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Cultura - Cinema e spettacoloLuca Durante

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24 Ottobre 2013
The Act of Killing - L'atto di uccidere
di Luca Durante


The Act of Killing - L'atto di uccidereAlcuni ne parlano come del più bel documentario di sempre, e potrebbero aver ragione, anche se bello in questo caso non deve intendersi come il classico aggettivo utilizzato per descrivere l’ultima commediola uscita in sala: L’atto di uccidere, titolo originale The Act of Killing,  è terribile, toccante, inquietante e tragicamente vero. La sua bellezza, cruda e dolorosa, risiede nella sua capacità di mostrare su pellicola, in un modo mai visto sino ad ora, l’agghiacciante perversione che può risiedere nella mente umana.

Si tratta infatti di un film/documentario girato da Joshua Oppenheimer e uscito nelle sale il 17 ottobre che ha per tema il genocidio che nel 1965 pose fine alla vita di oltre un milione di persone in Indonesia, in una caccia ai comunisti senza eguali che è tuttavia proseguita negli ultimi decenni, portando il numero di morti a una cifra cinque volte superiore. Un argomento difficile da trattare e scomodo, come testimonia uno degli "anonimi" assistenti alla regia della pellicola, che ha deciso di non indicare il proprio nome per paura di eventuali ritorsioni.

Protagonisti sono infatti gli assassini, oggi anziani signori, potenti e benestanti, che sono stati sfidati a parlare delle proprie memorie su questi atti criminali, ma criminali per chi? "Sono i vincitori a definire cos’è un ‘crimine di guerra’. Io sono un vincitore, quindi posso dare la mia definizione", spiega uno di loro.

Nessuna vergogna, remora, rimorso. Una banalità del male che spaventa nella sua mancanza di coscienza umana e che Oppenheimer ha deciso di riproporre, filmare, documentare e mostrare nella sua forma più manifesta. Un lavoro di otto anni di ricerca, di minacce, ma anche di momenti trascorsi con gli stessi carnefici che, fieri delle proprie prodezze, si sono offerti come guide per mostrare gli stessi luoghi e le modalità dei loro omicidi, vantando il numero di persone ammazzate come si potrebbe fare con i gol più belli della propria squadra preferita e trasformandosi ironicamente nelle vittime stesse nel corso delle riprese. "Avevo due motivi: uccidere i cinesi e uccidere il padre della mia ragazza! L’ho pugnalato. Perché anche lui era cinese!", racconta ridendo, con giovialità, Adri Zulkadry, uno dei killer. Un siparietto, una commedia, "un film per famiglie", secondo Anwar Congo, carnefice, che felicemente si propone di riportare alla memoria le sue epiche gesta di sterminio.

Oppenheimer mostra come in Indonesia il terrore e la violenza siano ormai istituzionalizzati e vengano approvati e promossi dalle persone di potere o che ricoprono cariche istituzionali come pratiche normali e lecite; allora quei 158 minuti racchiudono davvero uno dei più interessanti documentari mai visti e pongono di fronte a una realtà umana che appare quasi irreale, impensabile, ma che è tristemente vera, diventando specchio di menti perverse e sadiche, disumane, che la società accetta come eroi, osanna e incita. 






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