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Cultura - SocietàGiovanni Laurito

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04 Dicembre 2014
Le smorfie nelle foto
di Giovanni Laurito



Le smorfie nelle foto
la famosa smorfia di Einstein
Smòrfia: "atto svenevole, lezioso" (1619, Buonarroti il Giovane); "contrazione del viso, tale da alterarne il normale aspetto" (1598, Florio). Dall'antica forma verbale morfia "bocca", di origine incerta. 
Alzi la mano (possibilmente senza il segno delle corna) chi non ha mai fatto una smorfia in una foto.  
Il fenomeno, una volta circoscritto agli album di famiglia e ai diari delle liceali, con l'avvento di internet e soprattutto dei social network, ha assunto dimensioni globali.
Sono pochi i profili Facebook che non ospitano l'ormai classica foto con le labbra a cuoricino, o con un dito davanti alla bocca, o con gli occhi sgranati e le mani accanto alla bocca spalancata a perpetuare il silenzioso urlo di Munch (peraltro battuto all'asta per somme record, quindi non c’è da sorprendersi del successo delle smorfie).
Come per tutti gli argomenti talmente superficiali da diventare sostanziali e universali (proprio perché chiunque può dire la sua), la rete ospita addirittura dei contest per la smorfia migliore come pure, di converso,  gruppi di coloro che "odiano" le foto con le smorfie, con ampie discussioni sui forum.
Ma il fenomeno, a differenza di quanto potrebbe apparire, è assolutamente trasversale rispetto al sesso, all'età ed alle condizioni sociali.
Ciascuno può pescare, fra i propri ricordi familiari, immagini di persone insospettabili colte in quell'atteggiamento (il bisnonno medaglia d'oro della prima guerra mondiale che digrigna i denti, il preside durante la gita di fine anno che finge di scaccolarsi, il parroco che fa l’occhiolino agli sposi in favore di camera).
Ed è nell'iconografia globale la famosa smorfia di Einstein, non meno nota della linguaccia del calciatore Del Piero che così festeggiava i propri gol, per non dire poi del celeberrimo logo degli Stones.
Quali sono le ragioni? Tanto negli animali come presso l'uomo le situazioni di fame, sete, appetito sessuale, gioia, dolore, si esprimono con delle reazioni esterne, le sole attraverso le quali una vita sociale si rende possibile. Nei rapporti fra individui, l'atteggiamento conoscitivo dell'uno è agevolato dall'espressione dell'altro, che si estrinseca soprattutto con la mimica, comunemente intesa come quella del volto e del gesto. Poiché il linguaggio è nato dalla mimica (come pure la scrittura, basti pensare alla "O", oppure ai numeri romani, rappresentanti dall’uno al quattro le dita e il cinque e il dieci i palmi della mano), l'espressione vocalica è stata da prima accompagnata dal gesto, ed è quella la situazione pre-verbale delle immagini fotografiche, dove il messaggio è esclusivamente gestuale (salvo tenere in mano un cartello con una frase, come un ostaggio sequestrato o un mendicante straniero o il Bob Dylan del video di Subterranean homesick blues in cui faceva scorrere fogli con il testo del brano cantato).
Anche fra gli animali è possibile riscontrare qualcosa di simile, specie fra i primati ma in generale in tutti mammiferi, con una preponderanza naturale del grido sul gesto, specialmente di notte, quando cioè il gesto, non visibile, diventa inefficace.
Questo postulato fa scaturire en passant delle riflessioni darwiniane sul grado evolutivo dei giovinastri urlanti che stazionano in ore notturne sotto le nostre finestre.
In psicologia invece si tende a distinguere le smorfie in due macrocategorie. Quelle che riflettono un atteggiamento distorto del superego (es. Berlusconi che fa le corna ad un summit europeo) e quelle che invece tendono a mascherare un'intima convinzione di inadeguatezza. Quest'ultima non è necessariamente di carattere estetico (mi vergogno dei miei capelli spettinati e faccio una smorfia simulando che tutto l'insieme sia volutamente deformato), ma anche legata al contesto (mi sento fuori posto in quella festa e facendo una smorfia derubrico la mia presenza a involontaria o inevitabile e, dunque, non censurabile).
In definitiva fare le smorfie è una nostra caratteristica antropologica ancestrale, una reazione particolare a determinate situazioni normalmente destinata a rimanere in un ambito privato ma che l’era mediatica della perenne interconnessione, nella quale viviamo, amplifica rendendo di dominio pubblico. E molto ci sarebbe da dire anche sulla moda dei selfie. Magari la prossima volta, altrimenti la smorfia del lettore a questo punto sarebbe di noia...







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