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Cultura - LibriStefania Castella

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18 Marzo 2015
'Signore in giallo': le mani noir più grandi di sempre
di Stefania Castella



'Signore in giallo':  le mani noir più grandi di sempre
Signore in giallo.

"Non sopporto i gialli ultraviolenti che raccontano crimini complicatissimi (che nella realtà non esistono): un delitto è sempre semplice".

Lo dice, o meglio lo pensa e lo scrive la grande Fred Vargas: mano e pensieri sottilissimi, personaggi che si attaccano alla memoria, dipinti realisticamente ovunque si muovano. Dall'uscita nel 2006, per parecchi anni ho guardato e riguardato la copertina di "Dans le bois éternels" tradotto in "Nei boschi eterni" in Italia, senza andare oltre. Sembrava il titolo di una favola, ma non c’era molto di fiabesco o perlomeno nel modo più o meno infantile che immaginiamo intorno al racconto favolistico. C’era sì una componente suggestiva, ma sciolta nell'inquietante aspetto generale di un racconto in cui credenze popolari si mescolavano intrecciandosi, portando in strette spirali le vite del commissario protagonista, i personaggi che gli ruotavano intorno, e presenze ultra terrene. Fred Vargas non è che uno degli esempi che dimostrano quanto la scrittura femminile sappia squarciare con tagli perfettissimi tutto il rosa che ruota intorno alle donne. Noir e gialli i toni più calzanti per lei, ma anche di tante altre scrittrici che molto prima, a partire già dall'Ottocento, partorivano leggende che arrivavano fino ai giorni nostri. La capacità di essere crudeli al punto giusto, ironiche quanto basta, forse anche un pizzico vendicative, come se la penna (o i tasti di una vecchia macchina da scrivere) fossero lo strumento per liberarsi del pregiudizio vano che relega la donna agli angoli più impolverati e meno considerati della società (figurarsi due secoli fa).


Casalinghe frustrate, inchiodate a matrimoni infelici, quelle che sorgevano nei primi del Novecento dalle mani di Mary Eleanor Wilkins Freeman, creatrice di storie che lottavano contro le rigide, schematiche regole di una società chiusa in se stessa; l’affascinante protagonista nata dalle mani di Daphne du Maurier, una femme fatale che mieteva vittime intrappolandole in letali baci assassini; una Patricia Highsmith che disegnava ritratti intrisi di nerissimo humour con grande cura dell’aspetto psicologico dei protagonisti; i mitici volti, come quello dell’infallibile Miss Marple, di Agatha Christie: questi sono solo alcuni dei personaggi ricordati in un libro curato dall'editor Christian Delorenzo. Undici scrittrici, per stuzzicare gli appassionati del genere, scoprendo, se ancora non fosse abbastanza chiaro, che il poliziesco, come il thriller, è un genere molto femminile. Pensate che il giallo più venduto in assoluto, all'undicesimo posto tra i best seller con più incassi della storia, è stato scritto proprio da una donna, Agatha Mary Clarissa Miller, la già nominata miss Agatha Christie, che trasformava tranquilli villaggi di campagna in luoghi di efferati e apparentemente irrisolvibili delitti. Sarà un caso? Proviamo a chiedere al curatore di "Le signore in giallo" (Einaudi) raccolta di racconti suddivisi in tre sezioni in cui si colgono indizi, prove, si raccontano vittime e mani assassine.

Ci racconta com'è nata l’idea delle "Signore in giallo"? Come le ha selezionate?

Le antologie di gialli che da un paio d’anni escono nei Tascabili Einaudi – penso ai Gialli di Natale, ai Gialli d’estate, ai Gialli di mezzanotte – hanno una cifra comune: proporre racconti coinvolgenti e appassionanti, con un occhio di riguardo all'evoluzione del genere. L’antologia è, in questo senso, un "luogo del tempo", in cui, grazie a un tema unificante, gli scrittori contemporanei possono andare a braccetto con i classici; e al lettore non resta che farsi accompagnare lungo la via del delitto dai maestri di oggi e di ieri. Più nel dettaglio, anche le Signore in giallo si basano su questo principio. Ecco perché, accanto ad alcune gialliste dell’Ottocento – eccezionali ma non troppo note – si trovano autrici della cosiddetta "epoca d’oro" (una su tutte, Agatha Christie) o scrittrici più vicine a noi come Patricia Highsmith e Fred Vargas, in cui il giallo si tinge di nero. Oltre a questo, si è voluto che le donne fossero le protagoniste di ogni racconto. Non volendo limitare la scelta alle sole detective, si è allargato il campo della rappresentazione fino a coinvolgere tutte le figure legate al delitto. E sono nate le tre sezioni in cui è divisa l’antologia: investigatrici, assassine e vittime.

C’è una distinzione tra una mano maschile e una femminile nella scrittura di genere?

In base alla mia esperienza editoriale – e non posso che invocare questa, perché non sono né un teorico né uno specialista di gender studies – mi sento di dire che io non trovo alcuna differenza tra una mano maschile e una mano femminile nella scrittura; figuriamoci in quella di genere, dove le maglie compositive e narrative sono più strette. Le Signore in giallo non ambiscono a proporre un canone del "giallo al femminile" (sempre che esista il "giallo al femminile"). La scelta antologica si pone agli antipodi dello stereotipo culturale, ancora troppo diffuso, che vorrebbe relegare le scrittrici a un altro genere e a un altro colore: il rosa. Parafrasando Wilde, si potrebbe dire che non ci sono gialli maschili o gialli femminili. Ci sono gialli scritti bene o gialli scritti male. Non possiamo non essere d’accordo con l’analisi di Delorenzo, e immergerci nella scrittura tagliente e ironica di queste meravigliose autrici, tra lunghissime, nerissime notti di indagini, e vite macchiate di amore, vendetta, paura. "Il crimine non ha sesso" questo si racconta, e queste donne incredibili ce lo confermano.








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