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08 Aprile 2015
Susanna Argenterio intervista all'autrice di 'Quel Diavolo di un Angelo...' e un incontro che cambia la vita...
di Stefania Castella



Susanna Argenterio intervista all'autrice di 'Quel Diavolo di un Angelo...' e un incontro che cambia la vita...
Quel diavolo di un angelo

Per arrivare al mare, sentire acqua fresca che ti rigenera devi attraversare la sabbia che scotta, correre, rotolare, correre più forte. Immergersi come per dimenticare, immergersi per lasciarsi andare. Se certe vite si incrociano c’è un motivo sempre. Incontrare Susanna Argenterio è come essere inondati di luce, sentire quell'acqua fresca ritemprare. Il racconto della sua vita si scioglie come la trama di un film, le dico: “Sei stata un po’ Forrest Gump non trovi?” e mi accorgo che tentenna nel rispondermi, poi con la sua voce musicale le sento dire: “Si forse, anche se avrei voluto potermi soffermare di più su alcune cose” e avverto un piccolo segno di malinconia. Chi è Susanna non si può spiegare in poche righe, l’autrice di “Quel diavolo di un Angelo, Angelo Savelli il pittore del bianco, il mio secondo padre”, che è più di un romanzo, più di una biografia, una promessa.

 

È la magia di un incontro di quelli che ti legheranno per tutta la vita, da Corticelle in provincia di Brescia all’ambita terra dei sogni per inseguire il fluire dei desideri o per staccarsi da una realtà diventata gabbia pressante. Susanna quando lascia l’Italia è una giovane donna con uno straordinario dono di forza, di integrità morale, di voglia di riempire gli occhi e il cuore della miriade di aspirazioni tenute custodite dentro. E’ lì, nel paese delle enormi possibilità che incontra l’uomo che definire del “destino” sarebbe riduttivo. Incontro inondante di luce illuminante per lei, guizzo di vita nuova per lui.

 

Il percorso raccontato nel libro è uno snodo dell’anima che si inerpica attraverso le parole precise e una scrittura ricca di particolari, un dolore morale che si fa fisico che viene lenito quando tutto appare sotto la luce benevola di un destino che sembra poter vincere le avversità. Volontà di un sogno che si possa avverare. Di fronte agli occhi giovani e l’aria sbarazzina di una ragazza in cerca di futuro con la voglia di danzare e la matta voglia di entrare nel mondo del cinema, la vita pone una figura di un arzillo vecchietto vestito in un elegante abito grigio in papillon rosso cardinale, con lo sguardo ancora troppo immerso e velato dal passato, il suo sorriso e quel “nice to meet you” sono un: benvenuta nel nuovo mondo, benvenuta al nuovo presente. Sono una carezza, calore di famiglia lasciata e ritrovata in uno sguardo amico, abbraccio di cui certe volte senti il bisogno disperato.

 

Quel vecchietto dall'aria vinta da un dolore che ancora non era scemato era un grande artista: Angelo Savelli, pittore, scultore, uno dei massimi rappresentanti dell’espressionismo astratto e non solo. Calabrese d’origine e internazionalmente riconosciuto tra l’America e l’Europa come il pittore del Bianco. Quel “Bianco” diventato la sua scelta per una quantità di opere che in sessant'anni faranno di lui uno dei più premiati e stimati artisti del dopoguerra, come accade sempre, lodato più all'estero, che nel proprio paese. Quell'incontro con Susanna fu come ritornare in vita dopo la morte della moglie, vinta dalla depressione che aveva rischiato di ingoiare anche lui. Per tanto tempo Angelo quasi non usciva più dal suo studio, lavorando spesso a fatica (insegnava in prestigiose cattedre universitarie degli States) cercava a poco a poco di rialzarsi.

 

Susanna vide attraverso quegli occhi dalle lunghe ciglia bianco argento gli occhi di un padre, e sentì di essere a casa. Il loro incontro fu incontro di anime cui la vita aveva un po’ staccato piccoli pezzi. Per Susanna andare via dalla famiglia, dall'amatissima madre, e soprattutto dall'adorato padre, significava cercare respiro dopo aver sofferto troppo. Raggiungere l’America per Susy, come lui chiamava l’amata figlia, voleva dire abbandonare l’amore, il calore familiare ma anche le delusioni, cercando una possibilità lontana da una realtà di brutti incontri e tristi presenti.

 

Di incontri Susanna ne farà una miriade, e non saranno sempre incontri da favola non saranno tutti come quelli immaginati attraverso la sua pellicola preferita quella “vita meravigliosa” in cui l’Angelo raccoglie la disperazione di un uomo che vorrebbe tanto non essere mai nato. Susanna quell’Angelo lo incontra non prima di essere passata attraverso la delusione delle promesse mancate, delle mani che si allungano viscide sul corpo e sui sogni, degli sguardi servili e obliqui di cui il mondo è colmo. Incontrare Angelo rassomiglia ad una sensazione di protezione che quasi non sembra reale. Susanna seguirà il pittore nella sua lunghissima carriera, standogli accanto discreta e presente, difendendolo quando decine di finti amici, considerati spesso fratelli, cercheranno in tutti i modi di sottrargli il bene più prezioso, o meglio quello che crederanno essere il suo bene più prezioso, quelle opere che sono, ogni volta, veri figli dati al mondo.

 

Più di una volta Angelo deluso, ritroverà nello sguardo di Susanna considerata figlia da proteggere, ma anche da seguire, la forza per andare avanti, considerando il valore dell’amicizia e la consapevolezza del merito delle sue opere, più grande di ogni bassezza umana. Lei organizza per lui mostre e cataloga un’immensità di opere. Contro un mondo che non può riconoscere un affetto paterno e guarda di sbieco due anime legate solo ed esclusivamente da un enorme affetto filiale. Tanto che Susanna in Angelo troverà un padre senza mai sostituire suo padre, facendo della sua famiglia la famiglia di Angelo, tanto da stringersi a lui negli ultimi giorni della vita del grande artista, regalandogli il calore di una famiglia per lui spesso assente.

 

Susanna ingaggerà una lunghissima sfiancante battaglia legale per il riconoscimento delle volontà del maestro, la distribuzione, la gestione dell’immenso patrimonio artistico e risponderà senza parole all'ultimo monito di quel mastro, padre: “scriverai di me”. E sarà fatto. Le mie domande all'autrice sono un ulteriore viaggio attraverso il suo sguardo delicato e lucido.

 

 

Io non posso partire senza chiedere chi era Angelo Savelli e chi era per te.

 

Angelo Savelli è un grande artista. E’ soprattutto conosciuto come il pittore del bianco ma la sua storia parte da molto prima, dal figurativo nel 1930, con la Scuola Romana, passa all'astratto nel 1948 a Parigi e infine nel 1954 si trasferisce a New York, dove scopre una libertà mai vissuta prima. Realizza grandi tele, vere esplosioni di colori che lascerà definitivamente nel 1959 anno in cui il bianco diventa l’unico protagonista sulle sue tele. E’ stato un grande professore. Ha avuto più di un milione di studenti. Ha insegnato in America nelle Università più prestigiose. Per me un grande secondo padre, gli devo tutto.

 

Come lo chiameresti istinto, destino, quel riconoscersi che ti lega alle persone in un attimo?

 

Destino senz'altro. Ho sognato di incontrare quell'essere speciale di Savelli fin da bambina. Ed è accaduto.

 

E' stato uno di quegli incontri che ti cambia la vita ma ti sei chiesta che direzione avrebbe preso se non ti fossi trovata lì? Se non vi foste incontrati?

 

Gli incontri importanti cambiano sempre la vita. Non riesco ad immaginare la mia, senza l’incontro con Angelo è troppo dolorosa.

 

Dove si trova la forza per rialzarsi mettere insieme tutti i pezzi, e ricostruire i sogni che via via sembrano infrangersi davanti alle prove della vita?

 

Parafrasando la brava Margareth Mazzantini: “Nessuno si salva da solo”. Ho incontrato dei veri angeli che mi hanno allungato la mano. Il più grande insieme a Savelli, il mio ragazzo, mio marito Guido.

 

Dimmi Susanna ti sei accorta della magia nella quale eri immersa che in certi punti rassomigliava alla trama di un film?

 

La magia la creiamo noi. Dietro un grande film c’è sempre un grande regista e una grande sceneggiatura.

 

È davvero meravigliosa la vita?

 

Per vivere la parte meravigliosa sono dovuta passare da quella dolorosa.

 

Strano, vero? La vita di un uomo è legata a tante altre vite. E quando quest'uomo non esiste, lascia un vuoto.

 

Nel film “la vita è meravigliosa” di Frank Capra, il mio film preferito in assoluto, George, il protagonista, preso dalla disperazione, vorrebbe non essere mai vissuto. Clarence, Il suo angelo custode, lo accontenta e così cancella la sua esistenza dal mondo. Nessuno lo riconosce, nemmeno la madre. Ma lui non è mai nato. E così tutte le persone che in qualche modo grazie a lui si sono salvate, senza di lui si sono perse, alcolizzate, sole. Come l’amata moglie rimasta zitella e i figli adorati mai nati. George da quel momento capisce che la vita vale sempre la pena di essere vissuta e chiede disperatamente a Clarence di riportare tutto com'era. E scopre così la vera felicità.

 

Provo a crederci, che ognuno abbia il suo ruolo che ognuno abbia il suo posto nel mondo, uno scopo esattissimo, dov'è il tuo posto Susanna? La terra dei sogni la terra dell'infanzia?

 

...Io avrei voluto fare il lavoro dell’attore e non è successo. La vita non si sceglie, la si vive. “L’Ultimo Samurai” lo spiega ancora meglio: “PENSO CHE UN UOMO FA CIÒ CHE PUÒ FINCHÉ IL SUO DESTINO NON SI RIVELA”

 

Hai mai pensato dopo tutte le traversie legali affrontate "basta, mi arrendo"?

 

Più e più volte, ma poi la forza d’incanto ritorna e poi arriva quel qualcuno, un angelo, che ti allunga la mano e tu rinasci e ci riprovi.

 

Il libro ha un significato profondo per te e sa di promessa, ce lo racconti?

 

Il 23 aprile del 1995 Angelo Savelli, quattro giorni prima della sua morte, nella penombra della camera dell’ospedale dove era ricoverato, traballante, sostenuto da un bastone, con quel poco di forza che gli era rimasta e con un filo di voce mi disse: “tu scriverai di me”. Non era una richiesta ma un ordine. Prima di rimettersi a letto sfinito dalla stanchezza attese il mio si, che articolai senza parlare, ma con un semplice cenno della testa. Nel 2002, 7 anni dopo e dopo tante esitazioni, spinta dagli amici di Savelli che mi erano rimasti accanto, cominciai a scrivere. Il lavoro di ricostruzione durò 10 anni e come tutte le storie vere è stato per me una terapia dolorosa, ma necessaria.

Che ha fatto dell’autrice la donna di oggi, una giovane donna realizzata che guarda il bianco della spuma del mare mai più sola, mai senza il ricordo vivo del calore di un piccolo arzillo vecchietto in papillon e lunghissime ciglia che guardano verso il mare insieme a lei.








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