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Cultura - SocietàStefania Castella

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12 Marzo 2015
Dropped vivere e morire al tempo dei reality
di Stefania Castella



Dropped vivere e morire al tempo dei  reality
Immagine di Dropped
uno dei tanti reality estremi

Il prezzo (altissimo) della ricerca della popolarità, lo hanno pagato in dieci, questa volta. Estrema la messa in onda, estremi dovremmo essere noi a commentare, ma non tutti hanno lo stesso pelo sullo stomaco. Certi scenari non fanno per tutti, non tutti sono reality-contaminati. La tragedia argentina, (e francese) per l’esattezza prende forma in una seconda puntata, nella traversata in elicottero sulla cordigliera delle Ande. Un elicottero di concorrenti, uno di addetti ai lavori. Ancora in corso le indagini per disegnare le condizioni che hanno provocato la collisione e l’incendio dei due velivoli.

 

Nessun sopravvissuto, tranne il resto della troupe a terra, poco distante. I “Dropped” i “caduti”, che proprio come soldati rimasti sul campo si sono sacrificati alla ragione televisiva estrema, sono Camille Muffat oro nei 400 stile libero del 2012 a Londra, Alexis Vastine ex pugile bronzo a Pechino nel 2008, Florence Arthaud velista sopravvissuta ad un incidente (quando aveva solo 17 anni) e per miracolo ad un terrificante naufragio, record nella traversata dell’Atlantico Nord in solitaria. Oltre loro atleti partecipanti, morti nello schianto tecnici, piloti, un cameraman, il regista, un ingegnere del suono, una giornalista. Insomma una strage, per cui tutti sono ancora sconvolti.

 

Lo Show prevedeva come dice il titolo, una caduta per l’appunto dall'elicottero (occhi bendati) e l’abbandono in una zona impervia dalla quale gli atleti senza bussola, cibo e alcun tipo di aiuto, avrebbero dovuto attraversare, tra prove e istinto di sopravvivenza, qualunque avversità alla ricerca della salvezza e della più vicina forma di civiltà. Dieci di loro, non ritorneranno. Chissà quanto durerà tutta questa costernazione, in un mondo ormai abituato a tutto. Sfida, gioco, prova, quello che si presenta quotidianamente è un mescolio di qualunque cosa, che va dal semplice effetto ripugnante al massimo della pericolosità, Il mercato del reality, si nutre di più “esse” di quelle che generalmente servono per muovere qualunque mercato. Soldi, successo, e perché no anche sesso, in certi casi (e case) in forma di enormi indolenti buchi di serrature attraverso le quali spiamo le vite di altri in cerca di notorietà. Qui probabilmente il sesso non era l’elemento che dominava, il leit motiv predominante, e quello accaduto in questi giorni, non è la prima lunga ombra che ne appanna la visuale.

 

Lo scorso anno l’atleta indiano Saliendra Nath Roy attraversando un fiume attaccato per i capelli ad un cavo, lasciava il programma per sempre, stroncato da infarto. E ce ne sono tanti di casi in cui i concorrenti sottoposti spesso a vere e proprie torture restano fuori, senza ritorni. La caccia allo spettatore in più, tiene l’asticella tesa e puntata sempre più in alto. Anche in Italia ce n’è da vendere e da vedere, attualmente ci si batte all'ultimo lembo di bikini nel marittimo deserto dell’ “Isola dei famosi” dove certe realtà attuali (fame, freddo, solitudine) che in tanti conoscono per davvero, vengono ricreate per “mettere alla prova sé stessi”, visto che ormai, superato tutto, l’unica prova da superare e l’unico concorrente da battere, mettendo in gioco anche la dignità, è proprio e solo, sé stesso. La realtà alla fine è sempre più banale e semplice della ricostruzione scenica (e mentale). E francamente tutte le prosopopee sulla sfida che serve a migliorarsi, è una scusa in cui nessuno crede più.

 

Fa gola la visibilità, fa gola il montepremi sempre più che cospicuo, a qualunque costo, a qualunque sforzo, a tempo determinato. Così via libera a qualunque sfida, del fuoco, dell’acqua,  dell'affamamento o del contrario, dell’ingurgitare qualunque rivoltante cosa, dalla carne putrefatta, all'insetto rivoltante. In particolare in quest’ultimo caso, “Fear Factor” tiene banco, sbarcando (da tempo ormai) e sbancando dall'America a noi, con uno share tenuto alto soprattutto dalle prove più assurdamente pericolose, alle fatidiche prove con cibami vari, imbottiti di parassiti (tutti esclusivamente vivi e mobili, molto mobili) superare le paure il tema del programma. Non tutti ci riescono, ma quasi tutti ci provano ad arrivare infondo, dimostrando che con un montepremi degno, si può tentare.

 

Mal che vada si perde, e se dovesse essere la vita, sarebbe stato lo scotto da pagare per aver avuto il “fegato di provare”. Non c’è da raccontarsi troppe storie, la verità è che se non ci fosse stato lo scontro frontale dei due elicotteri, non staremmo a commentare la routine di un reality, al limite, come gli altri, si sarebbe aggiunto semplicemente un nuovo tassello. Niente ferma l’avanzata della ricerca estrema del tutto, in questa realtà dove conta essere visibili, non importa tanto a fare cosa, o in quale modo, se c’è da guadagnarci ancora meglio.

 

Fra vecchie talpe, naufraghi, immobili da divano, probabilmente pure i cuochi, anche quelli più estremi (e più famosi) mescolati in questa jungla, tra piatti volanti e crisi isteriche, sembrano agnellini, tutti quanti immolati sull'Altare del Visuality, il nuovo reality 2.0.








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