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21 Febbraio 2015 il Mestiere di Carta. Un cronista raccontato da un cronista. Intervista a Gino Giaculli, L'autore di Stefania Castella
 | Il Mestiere di Carta. | Gianluca Ogiani, giornalista de "Il Graffio", si muove nel caos dj una città in fermento. La Coppa America, La Coppa Devis, il Giro d’Italia. Eventi da organizzare, turisti, folla che si aggiunge alla folla. Si muove veloce in una città che, come un gioco di scatole cinesi, si apre di volta in volta, si chiude alla vista, si mostra al mondo col lungomare protagonista, che tutto il mondo conosce, si nasconde facendosi della sua parte nascosta, un sottosuolo celato ai più. Corre Gianluca, corre, su quella striscia d’asfalto restituita alla sua gente, fatidico "lungomare liberato", distesa di grigio e lingua di mare. Lungomare, donna distesa di una bellezza abbagliante, che si lascia ammirare, che si arrende a sé stessa.
Non si ferma Gianluca, mentre si ferma la musica che ascolta attraverso le cuffie. Qualcosa di strano accade intorno, in quel mondo "di sopra", e il cronista inizierà a cercare di sbrogliare una matassa che si tingerà sempre più di giallo, ragnatela intrecciata di politica che ingoierà lui e la redazione intera, alla ricerca di una verità che toccherà cercare in fondo, a fondo. Affondo, al centro del caos di sotto, nel sottosuolo celato, per portare alla luce la realtà.
Gianluca Ogiani nasce dalla penna del cronista Gino Giaculli, giornalista del "Mattino" di Napoli che presenterà la sua opera prima, al Teatro Diana di Napoli il giorno 8 marzo. Lo raggiungo per chiedere di raccontare "Il Mestiere di carta", quello trascritto tra le pagine del suo racconto e anche il mestiere di carta, quello reale che svolge nella vita quotidiana. Intervistare una voce abituata a fare domande più che rispondere, genera un po’ d’ansia, stemperata subito dalla disponibilità e dall'entusiasmo che traspare dalle parole di un uomo innamorato follemente del suo mestiere, tanto che descriverlo a parole sembra arduo.
Il "Mestiere di Carta" è il suo romanzo d’esordio. Una vita intera spesa per quello che non è un "mestiere" comune.
Magari non comune, sono d’accordo. Ma è un mestiere straordinario per il quale vale sicuramente spendere la vita. Tutta.
Per lei è più divertente fare domande o rispondere?
Beh, le dirò con franchezza: entrambe le cose.
Chi è Gino Giaculli?
Un giornalista napoletano.
Come si riesce, se si riesce a costruire la propria vita senza farsi fagocitare da una professione in cui non ci sono orari, come dice lei c’è sempre da "correre"?
Non è facile, io ho mischiato professione e vita. E mi sta bene è la mia corsa.
Dalla cronaca al romanzo quanto è più faticoso?
Mah, direi che sono impegni diversi. Soprattutto emozioni diverse e in quei casi si può non parlare di fatica.
Come nasce la passione per il Mestiere di Carta, come la si spiega?
Questa passione nasce se si lavora per un quotidiano. Nel mio caso ho avuto la fortuna di scrivere per il più grande quotidiano del Sud. Per spiegarla in modo efficace bisognerebbe trovarsi a scrivere da Sarajevo ai tempi, da un quartiere in rivolta o da una tipografia alle due di notte: allora si sente forte l’adrenalina e tante altre sensazioni. Che non hanno prezzo.
Come è iniziata la sua avventura al giornale?
Nel 1987, dopo alcune esperienze in altri quotidiani e in radio.
Napoli è centro del suo lavoro, immagino della sua vita, del suo romanzo. Come è mutata oggi questa metropoli, attraverso gli occhi di un cronista?
Tanto. Nel bene: vedi la riconquista al pubblico del Lungomare di via Caracciolo. Nel male: vedi paralisi e lungaggini per l’uso finalmente definito del Plebiscito o dello stesso Lungomare. Non è invece mai cambiata la lentezza della politica, della classe dirigente che ha i compiti dello sviluppo della città, di quella burocratica e anche della cultura nel dare risposte.
A cosa si riferisce?
A tanti sarà capitato purtroppo di entrare in uno dei nostri ospedali, non credo sia stata una bella esperienza, Per non parlare dei trasporti. Ma soprattutto direi del tasso di povertà e di abbandono delle periferie. Politica, protagonisti dello sviluppo, intellettuali e artisti, si dovrebbero presentare ogni giorno nelle periferie. Stare lì. Semplicemente rimboccarsi le maniche e riprendere a lavorare al tessuto civile. Allora sì, si potrebbe discutere seriamente.
Oggi il giornalismo avvalendosi del Web, probabilmente sveltisce parti del lavoro, la diffusione, la ricerca. Come ci si muove con l'avvento del digitale, valgono ancora le regole del giornalismo o sono mutate per conformarsi alla modernità?
Bella domanda: il Web può farti trovare una cosa più in fretta, ma non ti chiede necessariamente un’informazione più approfondita. Le regole del giornalismo sono moderne e non possono cambiare. Il giornalismo invece si, al di là delle regole.
Qual è stata l’ispirazione che ha fatto nascere il suo romanzo?
Un’idea: a Napoli non deve vincere il nonsipuotismo.
Il direttore del suo giornale Alessandro Barbato dice che "Il giornalista deve portare avanti un’istruttoria, cercare la verità, ma non deve mai innamorarsene". Come si fa a non innamorarsi della verità?
Esiste una verità, non sempre si è fortunati da riuscire a portarla a galla, ma se ci si riesce bisogna essere anche disposti a metterla in discussione.
Com'è Gianluca Ogiani?
Un giornalista che lavora in una squadra e che le domande le rivolge anche a se stesso.
Napoli, il lungomare un amore per la città protagonista, Napoli schiacciata, deformata, snaturata. Inabissata spesso proprio dai suoi figli. Ha speranze ancora questa città?
La speranza è affidata alle nostre mani. Le colpe del passato sono chiare, evidentemente scolpite anche nella attuale conformazione urbanistica. Ma appunto è il passato. I figli di Napoli per stare alle sue parole, siamo noi. E dunque è adesso il momento delle responsabilità delle scelte che sono affidate alle nostre mani. La speranza non la dà nessuno. Siamo noi. E la cosa confortante è che c’è tantissima gente pronta a cambiare le cose. Serve una scintilla vera che diventi collante collettivo e connettivo. Come dice De Gregori: La storia siamo noi.
Avrà un seguito il romanzo?
Vediamo
Cosa direbbe ad un ragazzo che volesse intraprendere il difficile mestiere del cronista?
Di studiare, di andare all'estero a vedere come ruota il mondo e soprattutto di parlare e tanto con la gente. Bagnarsi, immergersi completamente nelle storie, nelle avventure, nelle rotture di scatole, nelle grane e sapendo anche starci a distanza. E poi scrivere, riflettere e scrivere. Informare chi non conosce.
C’è una domanda che vorrebbe le facessero, per raccontare un po’ di sé?
Questa: a che ora facciamo la prima pagina?
"Il Mestiere di Carta" di Gino Giaculli. Il mestiere di carta, probabilmente uno dei mestieri più belli al mondo.
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