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Cultura - LibriStefania Castella

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07 Marzo 2015
Ogni giorno come fossi bambina. Il viaggio del sogno senza età. Intervista a Michela Tilli
di Stefania Castella



Ogni giorno come fossi bambina. Il viaggio del sogno senza età. Intervista a Michela Tilli
Ogni giorno come fossi bambina

“Quanto sarebbe bello poter fare tutto quello che voglio ancora fare, e avere ancora le tue gambe per farlo”. Quando me ne stavo lì ciondolando tra la tele e il divano, e mi passava davanti, mia nonna di solito esordiva sempre con quella frase, nella maggior parte dei casi la ignoravo. Col tempo ci ho ripensato spesso. A quante cose si potrebbero fare in certe fasi dell’esistenza, e non si fanno perché non ci interessa, perché si è presi da altro, perché si pensa di avere tempo per tutto e per niente. Quanto c’è di simile in due fasi dell’età così diverse da sembrare inconciliabili come l’adolescenza e l’anzianità, è qualcosa che ha la forma della solitudine, con sfumature diverse probabilmente ma di forma simile.

 

Nella sua scrittura profonda e intensa la scrittrice Michela Tilli mette insieme due vite così lontane come quella di Arianna adolescente grassottella, insicura, chiusa nel suo mondo fatto della certezza riparata dei libri, unica cosa che accoglie nella sua vita, e Argentina che a ottant'anni non si accorge della sua età e si sveglia ogni giorno come la ragazzina che era, con l’anima resa lieve dal ricordo, e da un piccolo mistero che le regala una immensa voglia di vivere “Ogni giorno come fossi bambina” bellissimo romanzo in cui tra le pagine si incontrano due mondi opposti che saranno sempre più vicini.

 

Da un inizio “forzato” Arianna scorgerà in Argentina il bisogno di vivere, il suo sogno nascosto, e farà in modo di accompagnare l’anziana nell'impresa di affrontare un lungo viaggio per ritrovare il filo dell’amore perduto. Un racconto che è la testimonianza che la voglia di vivere, di essere, passa attraverso il sogno e il bisogno di realizzarlo, e certe volte è un sogno d’amore che fa battere il cuore oltrepassando l’età. L’autrice esordisce nel maggio del 2011 con “La vita sospesa” ed è un clamoroso successo editoriale cui fa seguito “Tutti tranne Giulia”, e una serie di racconti tra cui “Sacro Cuore” e “Diari di un impostore”, trame mai banali e profondi profili psicologici per tutti i protagonisti, in un assieme mai scontato come nel caso dell’ultimo romanzo. Chiediamo a lei di raccontarci un po’ di sé e dei suoi bellissimi lavori.

 

Posso permettermi di dire che i suoi romanzi sono quasi tagli dolorosi per il modo in cui affrontano i temi dell'amore e del dolore che spesso è una componente dell'amore stesso, c’è stata un’ispirazione che ha portato la nascita del suo primo romanzo, una scintilla in particolare da cui è nato?

 

Quando qualche anno fa l'editore di Fernandel, avendo apprezzato alcuni miei racconti, mi chiese se avevo anche un romanzo da fargli leggere, cominciai a prendere sul serio l'idea di cimentarmi in qualcosa di più impegnativo del racconto. Il romanzo mi era sembrato fino ad allora un'impresa troppo faticosa, ma sapere che c'era qualcuno che lo stava aspettando e l'avrebbe letto mi fece l'effetto di una scossa. Così nacque "La vita sospesa", il mio primo romanzo, a partire da una vecchia idea che in un certo senso mi perseguitava da tempo e spesso si era presentata anche sotto forma di sogno.

 

Ci sono scrittori che hanno influenzato  il suo modo di scrivere?

 

Tutto ciò che leggo mi influenza e forse non c'è libro che non mi abbia insegnato qualcosa. Leggere è un po' come ascoltare gli altri, e proprio non potrei farne a meno. Citare gli scrittori più amati è difficilissimo, perché sono troppi: potrei dire Saramago, Carver, Cormac McCarthy, Tabucchi, Morante...

 

C’è molto pudore nell'affrontare la vita e accostarsi ad una persona di una certa età, diciamo che è più facile mettere a nudo il corpo che il cuore in certi casi, come se una persona anziana non avesse più nulla da raccontare, ci dice qual è la chiave di lettura, del suo racconto?

 

Crescendo e arrivando all'età di 40 anni mi sono resa conto con un certo stupore che sotto certi aspetti il mio spirito restava lo stesso di quando ero bambina. Ancora oggi ho ben chiari certi pensieri che mi attraversavano la mente nella mia infanzia, pensieri che hanno formato la mia identità forse più dei miei tratti somatici, del mio corpo stesso. È la coscienza di questo potere della mente e del ricordo, probabilmente, la chiave di lettura per leggere, se non tutto il romanzo "Ogni giorno come fossi bambina", almeno il personaggio di Argentina. Ho ripensato ad alcune persone anziane che sono state molto importanti nella mia vita e ho provato a immaginare che cosa avessero dentro, supponendo che anche per loro la storia "intima" potesse assumere il valore che davo io alla mia. Ed ecco che mi si sono aperti davanti mondi insospettabili, se ci si ferma alla visione superficiale di corpi che stanno cedendo al tempo.

 

Leggo di lei,” ex giornalista”, sa che è la prima volta che mi capita di leggere questa cosa, essere giornalisti è un po’ come essere bionda o mora, puoi tingerti ma sarai sempre bionda o mora, non crede?

 

Se è così, allora possiamo girare la questione in un altro modo: forse non sono mai stata una giornalista. Sono ex giornalista perché dopo aver svolto il praticantato, aver dato l'esame a Roma, essermi iscritta all'Ordine professionale e aver esercitato per un po' la professione da free lance, mi sono resa conto che non era la mia strada. Un buon giornalista riconosce una notizia, ha come obiettivo l'informazione del pubblico, sa stare sul pezzo e in genere lavora in rapidità... queste sono caratteristiche che ammiro ma che non possiedo. Io amo la lentezza, voglio scrivere quello che è urgente per me, ho bisogno di riflettere a lungo sulle cose prima di esprimermi e ritengo che proprio questo processo, quello della riflessione, magari condivisa con altri, sia la parte più urgente del mio lavoro. Tra l'altro, forse mi sbaglio, ma spesso ho l'impressione che l'urgenza dell'informazione tenda a passare sopra al rispetto degli altri. Io ero una giornalista talmente "scarsa" che piuttosto che disturbare qualcuno avrei preferito rinunciare a un'intervista.

 

Lei crede molto nelle donne, nella loro forza, che ruolo hanno gli uomini nei suoi racconti, e nelle vite delle donne, oggi? 

 

In realtà non credo molto nelle donne, non per le donne in sé, naturalmente, ma perché non credo molto nelle categorie in generale. Cosa può significare credere in una metà dell'umanità? "Ogni giorno come fossi bambina" ha per protagoniste due donne che affrontano il mondo con coraggio, ma sono due individui che hanno le loro caratteristiche peculiari. Sono due personaggi che amo molto, ma non credo che il loro essere donna le renda in qualche modo migliori. Io credo molto nelle capacità di ogni singolo individuo, uomo o donna che sia, e credo che i generi e l'appartenenza di genere andrebbero continuamente rivisti e rivalutati alla luce di ciò che ciascun individuo esprime. La consapevolezza di appartenere a un gruppo può dare forza (si pensi alla solidarietà tra donne per esempio), ma può anche abbattere quando la società pretende di attribuire al singolo caratteristiche che appartengono mediamente al suo genere. Quando scrivo creo i personaggi nella loro individualità, mai come meri rappresentanti di qualcosa. Ciascuno avrà il suo ruolo nella vita degli altri, ma non credo ci sia un ruolo che gli uomini giocano in generale, né nei romanzi né nella vita.

 

C’è stato un momento in cui ha sentito che scrivere era la sua strada?

 

Ho sempre desiderato scrivere, fin da bambina, anche se non avevo le idee molto chiare su cosa significasse. Ho cominciato da diari e poesie, che però tenevo per me. Forse posso dire di aver sentito che era la mia strada quando qualche anno fa il mio primo editore, Fernandel, ha pubblicato online i miei racconti, e ho scoperto che l'approdo naturale della scrittura è un'altra persona che legge.

 

Com'è Michela Tilli?

 

Sono molto riservata e non amo trovarmi al centro dell'attenzione. Mi piace stare ai margini, osservare gli altri, camminare da sola e stare da sola a leggere e scrivere. Però mi piace moltissimo anche confrontarmi, conoscere gli altri, parlare, a patto che tutto avvenga con calma, in punta di piedi, magari a tu per tu. Negli altri cerco umorismo e intelligenza e ciò che amo di più è la mia libertà.

 

Crede davvero che i sogni aiutino a vivere in questo mondo disilluso, c’è ancora la speranza che l’amore possa essere salvazione?

 

I sogni ci spingono in avanti e quindi aiutano a vivere oggi, come lo hanno fatto ieri e lo faranno sempre. Sogno e desiderio sono importanti per l'uomo come il nutrimento, senza si muore. Se consideriamo l'amore come la tensione che ci fa desiderare qualcosa, possiamo senz'altro considerarlo come il motore della nostra vita. E il bello è che l'amore ci appartiene già: è il nostro atteggiamento verso le persone e il mondo che conta, credo, per sentirsi "salvati", mentre non è fondamentale che i desideri vengano sempre appagati.

 

Che i desideri siano il motore che alimenta la vita, senza alcuna distinzione, e come dice la scrittrice, che vengano appagati non conta sempre, l’importante è la sensazione che ci regalano, quella che fa battere forte il cuore.








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