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22 Novembre 2011 Sport, di Elfride Jelinek di Gessica Franco Carlevero
"Mi interessa la superficie delle cose, e da lì avanzo penetrando fino al nocciolo. Come un verme nella mela".
Elfriede Jelinek Questa frase è la sintesi del meccanismo che si innesca in "Sport. Una pièce". Testo appunto della scrittrice austriaca premio Nobel nel 2004, tradotto e interpretato da Roberta Cortese e diretto da Lorenzo Fontana. In una scenografia scarna ed essenziale si snoda un testo che parte da temi apparentemente comuni, futili e quotidiani, fino a sfiorare questioni importanti ed essenziali. Il testo, attraverso un’abile tecnica di montaggio, fonde elementi leggeri e buffi ad altri duri e perfino ostici. Si alternano questioni più banali, quasi pop, come l’importanza dell’aspetto fisico al dolore e la morte. "La donna deve essere bella perché anche lei, come l’atleta, ha luogo esclusivamente nel proprio corpo … L’atleta ha luogo nei dettagli. La sua immagine è lì per gli altri". "Perché il mondo deve infliggere un danno simile alle persone?" L a pièce ruota attorno all’accostamento tra lo sport e la guerra, dove i grandi atleti diventano i grandi eroi. Unica artista in scena, Roberta Cortese, dà voce ad entrambe le parti, quella dei vinti e quella dei vincitori, delle vittime e dei carnefici. "Sotto l’influsso dello sport le persone si sentono influenti". E poi, "La guerra dev’essere cambiata negli ultimi 60 anni, solo una cosa è rimasta uguale. La morte". E sopra entrambe le parti, dominatori e sconfitti, incombe inesorabile la parola dei media, strumento di potere che non manca di far sentire il proprio peso nonostante la futilità da cui è caratterizzato.
"Lo sport è l’organizzazione di una minorità umana rivolta poi a migliaia di teleschermi". Perché "L’importante non è partecipare, ma vincere!" Un testo ricco e complesso che tiene a una certa distanza lo spettatore, infondendo così quel senso di straniamento e vuoto che si prova davanti ad alcuni fenomeni frutto di una passiva educazione ricevuta dai media.
"Mi interessa in primo luogo come i meccanismi e i processi sociali si rispecchino nella mitologia dozzinale, nei fenomeni di superficie, per così dire".
Elfriede Jelinek
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