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23 Marzo 2010 Il filo del rasoio, di Somerset Maugham di Alice de Carli Enrico
A volte capita che, finito di leggere un libro, ci si senta come se nulla possa essere come prima: vi è un periodo pre-lettura e uno post-lettura. Quando si legge "Lolita" di Vladimir Nabokov si parla di periodi pre e post doloriani. Cosa si dovrebbe dire invece de "Il filo del rasoio" di Maugham? Non c’è termine che possa essere assunto e neppure un pratico neologismo da coniare. Basti credere o sperare, dunque, che possa essere vagamente compresa la sensazione.
Cos’è "Il filo del rasoio"? Un romanzo. Altro non si può dire: come si può in poche parole descrivere l’enormità di un romanzo così? Non si può, ve lo dovrete certamente leggere. Come fare a darvi un’idea? C’è di tutto: spirito, sogno, sofferenza, sconfitta, gelosia, amore. Come in molti altri romanzi, ne converrete. Allora perché scegliere proprio questo? Il titolo la dice lunga, perché vi potreste tagliare, perché può andare così in profondità da far male e bene allo stesso tempo. Perché vi fa capire che non è vero che tutto è possibile, ma che è certamente vero che ognuno costruisce la propria felicità così come la desidera, che lo sappia o meno. Non può far male? Eppure una presa di coscienza è come una rinascita, un dolore di quelli che rendono più forti e che, inesorabilmente, fanno stringere e battere il cuore.
Poi, a voler essere pragmatici, potremmo parlare di Larry Darrel, un ragazzo affascinante e intelligente che, reduce dagli orrori della Grande Guerra, decide di abbandonare la vita di sempre e partire alla ricerca di sé stesso. Potremmo anche parlare di Isabel, la sua fidanzata, che si separa da lui con riluttanza, ma non troppa. Potremmo parlare di. Non ne parleremo. A certi livelli i semplici fatti, una semplice trama, sono ben poca cosa rispetto alle riflessioni di cui il romanzo si presta fucina.
Lo stile di Maugham è esatto: tanto asciutto da non dire mai nulla di troppo, tanto ricco da non dir mai niente di meno. Ciò che offre con inenarrabile abbondanza è sicuramente l’acume e lo spirito di osservazione per gli umori, i sapori e le passioni umane.
Molti saranno d’accordo con l’affermare che un libro che si salva con un finale azzeccato spesso non è un buon libro. In questo caso, a lettura conclusa, molti saranno d’accordo con l’affermare che con un libro così, il finale scelto da Maugham non sia altro che la proclamazione di un capolavoro.
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