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Cultura - SocietàStefania Castella

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01 Ottobre 2015
La ricerca salva. Ottobre mese della prevenzione
di Stefania Castella



La ricerca salva. Ottobre mese della prevenzione
il nastro rosa
simbolo della lotta
al cancro al seno

“Io lo so che mi è venuto quando sono caduta. Lo so perché l’urto è stato forte. So’ inciampata. A te com'è venuto?” A me com'è venuto non lo so. So che sono stata una come tante altre a chiederselo, e a non trovare una risposta, almeno non una così convincente come quella della mia vicina di letto. Posso dire quando, questo sì. Quando l’ho scoperto almeno, non quando è entrato attraverso qualche buchetto della pelle facendosi spazio dentro.

 

Avevo appena compiuto trent'anni, un’età importante la prima delle tappe che si festeggiano diversamente dalle altre. Quando ti senti quasi grande, quasi matura, quando ti accorgi di avere un posto diverso pure tra le creme o i consigli di bellezza che riportano dai trenta ai… e sei nel pieno dell’energia e sei nel pieno centro della tempesta ormonale dell’esistenza, non sei più una ragazzetta, ma puoi vantarti ancora di sembrarlo e fingere leggerezza. Pioveva questo me lo ricordo, pioveva fuori e dentro e sopra la mia faccia, quando mi hanno detto dell’operazione, e ho pensato che volevo stare da sola, spogliarmi, guardarmi e prendermela con il mio nemico, osservarlo bene, domandarmi perché non me ne fossi accorta prima, perché non me ne fossi accorta io, prima di un medico, in fondo il corpo era il mio, il seno, il mio seno. Che tradimento.

 

L’ospedale chiudendosi alle spalle, ha aperto altre porte alla conoscenza, all'esperienza condivisa con le altre, le loro paure, dubbi comuni. La signora al letto di fronte piangeva ma solo perché non le riusciva di farsi accettare con la parrucca da sua figlia. Ci siamo parlate per tutta la notte, strette forte, basta un attimo per accostare fili sottili che illudono di essere forti. Da sole. Tutto quello che conta, è fuori, a casa a pensarti, tu non puoi fare niente, solo concentrarti e aspettare guardando oltre le finestre. Finestre quasi sempre troppo strette, da cui la luce filtra con grande sforzo. Quando sei fuori da lì, hai vinto, (o quasi) e porti addosso la tua cicatrice e pure quella di tutte le altre, di tutte le facce che hai incrociato.

 

Quest’anno L’Airc compie 50 anni. 1 4 milioni sono stati stanziati nel 2014 per finanziare progetti che hanno come obiettivo la ricerca sui cancri femminili, l’associazione non si ferma mai perché la ricerca è una risposta. Proprio in questi ultimi tempi di caos sanitario, di tagli a destra e a manca, chi i tagli li porta addosso e le cicatrici le tiene strette come bagaglio di vita, chiede certezze, e le certezze sono affidate senza ombra di dubbio alla diagnosi precoce. L’amarezza della polemica purtroppo non aiuta, ma sapere che c’è chi spende la propria vita per cercare risposte, sì che aiuta. E la ricerca avanza sostenendo la fatica di progredire, andando incontro alle quasi 63mila donne che ogni anno vengono colpite da tumore. Tra queste, scorgiamo la testimonianza di una ricercatrice che scopre di avere un tumore al seno che ha già dato metastasi, mentre lavora ai suoi studi.

 

Chemioterapia e quadrectomia, svuotamento del cavo ascellare. Da medico a paziente, e una gravidanza: “In tutti quei mesi mi chiedevo se avessi mai potuto avere un figlio” le risposte, incerte. Seguita da un’equipe per tutta la gestazione, riesce nel 2012 a dare alla luce una bimba. Oggi aiuta altre donne come lei a diventare madri malgrado il cancro, mentre si prepara a diventare mamma per la seconda volta. La maggior parte delle donne colpite da tumore, si chiede come affrontare la possibilità di diventare madre, anche su questo la ricerca si muove, oggi che il tasso di sopravvivenza a cinque anni dalla scoperta della malattia è aumentata sfiorando l’81% per il cancro al seno e per il 68% per quello alla cervice uterina, oggi che le gravidanze per tanti motivi si rimandano nel tempo, le risposte sono più necessarie che mai.

 

L’infertilità non è più legata alle terapie, grazie all'utilizzo di soluzioni che “proteggono” le ovaie durante le cure. Avere un figlio dopo un tumore, secondo gli studi, è possibile, lo dice proprio una ricerca italiana presentata al Congresso Europeo sul Cancro che porta alla luce la possibilità di diminuire parte dell’insufficienza ovarica provocata dai chemioterapici. Ma prima di tutto, la prevenzione, fondamentale. Conoscere il proprio corpo, essenziale, coglierne la forma e i mutamenti, mai fingere di non vedere. L’autopalpazione dai 25 anni in poi significa tantissimo, aiuta a cogliere i primi segnali di cambiamento eventuale, qualunque anomalia che poi si segnalerà al medico di fiducia.

 

Ricordarsi che lo stile di vita è basilare, come l’alimentazione, come gli esami da fare in periodi fondamentali, come la prima mammografia ai 40 anni, senza timori. Sperando non si consideri mai uno degli esami superflui, da tagliare. Intanto per tutto il mese di ottobre L’AIRC promuoverà la campagna “Insieme contro i tumori femminili” in collaborazione con The Estée Lauder Companies Italia, Nuvenia, Hard Rock Cafe, festa del Cinema di Roma e Venice Marathon (www.airc.it). La campagna Breast Cancer awareness che punta alla lotta contro il cancro al seno (solo in Italia 48mila donne ne sono colpite) è merito di Evelyn H. Lauder che ha dato vita all'emblema lancio dell’iniziativa “Nastro rosa” universalmente riconosciuto come simbolo della lotta a questo mostro.

 

Tante le iniziative per tenere sempre accesa la luce, ovunque la paura insinui il buio. Leghiamoci alla ricerca quindi, leghiamoci con questo nastro che ha il colore dei sogni che ognuna deve poter avere il diritto di sognare.








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