricordare le persone scomparse, come le canzoni cantate dalla madre, oppure i cantanti che il padre metteva in sottofondo mentre guidava o faceva i suoi lavori.
Naturalmente per noi che siamo nati e cresciuti all'estero la nostra colonna sonora personale è molto diversa. La nostra vita è stata accompagnata da canzoni e cantanti ignoti in Italia e canzoni che raccontano esperienze che pochi in Italia possono capire. Queste sono differenze naturali e in fondo contribuiscono a definire le differenze tra chi nasce in Italia e chi all'estero.
Poi, inevitabilmente, mentre guardo i programmi italiani sento un pezzo di musica che faceva parte del mio passato in Australia e lao sento con le parole italiane. Questi momenti mi scombussolano sempre perché ho imparato tanti anni fa che non sempre le versioni che mi hanno accompagnato per anni in inglese erano originariamente in quella lingua. Così mi metto a fare una ricerca internet per accertarne le origini per scoprire che la musica italiana ha sempre dato un contributo alla mia vita in modo inatteso.
Un esempio particolare l'ho vissuto a scuola dove i frati del collegio cattolico che ho frequentato utilizzavano canzoni di successo come punto di partenza delle lezioni di religione. Infatti, la scuola aveva un modo particolare di insegnare religione e spesso trattava temi che facevano parte della vita quotidiana ma che, almeno al primo impatto, aveva poco in comune con la fede. Cosi, un giorno abbiamo studiato la canzone Tar and cement di Verdelle Smith che aveva avuto un successo mondiale enorme che il frate ha utilizzato per dimostrare a noi studenti i problemi dello sviluppo moderno e per sensibilizzarci a quel che ora si chiama l’ambiente.
Qualche anno dopo ho scoperto la versione originale di quella canzone e cosi ho ascoltato per la prima volta Il ragazzo della via Gluck di Adriano Celentano. Quel giorno ho capito che la Cultura dei miei genitori aveva sempre avuto un impatto nella mia vita in modi inattesi e non solo con la musica.
Già qualche anno prima, al primo viaggio in Italia, avevo scoperto cantanti che mi hanno lasciato a bocca aperta, il primo di questi era Lucio Battisti con Pensieri e parole e al mio ritorno in Australia la mia valigia era pesante per i tanti 45 giri di cantanti e complessi italiani. Questo era l’inizio di un viaggio di scoperta che non è mai finito.
Con il corso degli anni ho scoperto una generazione straordinaria di cantautori italiani che non è apprezzata del tutto fuori dai nostri confini. All'inizio la mia conoscenza limitata della lingua italiana mi ha impedito di apprezzare le parole e i messaggi di questa musica. Poi, con la decisione di studiare la lingua ho cominciato a capire la bellezza delle parole e particolarmente i messaggi sociali contenuti anche in canzoni solo apparentemente leggere.
Poi un giorno un amico mi ha introdotto alla musica e ai testi del cantante che più ci fa capire la magia che la lingua italiana può fare quando è legata alla musica giusta. Fabrizio de André è stato uno choc enorme per un oriundo cresciuto in ambiente dove la musica italiana tra gli emigrati era identificata con Claudio Villa e Nilla Pizzi. Non in senso di disprezzo per questi cantanti, anzi hanno svolto un ruolo importante nella Storia della musica italiana, ma De André e gli altri cantautori hanno saputo utilizzare la musica non solo come semplice intrattenimento, ma come una colonna sonora della vita d’Italia capace di spiegare benissimo le realtà, i problemi e i cambiamenti nel Bel Paese. Come De André il paese ha prodotto altri grandi artisti come De Gregori, Dalla, Battiato, Guccini e Rossi che con le loro canzoni sono alla pari dei grandi cantanti americani.
Disgraziatamente proprio quello che rende indimenticabile la loro musica è l’elemento che impedisce al pubblico internazionale di poterli apprezzare al meglio. La magia delle loro canzoni si trova nella lingua italiana e ci sono pochi all’estero capaci di capire tutti i messaggi e sfumature delle loro canzoni. Inoltre, certi temi sono cosi italiani che solo chi conosce intimamente le cronache italiane potrebbe mai capire fino in fondo molti pezzi. Nel caso di De Andrè due suoi successi erano legati a temi importanti come il terrorismo in Il Bombarolo e la malavita in Don Raffaé.
Il fatto che canzoni italiane siano cantate in altre lingue non deve trarci in inganno. Per quanto sia bello vedere il successo internazionale di queste canzoni che poi è una fonte di guadagno per il paese intero, dobbiamo capire che far conoscere le opere originali dei cantanti deve essere una nostra priorità per la promozione del nostro paese.
Abbiamo una lingua e una Cultura che ha contribuito allo sviluppo culturale di tutto il mondo. Però, dobbiamo renderci conto che le traduzioni non devono essere fine a se stesse, ma l’inizio del percorso per far conoscere le opere originali.
Chiunque abbia cercato di tradurre lingue conosce intimamente che ogni lingua ha le sue parole ed espressioni che sono intraducibili in altre lingue. Le traduzioni straniere delle nostre opere dovrebbero essere lo stimolo per conoscere le opere originali e di apprezzare fino in fondo i loro autori e compositori.
Come per i nostri migliori autori, il segreto di conservare la loro memoria non è nelle repliche televisive locali, ma nella promozione internazionale. Presentare e spiegare questi cantanti, magari all'interno delle classi d’italiano farebbe molto per assicurare che le loro opere faranno parte delle nostre vite per molto tempo nel futuro e di non sparire nel tempo insieme ai loro coetanei.
L’Italia è davvero un paese straordinario per i talenti che ha prodotto e che continua a produrre, ma che senso ha avere questi talenti se poi li perdiamo per strada?
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