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Cultura - SocietàGianni Pezzano

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21 Agosto 2015
Parli come badi!
di Gianni Pezzano



Parli come badi!
diverse lingue

Quando ero giovane in Australia c’era un cinema che proiettava film italiani e ci andavamo come famiglia, di solito per vedere i film comici perché ai miei genitori non piacevano gli strappalacrime con Amadeo Nazzari e Yvonne Sanson come Catene e I figli di nessuno che spesso proiettavano. Naturalmente tanti dei film che vedevamo in quegli anni 60 erano di Totò. Pensavo allora di capire questi film, però mi sbagliavo.

 

Ricordo particolarmente Totò, Peppino e i giovani d’oggi perché molte delle scene tra i due grandissimi comici non avevano bisogno di un grande sforzo per essere capite da noi figli nati in Australia, erano scene dove i gesti e le mosse dei protagonisti si spiegavano da soli. Anni dopo, durante uno dei miei primi viaggi in Italia, e soprattutto dopo gli studi in italiano, ho avuto il piacere di rivedere quel film e ho potuto ridere come mai prima alle battute. Ma mi sono anche reso conto che il ragazzo che ero non avrebbe potuto mai capire battute come “Parli come badi sa!” perché per poterlo fare bisogna capire bene l'italiano.

 

È una lezione importante per chi impara una lingua, che potrai capire una lingua davvero bene solo quando ti trovi a utilizzarla nella vita quotidiana e non negli esercizi grammaticali in classe. Ho avuto un esempio di questo un giorno in macchina mentre ascoltavo un’intervista radio con un complesso inglese in tournée in Italia. Era ovvio che l’intervistatrice aveva una conoscenza buona dell’inglese, ma il suo vocabolario limitato non le permetteva di capire molti dei riferimenti dei cantanti e dunque non era in grado di poter cogliere spunti dalle loro risposte. Ne è uscita un’intervista con domande e risposte che spesso non corrispondevano.

 

La padronanza di una lingua non potrebbe mai essere semplicemente la conoscenza academica, spesso sterile perché è il frutto di studi di libri e testi più o meno vecchi e non sempre attuali. In articoli e libri la scelta precisa di parole non è mai casuale perché gli autori intendono trasmettere un messaggio ai lettori e la padronanza vera di una lingua permette di cogliere ironie, sottigliezze e giochi di parole e non solo scritte, ma anche nei discorsi. Questo vale anche con molti personaggi che hanno grandi capacitá di utilizzare parole e frasi come armi. Uno di questi era Giulio Andreotti che sapeva trasmettere messaggi politici senza il “politichese” e alcuni di questi, come la celebre “Il potere logora chi non ce l’ha” sono entrate nella lingua italiana.

 

C’è un personaggio particolare dove spesso vediamo lo sconforto del conduttore di turno quando si rende conto che l’intervista, o lo spettacolo prende spunti inattesi. Roberto Benigni ha la capacità e l’intelligenza di cogliere parole e frasi del suo interlocutore e di saper cambiare direzione a metà spettacolo in un modo che nessuno poteva immaginare.

 

Ma questa padronanza di lingue ha anche conseguenze importanti per tutti gli aspetti della vita e del lavoro. Studiare altre lingue fa capire le differenze tra culture che non sempre sono evidenti. Chiunque ha visto film asiatici ha sicuramente notato scene non sempre comprensibili all’osservatore occidentale, come aspetti di comportamento personale, come anche di tradizioni, superstizioni e particolarità che cambiano da cultura a cultura.

 

La padronanza di altre lingue diventa ancora più importante in scambi commerciali, dove chi traduce o fa l’interprete deve assicurare che il messaggio sia fedele all’originale e, come a volte capita, assicurare di utilizzare le forme precise per non rischiare di offendere clienti stranieri.

 

Sarebbe banale dire che interpreti e traduttori devono conoscere alla perfezione le altre lingue, ma le sottigliezze non sono da sottovalutare. Per chi deve tradurre testi, sia d’affari che di letteratura e di altri generi, il traduttore deve essere capace di saper scegliere il verbo e le parole giusti per ogni occasione. Chi ha studiato lingue conosce fin troppo bene i cosidetti “falsi amici”, quelle parole che si assomigliano, ma che hanno significati diversi. Però questi sono solo una parte del lavoro. Bisogna tradurre le frasi e non solo le parole e sarebbe facile tradurre espressioni senza cogliere il senso originale e questo succede soltanto con una conoscenza veramente pratica della lingua.

 

Per gli interpreti, specialmente quelli simultanei, il lavoro diventa ancora più difficile perché devono fare il lavoro senza accesso immediato a dizionari. Devono tenere un vocabolario personale impressionante in due lingue e  sapere utilizzare questa memoria nel modo più efficace e veloce. Inoltre, devono sapere interpretare, in tutti i sensi, espressioni e toni di voce che non sempre corrispondono da lingua a lingua, come anche sapere come trasmettere il senso completo di ogni scambio.

 

Bisogna ricordare che lingue sono allo stesso tempo armi e arnesi. Armi perché nelle mani di chi sa utilizzare magistralmente una lingua le parole possono essere utilizzate per trasmettere messaggi di minaccia, di pace, oppure di accordo e di conciliazione. Sono arnesi perché il mezzo che utlizziamo per far sapere cosa vogliamo, cosa sentiamo e per dar direzioni in tutti gli ambiti della vita quotidiana. Un luogo di lavoro,come in una famiglia e scuola, non sono niente senza gli scambi di messaggi che facciamo ogni giorno. Naturalmente non tutti i messaggi sono verbali, ma i gesti hanno limitati in quel che possono trasmettere.

 

Tutti abbiamo avuto esperienze di quel che succede quando non badiamo a quel che diciamo, anche per un secondo. Basta una parola sbagliata per mutare un messaggio innocuo in un messaggio offensivo. Queste sottigliezze capitano poi in tutti i campi. Un’espressione che va bene a casa spesso non è adatta a un luogo di lavoro dove il vocabolario è specializzato e parole normali hanno significati diversi.

 

Per mantenere la padronanza chi parla un’altra lingua deve tenersi aggiornato perché ogni lingua è vivente ed è in costante evoluzione. Un esempio specifico di parola che ha cambiato senso in italiano è “picconata”. Per un periodo negli anni 90 questa parola ha preso il significato di critiche severe in seguito ai discorsi spesso aspri e critici di Francesco Cossiga nell’ultima parte del suo mandato da Presidente della Repubblica. Poco tempo dopo quella parola è tornata alla sua normalità e ora nessuno lo utilizza più in quel modo.

 

 

Non sottovalutiamo la capacitá che la pardonanza delle lingue ci può dare, è una chiave importante nel mondo moderno dove siamo in contatto costante con gente da altri paesi. Ma, allo stesso tempo, questa padronanaza non sarà mai possibile se non partiamo da quella padronanza linguistica più importante, la lingua italiana. E purtroppo in questo le scuole non fanno un buon servizio al paese.    

 








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