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Cultura - SocietàGianni Pezzano

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02 Gennaio 2015
Episodi sconosciuti
di Gianni Pezzano



Episodi sconosciuti
Port Pirie
stazione ferroviaria

Pochi sanno che la prima documentata presenza italiana in Australia è di James Mario (Maria) Matra sulla Endeavour, la famosa nave del Capitan Cook nel suo primo grande viaggio in Australia del 1770. Il quartiere di Matraville di Sydney è un omaggio al suo contributo.   

 

Naturalmente c’erano anche italiani durante la febbre dell’oro a Ballarat nel 1887 e nella sommossa dell’Eureka Stockade dove uno dei capi della ribellione anti tasse era l’italiano Raffaello Carboni. Di conseguenza fu imputato insieme agli altri 11 capi per alto tradimento, ma le giurie rifiutarono di condannarli. Carboni ne scrisse un libro prima di tornare in Italia.

 

I primi immigrati dalla Sicilia e dalla Puglia, particolarmente da Molfetta, diedero un contributo vitale a far sorgere l’industria ittica commerciale australiana. Al porto di Port Adelaide e a Port Pirie al nord della capitale dell’Australia Meridionale i discendenti degli immigrati molfettesi festeggiano ancora la cerimonia dedicata dalla Madonna dei Martiri di Molfetta.

 

Anni fa, insieme a mio amico Alex, facevo parte di un progetto per registrare la storia di una coppia anziana molfettese a Port Pirie. L’intervista che ne uscì ci fece affrontare una realtà allo stesso tempo affascinante e sconosciuta della storia non solo dell’emigrazione italiana, ma anche della storia d’Italia e d’Australia in generale. Sapevamo di un aspetto di questa storia, ma prima di allora non pensavamo cosa volesse veramente dire per un immigrato italiano abitare in Australia in guerra.

 

La coppia era emigrata in Australia dopo la Grande Guerra e si stabilí a Port Pirie dove già c’erano alcuni loro parenti. Era un periodo difficile per gli italiani. In Queensland problemi tra lavoratori australiani e i nuovi immigrati portarono all’istituzione di una Commisisone Reale dello Stato, la più autorevole e potente forma d’inchiesta del sistema anglosassone, che consigliò che l’immigrazione italiana  in Australia avrebbe dovuto essere sospesa. Secondo l’inchiesta i motivi per questo blocco erano la “differenza di religione” (cattolici invece che protestanti), la cultura diversa, la tendenza degli italiani a vivere in comunità chiuse, separate dagli australiani, gli elementi criminali che ne facevano parte e la volontà di lavorare per stipendi bassi e fuori dal sistema sindacale. Per fortuna il consiglio non fu accettato dal governo statale e nemmeno dal governo federale, che detiene la responsabilità per l’immigrazione.

 

Questa coppia si stabilí facilmente nella città. Visto che la moglie era insegnante, in poco tempo organizzò lezioni di lingua italiana per i figli degli italiani. Nel corso del tempo la coppia ebbe un ruolo importante nella formazione di un circolo italiano. A questo punto l’Italia era in pieno Ventennio e il circolo stabilí contatti con l’Ambasciata d’Italia e poterono ottenere aiuti in libri e altro materiale didattico. Durante l’intervista la coppia ci ha fatto capire che  l’aiuto non era stato fornito a titolo gratuito, ma che il circolo doveva promuovere le linee del governo di Mussolini.

 

Inoltre, ci hanno spiegato che lo facevano per orgoglio verso la loro Patria ed era cosí anche per la grande maggioranza degli italiani.  Però, nel corso dell’intervista, la coppia non ci ha lasciato dubbi che lo faceva anche perché appoggiava la politica del governo italiano dell’epoca. Per anni, secondo loro, non ebbero problemi con le autorità australiane che, come altri paesi anglosassoni, vedevono di buon occhio Mussolini. Ma in seguito alle guerre italiane coloniali e l’anatema della Società delle Nazioni questi rapporti si deteriorarono e l’Italia si trovò isolata con la sola Germania che l’appoggiava.

 

A questo punto l’intervista ha preso una piega affascinante e drammatica. Con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale e la participazione dell’Australia insieme agli altri paesi del Commonwealth Britannico gli italiani in Australia speravano che l’Italia non ne avrebbe fatto parte. Purtroppo per loro, la svolta definitiva capitò il 10 giugno del 1940, quando era già notte in Australia.

 

La mattina del 11 giugno, tanti componenti della comunità italiana di Port Pirie si svegliarono con la polizia alla porta con ordini giudiziari di radunare tutti i maschi italiani. Alex ed io abbiamo saputo poi che anche i documenti dell’Ambasciata d’Italia furono confiscati. Un effetto sulla vita dei pescatori italiani era la confisca dei loro pescherecci, un colpo durissimo per le famiglie.

 

Diventò presto ovvio che gli arresti erano mirati e i primi a essere presi furono i responsabili del centro italiano che aveva dimostrato appoggio al governo di Mussolini. Ovviamente i servizi di sicurezza si erano preparati ben prima per questa eventualità. È non fu la sola Australia a comportarsi in quel modo. La stesse cosa succeddette in tutti i paesi del Commonwealth, particolarmente in Canada e in Gran Bretagna, come anche negli Stati Uniti dopo la dichiarazione di guerra dall’Italia e la Germania in seguito all’attacco giapponese a Pearl Harbour del 7 dicembre 1941.

 

Le autorità offrirono la scelta agli italiani di condannare l’Italia e l’entrata in guerra della loro Patria e di giurare fedeltà all’Australia, oppure di trovarsi internati per il corso della guerra. Alex ed io non ci siamo meravigliati che il marito rifiutò di criticare l’Italia e finì internato. Marito e moglie ci hanno descritto le difficoltà di corrispondere e per lei quando andava a trovarlo. Il dettaglio che più la colpí durante le sue rare visite era il fatto che alcune guardie erano figli di immigrati italiani ed erano i più spietati nei suoi confronti. Questo fatto fu ripetuto in Italia dove le cronache parlano delle durezza dei soldati italo-americani nei confronti degli italiani durante la Liberazione d’Italia.

 

Le condizioni erano difficili anche a causa del rifiuto di separare gli italiani tra i fascisti e gli  altri italiani che non tenevano la stessa ideologia politica, ma allo stesso tempo rifiutarono di rinnegare la loro patria.  Naturalmente ci furono scontri tra questi  gruppi e in un caso un anti fascista Francesco Fantin fu ucciso.

 

L’internamento degli italiani, come anche i tedeschi e i giapponesi, fu un colpo brutto nei rapporti tra immigrati e australiani. Era cosi anche negli Stati Uniti dove la comunità giapponese in particolare soffrí in modo particolare. Infatti, nel dicembre 2011 il parlamento dello Stato del South Australia, dove si trova Port Pirie, ha approvato in modo unanime una mozione del deputato italo australiano Tony Piccolo di chiedere formalmente scusa alla comunità italiana dello stato per il trattamento che subí durante la guerra.

 

In Italia questi casi non sono conosciuti dalla maggior parte della gente. Ma fanno parte integrale della Storia d’Italia e per questo motivo sono degni di studi seri, non solo per dovere storico, ma per riconoscere formalmente quel che gli emigrati italiani subirono durante la guerra.

Non sappiamo ancora tutto della Storia della Seconda Guerra Mondiale. Troppi dettagli sono tuttora segretati perché in tempo di guerra i governi compiono atti crudeli, ma necessari, per finire la guerra il più presto possibile. Purtroppo questi stessi atti hanno il potenziale di creare problemi nei rapporti tra paesi ancora oggi.

 

Però, abbiamo l’obbligo di non scordare, di riconoscere e di documentare tutti gli aspetti della nostra storia. È un dovere che non deve finire mai, ma nel caso degli emigrati italiani è un dovere che è ancora agli inizi.

 

Ora che in Italia si svolgono le prime cerimonie per il settantesimo anniversario della sua Liberazione, non scordiamoci che non soffrirono solo gli italiani in Patria, ma anche molti dei loro connazionali per il rifiuto di rinnegare il paese della loro nascita. 








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