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20 Settembre 2016
Quelle conoscenze pericolose
di Gianni Pezzano


Quelle conoscenze pericolose

Zazà era quel tipo di persona che tutti conosciamo, si vestiva bene, sapeva divertire gli amici ed era capace di fare colpo con le ragazze. Nel nostro gruppo eravamo sicuri che studiava ogni gesto e mossa nello specchio con attenzione per assicurare il massimo impatto. Il motivo era semplice, si pensava furbo, anche se ogni sua mossa finiva in un buco nell’acqua.

 

Una sera siamo entrati nel solito bar e l’abbiamo visto vendere biglietti di una lotteria alle ragazze presenti. Anche a distanza abbiamo visto che i biglietti erano falsi e quando abbiamo chiesto a una di loro abbiamo saputo che il presunto beneficiario era un'opera di carità, abbiamo capito che i nostri sospetti erano confermati. Purtroppo per lui abbiamo anche notato  una compratrice particolare dei biglietti falsi.

 

Un’ora dopo l’abbiamo seguito al locale club italiano per cercare di fargli capire che in Australia defraudare la gente con opere di carità false era un reato grave. All'inizio lui ha negato tutto, per poi dirci che se le ragazze erano così sceme da credergli  meritavano di perdere quei soldi e a quel punto gli abbiamo chiesto di Elena.

 

“Ne hai venduti a Elena,” gli abbiamo detto. “Quindi?”, è stata la sua risposta nel solito tono beffardo, “Vuol dire che è scema anche lei”. Si, gli abbiamo detto, per poi chiedergli se sapesse dove lavorava. Valeva la pena vedere la sua reazione quando gli abbiamo detto che quella ragazza lavorava nell'ufficio del Procuratore Generale dello Stato e alle conseguenze se avesse mostrato quei biglietti in ufficio. È tornato immediatamente al bar per restituire i soldi alle ragazze ancora presenti, tra le quali Elena,  con la speranza che quelle che già erano andate via non se ne accorgessero.

 

E così, per l’ennesima volta, dopo la vendita dell’oro rubato, la finta distruzione dell’auto e i suoi altri progetti di fare quel che lui chiamava “la mossa tattica”, Zazà si è trovato costretto a fare il piastrellista per pagare le sue spese quotidiane.

 

La signora D. faceva il giro degli uffici italiani di assistenza nella mia città di Adelaide. Sapeva degli aiuti, anche finanziari, a disposizione dei nostri connazionali bisognosi ed era decisa ad avere la sua parte. Ogni due o tre mesi cominciando dal consolato, faceva il suo giro per chiedere la sua porzione dei fondi a disposizione, anzi, non chiedeva, pretendeva. Ricordo il giorno che la segretaria del nostro gruppo di assistenza è corsa nell'ufficio dell’assistente sociale per dirle che la signora D. era in arrivo. L’istruzione dell’assistente di dirle che non era in ufficio quel giorno era inutile perché la signora, determinata, non si è fermata alla scrivania della segretaria, ma è andata direttamente nell'ufficio  entrando senza bussare nemmeno.

 

Così ho saputo di questa signora bisognosa che cercava di sfruttare ogni sussidio a disposizione. Parlando con gli operatori degli altri uffici ho saputo che tutti  avevano le loro storie da raccontare e che nessuno sapeva come trattare una signora di settant'anni senza offenderla. Dopo un paio di anni l’addetto del consolato si trovava alla finestra, quando la signora D è arrivata per la solita visita e l’ha vista scendere dalla Jaguar nuova di zecca di suo figlio. Nello spazio di una mattinata la voce s’è sparsa tra tutti gli uffici e la pacchia della signora è finita in seguito ai controlli precisi degli operatori sullo stato vero della signora che aveva tenuto ben nascosto in quegli anni.

 

Il dottor Franco C. ha ricevuto la telefonata di presentarsi in tribunale un’ora prima del previsto per l’ultima seduta del processo per l’infortunio sul lavoro del suo cliente Mario R. che l’aveva lasciato con grandi problemi alla schiena. Il suo stato era tale che anche i medici degli assicuratori erano convinti della veracità del suo stato di salute, perché camminava con grande difficoltà e aveva bisogno di ogni forma di cura e di assistenza sanitaria. La verità era ben altra.

 

Quella mattina in tribunale gli investigatori privati degli assicuratori hanno proiettato il filmato dell’esito delle loro indagini. I medici sono rimasti sbalorditi alla visione del loro cliente apparentemente inguaribile che usciva dalle cliniche piegato per poi alzarsi  girato l'angolo e correre a casa, come anche della visione di lui che lavorava con badile e zappa nel suo orto grande e a fare tutti i lavori che avrebbero dovuto essergli impossibili. Quella mattina è stata davvero l’ultima seduta di quel processo, ma non con i risultati previsti, ma con la sua imputazione per truffa per la quale sarebbe andato in galera per un lungo periodo.

 

I medici del truffatore, come anche quelli degli assicuratori, hanno capito la facilità con la quale una persona convinta potrebbe sfruttare il sistema. Come il truffatore  ha capito  la lezione, dolorosa per lui, anche  gli assicuratori davanti alla possibilità di pagamenti enormi, devono essere disposti a spendere qualche migliaio di dollari in più per confermare che il presunto malato lo sia per davvero e non, come in questo e molti altri casi, una messinscena.

 

Queste sono le nostre conoscenze più pericolose perché non fanno male solo al “sistema”, ma a tutta la comunità. Il venditore di biglietti falsi della lotteria fa mettere in dubbio la vendita delle lotterie che veramente vanno in beneficenza e che ne hanno grande bisogno. La signora che fa il giro degli uffici di assistenza per usufruire di servizi sociali porta via i soldi e il tempo di questi servizi a chi ne ha davvero bisogno. E il truffatore delle assicurazioni, sia di infortuni come il caso citato, sia di chi ingrandisce i danni di incidenti stradali, oppure altri tipi di danni è direttamente responsabile per il prezzo altissimo che paghiamo per le nostre assicurazioni perché, purtroppo, le assicurazioni pagano somme più alte del dovuto a quelli che sono riusciti a ingannare sul loro stato di salute.

 

Purtroppo tutti conosciamo chi ha commesso atti del genere perché, molto spesso, dopo il pagamento non riescono a trattenere la loro soddisfazione per il loro reato. E di questo dobbiamo essere chiari, questi comportamenti sono reati che ci fanno male e non atti di cui esserne fieri e da copiare come, disgraziatamente, spesso capita.

 

Molti di noi si lamentano del costo delle assicurazioni, oppure della mancanza di fondi per servizi sociali e altri generi di assistenza, ma non ci rendiamo conto che non sempre la colpa è dei fondi governativi, bensì di coloro che cercano di ingannare chi cerca di aiutarechi ne ha bisogno.

 

Smettiamo di ammirare i furbi perché, in fondo, il danno che fanno non è al “sistema”, ma a noi tutti.

 

 

 








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