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21 Maggio 2015
Io sono. Paola Turci, nuovo album, nuovo tour, nuova vita
di Stefania Castella



Io sono.  Paola Turci, nuovo album, nuovo tour, nuova vita
Paola Turci

No Paola, non si vede niente, niente, non si vede niente. I tuoi occhi hanno ancora la luce da leonessa che avevi allora. Occhi che hanno attraversato il buio, che hanno creduto che non ce l’avrebbero fatta, ma solo per un attimo. Quell'attimo che cambia la vita, quell'attimo cui non si pensa, perché di solito finché non accade, ognuno ha, nel suo piccolo, impercettibili istintivi deliri di onnipotenza. Anche lei. Ci sono momenti e sono la maggior parte, in cui ci si sente immortali. No non si vede, non si legge, il dolore che trasforma, cento punti di sutura e tredici operazioni, dodici solo a quell'occhio che non era più allineato. Ci sono voluti anni per accettare, guardando il mondo attraverso lenti nere, ciuffo a nascondere agli altri ma soprattutto a se stessa. Oggi no, non si vede, la tua luce è più forte e al centro dei tuoi occhi bellissimi, il segno distintivo che non è tempo che passa, è quella linea di chi corruccia, di chi prova di solito dolore, sofferenza.

 

Pensarci oggi, a quel tempo, nel chiaro scuro di lenti, il ricordo di quando ogni volto, sembrava perfettissimo. Si vive una volta sola, ma si può rinascere tante volte. Paola Turci nasceva fisicamente a Roma il 12 settembre del ’64 l’amore per la musica, quel timbro vocale profondamente toccante, quasi grave, le luci della ribalta e poi Sanremo, le collaborazioni l’orgoglio di scrivere per se stessa e per tanti, tante donne, quelle che abbraccia e ammira e legge dentro profondamente da sempre. Nasceva ancora, dopo quel giorno di ferragosto del ’93. Un giorno come un altro, quel giorno, segnava con una linea come quella dritta da autostrada, un prima e un dopo, una fine e un nuovo inizio.

 

Sulla Salerno Reggio Calabria viaggiava e nella testa il concerto atteso, le date del tour, tantissime, euforia, adrenalina, un telefono forse. È  un attimo, una velocità relativamente bassa se bassa può essere la velocità quando però il volante sfugge. Velocità, relatività. Niente cinture, all'epoca non c’era l’obbligo, niente ABS, niente airbag. Virare a destra, vedere la strada e il vuoto sotto, pensare “no, c’è il concerto, non posso” e trovare da dentro tutta la forza possibile per sterzare il volante e il destino. L’auto non vola giù dalla scarpata ma si infrange letteralmente sul guardrail e su di lei. E’

 

È viva, questo conta, questo conterà, ma sarà una dura rinascita e ciò che segnerà oltre il dolore dei punti e l’infinità di operazioni, sarà la pesantezza, il dolore dell’anima più forte del dolore fisico. Per anni il suo viso resta coperto, non per mancanza di coraggio ma per la difficoltà probabilmente di accettare e ricordare, come se ogni segno potesse riportare quel rumore, quello stridio, quel fragore, di solito accade così. Come accade di crescere lentamente o improvvisamente, per cui ti svegli e non hai più paura, perché ne hai passate troppe per restare fermo a pensarci. Oggi Paola si racconta e l’aveva già fatto parlando a sé stessa e al mondo attraverso un libro dal titolo emblematico “Mi amerò lo stesso” , biografia (Mondadori), datata 2014.

 

Raccontava come uno sfogo come fosse un passaggio di psicanalisi quegli attimi: “Tengo le mani fisse sul volante: sono magra, mi sento fisicamente in grado di sopportare le botte e assecondare ogni movimento dell'auto. Prendo un sacco di colpi in ogni parte del corpo, ma sono invincibile. Lo stridio continuo del metallo che ha agganciato la fiancata mi assorda. Non so quanto tempo duri. Il rumore del botto scema. L'auto adesso è ferma. Dio, sento caldo. Sento freddo. Sento zampilli di sangue scorrere sul mio viso, continui e regolari. Mi sembra di essere una doccia da cui esce acqua”. Aprire gli occhi e sapere di essere in qualche modo viva, una sensazione che non si può dimenticare, una sensazione che dev'essere quella che immagazziniamo senza mai più ricordare, quell'attimo in cui passiamo dal calore di madre, al mondo. Attimo in cui il dolore è così forte da non riuscire a decifrarlo, buio e luce e sapore dolce e amaro della realtà. Rinascere ancora, e ancora altre volte, tante e farlo con la musica che salva, che aiuta a rialzarsi.

 

Paola tornava in pista già poche settimane dopo l’incidente, con quei lunghi capelli sul viso, due volti, un prima un dopo, un lato e l’altro, da mostrare e da celare. Oggi la completezza e l’orgoglio e un nuovo album di brani arrangiati diversamente con nuove armonizzazioni, inediti di un nuovo respiro o del ritorno al proprio di respiro, quello che non voleva essere celato. Qualcosa si impara sempre e Paola ha imparato che in questo dopo, tutte le inutilità della vita cui ci si attacca non sono che piccoli frangenti che passeranno lasciando il posto all'essenziale, che non è solo esteriorità.

 

Un insegnamento importante per chi non si accetta, per chi passa la vita a mutare e come un palloncino, si gonfia o sgonfia secondo la moda. “Le abbraccerei tutte” queste donne che non riescono a viversi ed accettarsi. Oggi che la nuova Paola con la testa alta e il viso fiero mostra tutta la sua bellezza. “Io sono” sarà un album e sarà un tour che inizierà il 5 giugno, e sarà il successo che merita questa leonessa, che ha fatto pace con sé stessa e lo canta al mondo, da sempre, oggi un po’ di più.








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