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24 Luglio 2016
Chi paga i conti delle banche
di Francesco Pisani


Chi paga i conti delle banche

Con il passare degli anni e dopo una crisi del 2008 che di fatto non ha mai visto, almeno in Europa, una vera ripresa, si continua a parlare di banche in crisi. E di crediti deteriorati, termine molto in voga in queste settimane. A rifletterci un po’ su risulta chiaro che se un’economia è in crisi e quindi attraversa un lungo periodo di stagnazione molte imprese falliscono e se falliscono è, come si suol dire, per la cassa. Cioè non sono più in grado di onorare i propri debiti. Va da sé che se le banche hanno fatto il proprio lavoro, cioè quello di prestare soldi alle imprese per la crescita, i crediti sono diventati insolvibili. Ed ecco spiegato perché molte banche hanno iscritti crediti miliardari che non rientreranno se non in misura trascurabile.
Ora questa situazione dove sarà più complessa? Beh lo sarà nei paesi con il maggior numero di imprese in crisi. Che guarda caso sono i paesi maggiormente in difficoltà. Quindi Grecia, Cipro, Spagna, Portogallo etc
 
 


Non deve stupire quindi che siano le banche di questi paesi ad annaspare più delle altre. Perché, come detto un in nostro precedente articolo, seppure le banche europee sono tra loro legate è pur vero che esistono ancora molte banche di minore dimensione che invece hanno una caratterizzazione prettamente territoriale. Basti pensare, senza fare troppi kilometri, alle nostre banche cooperative e a banca Monte Paschi. Banche il cui legame col territorio è davvero forte da secoli e che di fronte all’espansione sono rimaste comunque legate al territorio di origine. Con tutte le conseguenze del caso. Territorio e paese entrano in una grande e lunga crisi e la banca va giù con loro.


Ma chi paga i conti di queste banche che per svariati motivi non hanno saputo reggere la concorrenza o comunque sostenersi con le proprie gambe? Beh fino ad alcuni anni fa quando una piccola banca entrava in crisi, ne subentrava un’altra più grande con l’appoggio dello stato e della banca centrale nazionale e la faccenda finiva così. Sicuramente nessun risparmiatore ci rimetteva nulla. Adesso però con il bail-in (altro termine ormai sulla bocca di tutti) i risparmiatori con conti sostanziosi si potrebbero trovare a dover ripianare con i propri soldi le mancanze e gli errori del management di una banca. In sostanza chi possiede depositi superiori ai 100.000 euro si vedrebbe non garantito il proprio denaro. Nemmeno fosse una colpa avere dei risparmi magari accumulati dopo una vita di lavoro a volte anche di più generazioni.

 

Ma soprattutto quello che ci pare scorretto è addossare l’onere degli errori dei vari manager della banche sui risparmiatori dato che questi ultimi, pur avendo oltre 100.000 euro comunque non avrebbero la benché minima possibilità di influenzare in alcun modo le scelte della banca in cui hanno depositato il proprio denaro. Insomma, trovate corretto che pur non avendo voce in capitolo sulle scelte del management un risparmiatore debba rimetterci dei soldi? Altri decidono e i risparmiatori pagano.



Un’alternativa ci sarebbe ed è rappresentata dalla possibilità che lo stato subentri e salvi con soldi pubblici la banca in crisi. E qui scatta una seconda perplessità: se sono soldi pubblici sono soldi di noi contribuenti. Quindi invece che sui risparmiatori della banca il debito viene diluito su tutta la popolazione di contribuenti. Alla base del bail-in c’è proprio questo principio: non far pagare alla collettività gli sbagli milionari di singole banche ma farli pagare solo a chi ha deciso, suo malgrado, di affidare i propri soldi a quell’istituto.

 

È difficile dire quale sia la scelta migliore, quello che è certo però è che tutti vorremmo vedere i manager che hanno portato al fallimento la banca in mezzo a una strada e non con buonuscite spesso faraoniche!










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