Rss di IlGiornaleWebScrivi a IlGiornaleWebFai di IlGiornaleWeb la tua home page
Giovedì 30 ottobre 2025    redazione   newsletter   login
CERCA   In IlGiornaleWeb    In Google
IlGiornaleWeb

Cultura - TeatroGessica Franco Carlevero

CONDIVIDImyspacegooglediggtwitterdelicious invia ad un amicoversione per la stampa

25 Gennaio 2011
Signorina Giulia
di Gessica Franco Carlevero


Signorina GiuliaIl 10 agosto 1988 August Strindberg inviava il testo della Signorina Giulia all'editore Karl Otto Bonnier. "Con la presente mi permetto di proporvi la prima tragedia naturalista della letteratura drammatica svedese, e vi prego di non respingerla alla leggera se non volete pentirvene più tardi, perché, come dicono i tedeschi, farà epoca. Questa commedia sarà segnata negli annali".
L'editore tuttavia respinse l'opera giudicandola troppo rischiosa, scandalosa.
La storia di questo spettacolo è articolata. Il testo venne pubblicato successivamente da Joseph Seligmann che acconsentì ponendo però come condizione la censura di alcune parti.
Anche la messa in scena incontrò varie difficoltà. Strindberg riuscì ad acquistare il Dagmar Theatre di Copenaghen, luogo che sarebbe diventato sede del Teatro Sperimentale Scandinavo. Alla vigilia dell'inaugurazione però un'irruzione della polizia ordinò la chiusura dello spettacolo per ordine del censore danese. In seguito la Signorina Giulia trovò modo di essere rappresentato, incontrando però molta diffidenza da parte dei critici e del pubblico, che giudicarono la pièce sconveniente.
Lo spettacolo racconta un episodio abbastanza semplice: durante la magica notte di mezza estate una giovane contessa seduce un servo e in seguito, non potendo sostenere le conseguenze dell'accaduto, giunge ad uccidersi.
Al di là dell'intreccio lineare Strindberg compie un lavoro di indagine psicologica in cui un'infinità di aspetti si intersecano per giungere all'apice della storia. È come se l'autore ponesse i suoi protagonisti sotto una lente di ingrandimento e con atteggiamento scientifico ne osservasse pulsioni e comportamenti.
Nella lunga prefazione all'opera scritta dall'autore, egli dichiara: "Per l'uomo moderno ciò che più conta è lo sviluppo psicologico, le nostre anime cupide di conoscenza non si accontentano più di uno svolgimento senza apprenderne la dinamica. Vogliono insomma vedere i fili, vedere il meccanismo, ispezionare la scatola a doppio fondo, sfiorare l'anello magico per coglierne la natura, studiare le carte per scoprire come siano state truccate".
Proprio in questa direzione pare andare l'interpretazione della Signorina Giulia offerta da Valter Malosti. Il regista sostiene infatti di leggere l'opera come vicina al naturalismo darwiniano.
Il testo è recitato nella sua interezza e perfino le didascalie entrano in scena, pronunciate con voce distorta, come giungessero dal profondo; gli atteggiamenti dei personaggi vengono dichiarati apertamente, e in questo modo anche i loro pensieri risultano più evidenti.
Anche il tono con cui è narrata la vicenda è esplicito, diretto, talvolta caricato, probabilmente proprio nell'intenzione di enfatizzare e dar voce ai pensieri più nascosti.
Giovanni, interpretato da Valter Malosti, è un servo ambizioso, sveglio e opportunista. Non si limita però ad essere una caricatura. Non esita a far mostra dei propri fini ma allo stesso tempo mette in guardia la contessina dalle conseguenze delle sue azioni. "Guardi che la colpa sarà sua dopo. È pericoloso giocare col fuoco. È notte tarda, il sonno stordisce e la testa si riscalda. Vada a dormire!".
La contessina, al contrario, pare eccitarsi davanti a tali ammonimenti. La signorina Giulia, interpretata da Valeria Solino, è sfrontata, audace. Inizialmente appare tanto sicura di sé, abituata a fare tutto ciò che le passa per la testa. La gestualità con cui la Solarino interpreta il personaggio mette bene in luce il carattere della signorina Giulia. È una ragazza molto bella, ma sgraziata, quasi appositamente, a voler mostrare il proprio disinteresse nei confronti delle regole morali, cui si sente superiore. Nella seconda parte però, quando la ragazza comincia a sentire la gravità del proprio gesto, le sue movenze sbarazzine assumono una valenza negativa, sciatta, e invece che seducente risulta pietosa.
Viola Pornaro incarna infine Cristina, un personaggio interessante, la cui forza si basa proprio sui suoi limiti. Cristina è la cuoca del palazzo, con una visione limitata della vita: la fede e il rispetto delle regole sono i suoi cardini. Le difficoltà pratiche cui si imbatte quotidianamente però sembrano avere addestrato la donna a ponderare con saggezza le proprie azioni. La solidità della serva fa dunque da contraltare alla vanità della contessa.
Le due donne incarnano da una parte l'eccentricità della nobiltà e dall'altra la solidità della gente semplice, che non può permettersi capricci e stravaganze.
Nel finale addirittura pare che i ruoli si invertano. Giulia è in preda al delirio, da sicura e libera che si mostrava all'inizio finisce per pregare il proprio servo di ordinarle come comportarsi.
Cristina al contrario, si presenta vestita da festa, austera, commisera Giulia e prima di lasciare la scena dispone gli ordini "E adesso me ne vado in chiesa, da sola, e passando dirò allo stalliere di non far uscire nessun cavallo, in caso che qualcuno volesse partire prima che il conte sia rientrato."
Nessuno, né Giovanni, né la contessina, osa contraddire Cristina.
"La vita, scrive Strindberg, non è tanto matematicamente idiota che solo i più grandi divorino i piccoli, avviene infatti altrettanto sovente che l'ape ammazzi il leone o quantomeno lo renda furioso".
La folle notte ormai è trascorsa, lo rivela un raggio di luce che si insinua nella parete della cucina. La luce però non porta consolazione, al contrario, lo squarcio di sole appare più come una lama affilata, presagio di ciò che sta per accadere, il suicidio della giovane Giulia.
"Per mettere in scena Signorina Giulia, sostiene Valter Malosti, occorre una lettura intima e una comprensione simile a quella di un direttore d'orchestra davanti a una partitura, che ci rivela pieghe di un'umanità che riconosciamo nella sua carne viva e che ce li fa chiamare fratelli e sorelle".
Il regista sicuramente è riuscito nel proprio intento. Lo spettacolo è carico di una fisicità che porta il pubblico a partecipare delle emozioni dei protagonisti per la durata dell'intera pièce. Lo spettatore assiste ad una tragedia che si rivela tale fin dalle prime battute e rimane colpito dall'inesorabilità della situazione.
La vicenda in sostanza rappresenta una lotta, lotta tra il servo e il padrone, tra l'uomo e la donna, tra la vita e la morte, e soprattutto, come dichiara l'autore, "una lotta di cervelli".
L'aspetto che lascia più sgomenti, però, è il fatto che ogni personaggio ne risulti sconfitto.







  Altre in "Teatro"