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21 Febbraio 2013 Warm Bodies di Elisabetta De Carli
È uscito nelle sale un film particolarmente atteso: Warm Bodies, una nuova storia d’amore i cui protagonisti, peculiarmente, sono una ragazza in carne ed ossa (Teresa Palmer) e uno… zombie (Nicholas Hoult). Il trailer di presentazione è stato accolto molto bene dal pubblico, un po’ per la piacevolissima canzone dei Black Keys che lo accompagna, ma soprattutto per il ben riuscito connubio tra ironia e umorismo che la pellicola sembra promettere.
Basato sull’omonimo romanzo scritto da Isaac Marion e pubblicato dalla Fazi editore nel 2011 (traduzione di Tiziana Lo Porto), Warm Bodies si pone sicuramente nel filone inaugurato dalla saga di Stephanie Meyer e che fa dell’incontro tra realtà e fantasy il suo elemento vincente, ma il punto forte in questo caso è l’aspetto autoironico che stavolta sembra permeare l’opera sia su carta, che sul grande schermo.
Di fatto la trama non è che un remake di Romeo e Giulietta in chiave moderna (sono pure i nomi a suggerirlo: Julie lei, "R" lui, Paris l'ex di lei), solo che stavolta i protagonisti si trovano in un’America apocalittica e il finale è "leggermente" diverso dall’originale shakespeariano. In questo futuro, i pochi esseri umani superstiti vivono barricati in una città compressa su se stessa, dove cercano di sopravvivere producendo il cibo strettamente necessario e addestrando tutti, anche i bambini, ad ammazzare gli zombie e gli ‘ossuti’, scheletri viventi che rappresentano l’ultima fase di vita dei non morti. L’idea che l’amore e il calore umano possano risanare il divario tra vita e morte non è particolarmente romantica?
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