Rss di IlGiornaleWebScrivi a IlGiornaleWebFai di IlGiornaleWeb la tua home page
Sabato 13 settembre 2025    redazione   newsletter   login
CERCA   In IlGiornaleWeb    In Google
IlGiornaleWeb

Cultura - SocietàFrancesco Pisani

CONDIVIDImyspacegooglediggtwitterdelicious invia ad un amicoversione per la stampa

02 Febbraio 2016
Lo spread? Non dovrebbe esistere!
di Francesco Pisani


Lo spread? Non dovrebbe esistere!

Da molti mesi ormai tutti, anche il panettiere o il barista sotto casa, sanno cosa significa spread: i giornali ci ribadiscono ogni giorno su quanti punti questo indicatore raggiunge e i governi e i politici danno tutti la propria opinione e ne fanno una bandiera di buona o cattiva gestione del paese.
Altro non è che un indice che misura il differenziale tra i titoli ritenuti più sicuri, oggi quelli tedeschi, e quelli del paese preso in esame: un indicatore che si utilizza in tutto il mondo come tanti altri e che prima dei fallimenti di paesi come Argentina e Grecia era sconosciuto ai più.

Ma quale valore deve avere per essere sano e quale raggiunge invece prima del fallimento di un paese? Se rimane mediamente sotto il 300 la situazione è buona, mentre prima dei fallimenti lo stesso indicatore solitamente raggiunge e supera i 1500 punti base. Almeno così abbiamo fatto chiarezza sulla realtà.

Pochi però si sono soffermati a pensare sul perché esista uno spread tra paesi europei. Nulla da obiettare infatti sull’esistenza di uno spread tra i titoli dell’Argentina e quelli degli USA: i due paesi non battono la stessa moneta né hanno legami particolari, pertanto il paragone è corretto. Ma come è possibile che l’Italia o la Spagna, che appartengono alla stessa unione monetaria, che utilizzano la stessa valuta e che aderiscono al medesimo Fondo salva-stati (MES), abbiano questo ormai mitico spread?

In altri termini: se la Grecia aveva contribuito a un fondo di garanzia, i suoi titoli erano coperti e sicuri. Quindi il rischio default del paese era coperto dalle larghe spalle dell’Europa. Questo per analogia vale per tutti i paesi appartenenti all’Unione europea, di conseguenza il rischio di default di un qualsivoglia titolo europeo dovrebbe essere il medesimo o giù di lì, non certo una differenza tanto elevata come quella che invece si è verificata.

Facciamo allora un riassunto: tutti i paesi emettono titoli, li coprono in vario modo e il tutto è garantito dall’Europa. Quindi lo spread dovrebbe essere ridotto a piccoli scostamenti dovuti alle coperture dei titoli stessi. Cosa non funziona? Perché si utilizza questo indicatore fino a poco fa pressoché sconosciuto?

Sicuramente si tratta di un qualcosa di semplice da capire per tutti, o quasi.
Poi è un buon modo per giustificare le manovre e gli aumenti delle tasse.
Soprattutto: tiene tutti concentrati su un punto, ovvero il debito pubblico.

Un altro aspetto legato allo spread ai titoli di Stato e ai rischi di default è il contributo al Fondo salva-stati che ogni paese fornisce. Anche in questo caso tutti sanno che esiste un Fondo salva-stati, ma pochi sanno esattamente quanti soldi ci mette ogni paese e come il fondo stesso funziona.


Facciamo un po’ di chiarezza: tutti i paesi aderenti all’UE vi versano dei soldi in proporzione al peso economico dei singoli paesi. Quindi chi più ha, più mette. La Germania è quindi il primo finanziatore, a seguire gli altri Stati via via fino alla Grecia e ai paesi più piccoli. Ma una volta versato questo fiume di miliardi di euro (oggi siamo oltre gli 800 mld), il Fondo chi lo gestisce? Soprattutto, con quali regole?

Il Fondo viene gestito dalla Banca Centrale Europea e per statuto deve mantenere bassa l’inflazione e acquistare titoli di elevata qualità, per la precisione sopra la A. Ora, va da sé che i titoli più sicuri sul mercato europeo sono quelli tedeschi, quindi la Germania con una mano dà e con l’altra recupera. Oltre a questo, il meccanismo permette di mantenere elevato il livello dei titoli tedeschi stessi che hanno dietro un acquirente ritenuto il più sicuro in assoluto. Questo, unito alla valida economia tedesca, fa sì che la Germania dorma sonni tranquilli.


Insomma avete capito la logica e il funzionamento: tutti mettono i soldi e con quei soldi si comprano titoli sicuri e quindi tedeschi. In un certo senso si può dire che la Germania è almeno in parte sostenuta e finanziata dai paesi più deboli.
 
Bizzarro non trovate? Perché poi quando si tratta di salvare quei paesi occorrono sforzi extra proprio ai cittadini dei paesi più deboli.








  Altre in "Società"