Rss di IlGiornaleWebScrivi a IlGiornaleWebFai di IlGiornaleWeb la tua home page
Giovedì 30 ottobre 2025    redazione   newsletter   login
CERCA   In IlGiornaleWeb    In Google
IlGiornaleWeb

Cultura - TeatroGessica Franco Carlevero

CONDIVIDImyspacegooglediggtwitterdelicious invia ad un amicoversione per la stampa

11 Ottobre 2011
Prezydentky
di Gessica Franco Carlevero


PrezydentkyL’impressione è quella di entrare in una casa della provincia polacca. Ma forse non necessariamente polacca, una provincia qualsiasi.
"Prezydentky" apre la porta di un appartamento malandato.
Tre donne guardano la televisione, chiacchierano, sonnecchiano. La scena sembra prendere vita da una fotografia di Boris Mikhailov.
La dimensione è casalinga, la situazione realistica, vita quotidiana povera, misera.
Le donne incarnano modelli che bene conosciamo. Erna, frugale risparmiatrice al limite dell’avarizia. Greta, un tempo avvenente, ora appariscente e disincantata. E Marield, ingenua, buona, credulona.
Sono diverse tra loro, ma trascorrono il tempo insieme perché probabilmente non hanno altri con cui stare. La fede diventa così l’elemento che le accomuna e il principale argomento di conversazione. "La fede è l’unica ancora di salvezza in questa valle di lacrime".
Ma dietro frasi controllate e luoghi comuni ribolliscono malumori e insoddisfazioni. E da qualche giudizio scoppia una lite.
Poi il buonismo conduce a una riappacificazione che si conclude con una bevuta.
Ma le questioni non vengono affrontate né risolte. E l’alcool accentua il sentimentalismo, e le donne commentano un film della televisione. "Un bel film mostra come dovrebbe essere la vita se la gente fosse gentile".
Poi dallo schermo le illusioni prendono vita nell’immaginazione delle donne che cominciano a fantasticare sul proprio futuro.
Il macellaio del quartiere si innamora di Erna. Un appassionato proprietario terriero si innamora di Greta. Il sogno di Marield invece è insolito, e introduce nella storia elementi sempre più surreali. Marield sogna di liberare tutti i gabinetti otturati della città, di dedicarsi personalmente a questa attività ottenendo il consenso dei cittadini. E mentre Marield viene esaltata come un’eroina salvatrice, Erna si sposa con il macellaio e Greta con il proprietario terriero, e i sogni sembrano coronati e le tre donne vivono un sogno fantastico.
Fino a quando Marield comincia a infrangere il sogno inserendo elementi negativi che turbano l’idillio onirico.
Erna e Greta sono disturbate all’apice di un sogno che vedeva realizzato ogni loro desiderio.
La fantasia vacilla, sfuma. E in uno stato di semicoscienza si accaniscono contro l’elemento di disturbo, con violenza. Non del tutto deste vogliono cacciarlo, sopprimerlo. Le convenzioni e le credenze religiose sono ancora sopite e si scatena tutta la violenza contro la donna che stava infrangendo le loro utopie.
La ferocia del testo di Werner Schwab, da cui è tratto "Prezydentki", sta proprio nell’equilibrio tra normalità e degenerazione. Le protagoniste sono deluse, inacidite. Pensano di agire nel miglior modo possibile, dal momento che quello, forse, è l’unico modo che conoscono.
Le tre donne non sono personaggi demoniaci, sono persone semplici, persone qualunque, che si appoggiano alle credenze religiose per tollerare la vita grama che le avvilisce. Questo è probabilmente il tratto più inquietante del testo, la violenza degli individui più insignificanti, "la banalità del male".
D’altro canto la regia di Lupa è vivace e incalzante nonostante la scena sia completamente statica. Il tragico e il comico convivono armonicamente. E l’insofferenza, l’emarginazione e l’infelicità diventano grottesche davanti alla ferocia che ne scaturisce.
 







  Altre in "Teatro"