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Cultura - SocietàGianni Pezzano

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16 Ottobre 2014
Una corsa lungo il tempo
di Gianni Pezzano



Una corsa lungo il tempo
La Rocca di Brisighella
Da oltre 40 anni gli atleti che partecipano alla 100 km del Passatore da Firenze a Faenza non seguono solo il passo del Brigante, che ha dato il suo nome alla gara, ma percorrono la stessa strada intrapresa dagli eserciti che nel corso di oltre due millenni si sono mossi tra la Toscana e l’Emilia Romagna. Passano in mezzo a un paesaggio che da secoli ispira poeti e che ora è un rifugio per i ricchi che cercano un posto esclusivo in cui godersi pace e tranquillità.

Un’indicazione che suggerisce che persino le legioni romane seguivano questa via si trova nella topologia di alcuni luoghi vicino a pietre miliari romane, come Quartolo, Pontenono, Pieve Tho e così via.

La gara si corse per la prima volta nel 1972 con l’intenzione di promuovere i vini delle due regioni e gli organizzatori le diedero il nome di "Passatore", il  soprannome del brigante ottocentesco Stefano Pelloni, attivo nella zona. Dalle avventure di questo personaggio storico nacquero le leggende del ladro gentiluomo il cui viso ora si trova su diversi oggetti di promozione, nonché sul volto della statua che svetta nella rotonda all’entrata di Faenza che segna l’inizio del tratto finale verso il traguardo.

A Firenze, dove ci si prepara per la partenza, ci si trova senza dubbio in una città d’arte. La gara parte da via dei Calzaiuoli, in pieno centro storico, e le curve evocative del Duomo di Brunelleschi dominano il cielo e accompagnano  gli atleti che si accingono ad intraprendere una corsa fisicamente e mentalmente devastante.

Tuttavia, come già abbiamo accennato, storicamente non si tratta del primo gruppo di persone partito dalla città medicea per percorrere la via diretta verso la Romagna. Piazza della Signoria, ora delle attrazioni turistiche più celebri del mondo, rappresentò regolarmente il luogo dove le truppe si radunavano per salutare i potenti e il popolo della città prima di intraprendere quegli stessi 100 km, un tratto di strada così importante da essere allora difeso da ben sei castelli.

Un ricordo di questo antico passato lo si ritrova nel Duomo e prende forma nel ritratto di un cavaliere su un cavallo bianco. Il condottiero, riccamente vestito, è il mercenario inglese Sir John Hawkwood, noto come Giovanni Acuto per la trasposizione del suo nome che ne diede Machiavelli, che per 14 anni fu alla guida di Firenze. Le sue truppe combatterono in Romagna percorrendo proprio quella strada che ora ospita la gara.

Anche a Faenza, punto di arrivo e traguardo tanto agognato dagli atleti partecipanti, vi sono memorie lasciate da Sir Hawkwood poiché, prima di operare per Firenze, fu alla guida del saccheggio di  Faenza come capo delle truppe papaline nel 1377, durante la Guerra degli Otto Santi. Se a questo si aggiunge il quasi contemporaneo saccheggio di Cesena, si può ben affermare la Romagna non conserva un bel ricordo del condottiero.

All’inizio della gara non è difficile immaginare le truppe fiorentine che iniziano il proprio cammino a un passo più lento, appesantite delle loro armi e dall’equipaggiamento. Un problema che certo non condividono gli atleti di oggi. In compenso, malgrado l’assenza di truppe nemiche, anche gli atleti che partono da Firenze affrontano una battaglia vera, ma di tutt’altro genere: devono lottare per prima cosa contro il tempo, i migliori per puntare alla vittoria, mentre gli altri anche solo per poter dire di aver partecipato, perché la corsa ha i suoi tempi e chi non li rispetta viene escluso dalla gara.

Inoltre, gli atleti devono lottare contro le condizioni stradali e climatiche, dal caldo alla partenza al freddo per chi si trova al Passo della Colla nelle ore piccole della notte. Ma il nemico vero è quello che si ha dentro:la lotta più grande è quella che si combatte dentro di sé per trovare la forza di continuare quando la meta sembra ancora tanto lontana. Chi giunge al traguardo potrà dire davvero d’aver vinto una battaglia personale.

Nei primi chilometri i podisti corrono tra le strade di Fiesole, con le sue case e ville graziose e immersa nel panorama tanto elogiato nella letteratura con l’opera di E.M. Foster Camera con vista e l’omonimo film diretto da James Ivory. In poco tempo gli atleti arrivano al Mugello, zona con un paesaggio strepitoso, degno di poeti e pittori e ora ricercato dai ricchi come luogo di relax, proprio come fecero i ricchissimi fiorentini del Rinascimento che vi si recavano per fuggire dal caldo e l’umidità della calura estiva.

Questi due millenni di storia hanno lasciato diversi segni e lungo la strada vi sono tracce di fortificazioni e abitazioni che risalgono all’epoca celtica della storia della penisola, ancora antecedente a quella romana. Alcuni di questi resti sono pietre sparse, pezzi di muri o ricordi di paesi. Alcune di queste antiche rovine furono poi incorporate in strutture ancora più formidabili diventate simboli dell’architettura medievale e rinascimentale: i castelli.

Gli atleti passano i primi resti di un castello a Borgo San Lorenzo, cittadina dalle origini romana. Nella frazione di Polcanto una leggenda locale e gli archivi della città accennano alla presenza di un altro castello, conosciuto come Belcanto, di cui non si hanno altri resti. Di quasi tutti gli altri castelli rimangono soltanto torri isolate, o qualche riferimento negli archivi storici o nella locale tradizione orale. A Brisighella, a 20 chilometri da Faenza, è comunque ancora possibile ammirare l’ultimo vero castello esistente del percorso, che domina la collina sopra il paese.

Un altro ricordo della storia delle guerre della regione si trova all’inizio di corso Matteotti a Faenza, l’ultimo pezzo di strada che porta a Piazza del Popolo, dove gli atleti trovano ad attenderli il traguardo della 100 km del Passatore. A entrambi i lati si possono ammirare le mura della città che formarono la fortezza che proteggeva la popolazione. Purtroppo non esiste più la porta, distrutta come le altre dalla truppe tedesche in fuga nell’ultimo periodo della loro occupazione del territorio nel 1944.

Eppure, per tutti i legami militari che avvicinano queste due regioni, il legame senza dubbio più importante è quello con uno dei personaggi di maggiore rilevanza della letteratura mondiale: Dante Alighieri. Il poeta percorse la strada da esule, osservando l’esito delle lotte interne che portarono devastazione nella capitale toscana e che ispirarono personaggi e grandi parti del suo capolavoro. Nel corso del suo passaggio trovò rifugio nel Mugello, prima di entrare nella Romagna attraverso Faenza. Gli scritti che Dante lasciò dimostrano che amava poco la Romagna ma, come sappiamo, non si realizzò mai il suo sogno di tornare nell’amata Firenze. Fu sepolto a Ravenna, dove si trova tutt’ora malgrado i numerosi tentativi toscani di riportarlo nella sua terra natia.

Tali sono l’influenza e il ricordo di Dante che quest’anno uno dei partecipanti alla 100 km del Passatore ha iniziato il suo racconto personale della gara parafrasando l’inizio della Commedia che tutti gli italiani conoscono a memoria.

Ma torniamo al percorso. Il paesaggio attraversato dalla gara non è semplicemente spettacolare, ma anche tranquillo, e non attira solo poeti e artisti, ma è anche l’ambiente ideale per un’altra forma di contemplazione: ogni paesino e luogo lungo il percorso è distinto da segni di attività religiose. Cappelle e pievi punteggiano la strada. Il grande contributo religioso a questa via è tuttavia dato dalla presenza di monasteri importanti e altre istituzioni, come ospedali e ospizi presenti in quasi ogni paese.

Inoltre, gli abitanti dei paesi come Polcanto, Passa della Colla Casaglia, Marradi e Brisighella offrono il proprio sostegno agli atleti non solo incoraggiandoli, ma anche preparando per loro i punti di ristoro, dando loro da mangiare e da bere per ricaricare le energie e prestando temporanea cura agli acciacchi che i chilometri inesorabilmente creano in chi corre.

Molti atleti sono consapevoli di questo glorioso passato e si ritagliano così il tempo di viaggiare lungo la strada sia prima che dopo la competizione per apprezzare meglio quel che non possono cogliere durante la corsa.

La gara è lunga e difficile e doveva essere ancora peggio per i soldati e i pellegrini che percorrevano il tragitto prima dell’ammodernamento della strada che conosciamo oggi. Sicuramente resterebbero meravigliati dal sapere che i vincitori della 100 km riescono a percorrerla in un tempo compreso tra le 6  e le 7 ore e mezza. Un’impresa davvero notevole.

Non sarebbe difficile immaginare al traguardo i fantasmi di John Hawkwood e delle sue truppe con i vessilli abbassati e le armi alzate per salutare coloro che finiscono questa corsa, un degno riconoscimento tra guerrieri.

Nota: questa strada esiste da così tanto tempo che meriterebbe un libro a sé stante per poter raccontare tutto quel che racchiude in termini di bellezza. Per chi vuole saperne di più, sul sito ufficiale della corsa (link QUI) è possibile trovare l’itinerario del percorso.






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