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Cultura - TeatroGessica Franco Carlevero

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03 Novembre 2010
Dei liquori fatti in casa
di Gessica Franco Carlevero


Dei liquori fatti in casaUn unico attore, una piazza. Siamo tra il Monviso e le colline, in un paese delle Langhe nei primi anni Sessanta. Solo sul palcoscenico, tra ampolle, fiaschi e bottiglie di vetro, Beppe Rosso dà vita a un paesino di campagna dove tutti sanno tutto di tutti e le giornate vanno avanti tra il lavoro in vigna, i bicchieri di vino e le partite a palla elastica, che in Langa non è solo un gioco, ma una religione.
E proprio in una di queste giornate comuni arriva Brigitte, la straniera, una donna bellissima che ondeggia sopra scarpe col tacco a spillo.  È una visione, e il paese si ferma, tutti rimangono incantati a osservare la donna che attraversa la piazza in un vestito rosso.
Sono i primi giorni di nebbia, quando pare di essere immersi in un bicchiere di acqua e anice. I contadini curano le vigne di barolo e vedono arrivare Brigitte come la Madonna in maggio, quando viene cosparsa di petali di rosa. L’apicoltore, detto il comunista, ex partigiano delle brigate Garibaldi, come vede Brigitte, nel suo abito rosso, pensa che sia arrivata la Rivoluzione. Ma anche il fornaio, il fotografo, i giocatori di palla elastica, il prete e i chierichetti vengono rapiti dall’incedere di Brigitte.
Maria la spia, come al solito, nascosta dietro le persiane di casa osserva i movimenti della piazza. Passa così le sue giornate, accarezzando il grosso gatto nero e maltrattando Teresina, la cameriera che viene dalla Sicilia. E qualche giorno dopo è proprio Maria la spia a vedere accendersi, accanto alla vecchia insegna arrugginita della Cinzano, una nuova scritta sfavillante, "Brigitte. Pettinatrice e manicure pour dame".
Sono gli anni Sessanta, e anche nel piccolo borgo di campagna delle Langhe arrivano il jukebox e i sogni americani , e con questi Brigitte, la bellissima straniera che porta il fervore di quegli anni. Ma nonostante le giornate comincino a scorrere più velocemente e i sogni si facciano più ambiziosi, le vecchie usanze e gli umori contadini continuano a resistere. I gatti riposano sotto la neve per essere cucinati al suvè, la gente va nella vigna e le campane della chiesa battono le ore.
Intanto le giornate vanno, e l’uva si fa vino, e anche grappa.
Giorgio, il giocatore di palla elastica con il sogno di portare in America il barolo, finalmente parte per il "nuovo mondo", insieme a Brigitte. Si tratta di un’annata particolare, il 1964, infatti quattro anni dopo, quando si apriranno le bottiglie del "liquido spirituale", sarà il 1968.
Beppe Rosso incarna una moltitudine di personaggi tanto efficacemente da dare l’impressione che quanto accada sul palcoscenico sia effettivamente reale. I comportamenti delle persone, i loro gesti e parole sono autentici e fanno riferimento alla vita di campagna. Le scene procedono con assoluta semplicità, le dita di una mano diventano una persiana, i petali di rosa pesci, e le ampolle di vetro mare. Quanto accade sul palcoscenico è tangibile, vivido e incorporeo allo stesso tempo.
Le atmosfere dei testi di Beppe Fenoglio, Cesare Pavese e Gina Lagorio, tornano fedeli e intense. Dei liquori fatti in casa è una saga paesana in cui la semplice e lenta vita contadina viene scossa dal boom economico.
Con sapienza e apparente semplicità Beppe Rosso riesce a rendere la lingua di una comunità, il suo carattere e i suoi umori. Ironico e poetico, questo spettacolo è la fotografia di un’epoca che lascia spazio all’immaginazione e alla suggestione, perché, come per chi produce la grappa, "non c’è bisogno di bere la grappa, solo a respirarla tutto risulta più visibile e chiaro".







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