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10 Ottobre 2025
Ritardo diagnosi mesotelioma da amianto: il paziente Giuseppe Canino non fu informato. La Corte d’Appello condanna l’Azienda Ospedaliera “Villa Sofia – Cervello” di Palermo.
di Stefania Castella


Ritardo diagnosi mesotelioma da amianto: il paziente Giuseppe Canino non fu informato. La Corte d’Appello condanna l’Azienda Ospedaliera “Villa Sofia – Cervello” di Palermo.

 

La decisione riconosce il principio che tutela la dignità e la consapevolezza di chi affronta malattie gravi

Ottobre 2025 – Giuseppe Canino non ha potuto sapere in tempo la verità sulla propria malattia. Ricoverato all’Ospedale “Villa Sofia – Cervello” di Palermo nel gennaio del 2015, gli fu riscontrato un mesotelioma sarcomatoso, ma il referto istologico non gli venne comunicato. Quella diagnosi arrivò tardi, troppo tardi, privandolo della possibilità di scegliere consapevolmente come affrontare gli ultimi mesi di vita.

 

Oggi, a dieci anni dalla sua morte, la Corte d’Appello di Palermo ha respinto l’appello dell’azienda ospedaliera e confermato la sua responsabilità riconoscendo che il diritto del paziente a essere informato è parte integrante del diritto alla dignità e all’autodeterminazione personale. Definitiva la decisione del Tribunale di Palermo che aveva disposto un risarcimento di 30.000 euro in favore della famiglia di Canino per la lesione di questo diritto fondamentale.

 

L’Azienda è stata inoltre condannata a rifondere le spese legali agli eredi – Dorotea Gambino, Luigi e Carmela Canino – per un importo di € 6.734,00 oltre accessori di legge.

 

Una sentenza che parla al cuore della sanità: sapere è un diritto

 

Il caso di Giuseppe, operaio Fincantieri (condannata già in primo grado al risarcimento del danno), deceduto il 25 giugno 2015 dopo una lunga esposizione all’amianto, tocca due piani distinti ma complementari: quello umano, che riguarda il valore della verità nella relazione medico-paziente, e quello giuridico, che impone alle strutture sanitarie un dovere chiaro e inderogabile di trasparenza, tempestività e comunicazione.

 

Secondo i giudici, il mancato accesso all’informazione e il ritardo colposo nella diagnosi hanno privato Canino e i suoi familiari della possibilità di vivere con consapevolezza l’ultima fase della malattia, impedendo scelte personali e terapeutiche che avrebbero potuto rendere più dignitoso quel periodo.

 

“Questa sentenza non è solo un pronunciamento legale, ma un messaggio di civiltà: il diritto a sapere è parte del diritto a vivere con dignità, fino all’ultimo istante e riafferma un principio essenziale: la tempestività della diagnosi e la corretta informazione sono parte del diritto alla salute,” ha dichiarato l’avvocato Ezio Bonanni, presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto, che assiste la famiglia Canino. “Nel caso di Giuseppe, non solo la diagnosi è arrivata in ritardo, ma al paziente è stato negato il diritto di sapere. È una ferita profonda alla dignità umana. La Corte di Palermo ha ricordato che il dovere di informare non è una formalità, ma un atto di rispetto verso la persona, verso la sua libertà di scegliere, e verso la vita stessa.”

 

Un precedente che rafforza i diritti dei pazienti

 

Con questa decisione, la Corte conferma l’orientamento che riconosce autonoma rilevanza giuridica al diritto all’informazione sanitaria, anche quando il ritardo diagnostico non modifica l’esito clinico. Il principio affermato è chiaro: non conoscere equivale a essere privati di una parte della propria libertà.

 

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