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Cultura - Cinema e spettacoloFrancesco Taverna

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22 Maggio 2015
'Youth, La Giovinezza' di Paolo Sorrentino. Nuova visione dopo 'La Grande Bellezza'
di Francesco Taverna



'Youth, La Giovinezza' di Paolo Sorrentino. Nuova visione dopo 'La Grande Bellezza'
una scena del film

Sono passati due anni da quella contrastata pellicola, oggi il nuovo film proiettato a Cannes ha diviso ancora. E accade la stessa identica cosa, due fazioni opposte che si contendono una sorta di volontà di primato nello scovare la ragione e la verità. Ma ragione e verità chi potrebbe averle tra le mani se non l’autore stesso e probabilmente solo lui e basta.

 

Paolo Sorrentino scrupoloso, metodico, attentissimo, preciso all'inverosimile, almeno questo si dice di lui e del suo lavoro. Qualcuno addirittura lo definisce quasi anomalo per essere napoletano, come se la razza napoletana avesse una sola appendice, quella della lenta organizzazione, certe volte senza mai una fine. Al contrario del regista, che i suoi capolavori porta a termine con maestria e determinazione. Fino in fondo, e magari regalando le sue pellicole visioni, si mette infine da parte a lasciare il resto degli altri a scannarsi, dividendosi la ribalta della ricerca del significato.

 

Era già successo con “La Grande Bellezza”, di primo acchito quasi inosservato, poi l’Oscar come miglior film straniero. Il mondo diviso tra chi ci vedeva genio (e sregolatezza) e chi ne vedeva insipida parafrasi, tentativo di riportare in vita quelle atmosfere da “Dolce Vita” del tempo che fu. Ma non è così, non è lì la chiave, dove “Dolce Vita”? dove Fellini? Sorrentino non è paragonabile, è sé stesso, uguale a nessuno. Pensate al sogno, a come lo vivete e a come lo raccontate, alla differenza e anche alla noia mortale che il racconto del sogno provoca negli altri.

 

Ecco la geniale capacità che sta nel raccontare questo panorama reale, sotto forma di viaggio onirico prima di tutto senza mai annoiare. Sorrentino può e ci riesce perfettamente. Perfette le luci e le ombre che mostrano e celano tutto il circo (circolo) vizioso della vita. Memorabili e immemorabili frasi, sguardi che guardano altrove. Al centro tra chi si contende la verità, chi cerca di capire dove sta la Grande Bellezza, oltre la splendida visione di un panorama romano da mozzare il fiato. Dov'era questa Grande Bellezza? Lo scopriamo passando attraverso la grande tristezza, cinica, fredda, distante e distaccata. Illusioni, disillusioni, visioni, metafore allegoriche.

 

Tutto è un sogno che stordisce, tutto è reale. Tutto è stereotipato e per questo ancora più rappresentativo della materialità, forse Sorrentino se la riderà di gusto nel vederci scervellare sul significato di ogni sua visione. Forse non gli interessava altro che raccontare ciò che poi a nostro modo avremmo visto. Lo sguardo di Geppino (da quanto tempo non si sentiva chiamare così, come quando era bambino) che scivola su tutto, che fraziona ogni parvenza di finta intellettualità. Che reale tristezza, non solo la ossessiva mondanità, quanto l’eccessiva ricerca di sbalordire e sbalordirsi, alla fine, non stupendosi più di niente, neanche della morte.

 

La chiave arriverà solo verso la fine, nel ritorno alle radici quando Jep la ritroverà, dopo il blocco attanagliante arrivato successivamente al primo libro capolavoro, nel ritorno indietro. Il ritorno alle radici, sarà finalmente l’approdo al riconoscimento di quella Grande fatidica Bellezza.

 

E ancora ci stupiremo oggi Con “Youth- La Giovinezza” il nuovo film. Il racconto delle ossessioni del mondo interiore del disfacimento al quale è difficile arrendersi, della forza di contrastarlo questo tempo che avanza impietoso. Quindici minuti di applausi raccontano le cronache. Un cast stellare e il respiro internazionale grazie a nomi del calibri di Michael Caine, Harvey Keitel, Jane Fonda, Rachel Weisz. La trama possiamo raccontarla al di là delle visioni oniriche che spezzano la continuità. Storia di due anziani amici, un compositore che ha abbandonato la professione e un regista che scrive il suo film testamento, intorno a loro nei panorami svizzeri di mucche e verde a perdita d’occhio, stralci di variegata umanità a mezz'aria tra il percorso irrefrenabile della vita e l’impossibilità di tornare indietro o di fermare il tempo alla giovinezza che non torna, non tornerà.

 

Il tempo è una delle ossessioni di Sorrentino ma in fondo una delle ossessioni di tutti noi. Lo sguardo malinconico e questa necessità del mondo di non volerti vedere invecchiare. Una fotografia bellissima come in tutti i film del regista, una poeticità che lascia sospesi.

 

Raccontava Caine a Cannes: “Quando ho visto il poster del film mi è venuto da piangere, mostra quel che abbiamo perso e non tornerà più. Non ho problemi ad interpretare un personaggio anziano anche perché l'alternativa è interpretare un personaggio morto. Quello che si vede nel film è il mio corpo di ottantenne, è quello che ho. Ma è anche un modo per dire preparatevi, è quello che accadrà anche a voi”.

 

Piglio inglese, film internazionale, orgoglio nazionale e anche partenopeo, per un regista che definire visionario sarebbe come ingabbiarlo in un cliché che ne toglierebbe originalità, la caratteristica fondamentale per le sue visioni a metà tra sogno e realtà.








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