 | Federica Bosco e il nuovo romanzo |
“Arrabbiati, confusi, diversi”. E ancora di più inadeguati, disadattati, incompresi, incredibilmente soli, 19 anni. Avuti, dimenticati come si dimenticano le cose della vita che attraversiamo, raccogliamo, e poi leccandoci le ferite cerchiamo di dimenticare finché non bruciano più, finché non ci fermiamo nel bisogno di osservarle. Avere 19 anni e non sempre possedere tutte le armi possibili per difendersi dagli attacchi che certe volte la vita si diverte a scagliare contro. Campi minati che cerchiamo di evitare per sopravvivere, crescere e affrontare il resto che verrà con un bagaglio più leggero forse… Attraverso gli occhi intensi e l’anima trasparente, si accostano confrontandosi riconoscendosi, sguardi ad altri sguardi accoglienti. Restano sul foglio parole che parlano, parlano e raccontano di noi, tagliano i pensieri.
Federica Bosco sa raccontare, sa trovare punti di accordo che semplicemente sapremo riconoscere pensando “mi somiglia…” Questa storia semplice, parla anche di me. Di quanto sia unica e complicata la vita, di quanto lo sia in un’età in cui non dovrebbe e invece…Vita che accoglie, respinge ha bisogno di forza, tutta la volontà che quando manca lascia arresi, ma non è mai finita, finché non è finita del tutto. Federica, scrive con quella purezza d’anima che induce l’anima a somigliarle cercando di trovare un posto per la felicità. Le sue donne dalla vita incasinata che si aggrappano agli amici, che fingono di essere ciò che non saranno mai, dure, disilluse per le troppe ferite.
C’è una dolcezza e una fitta nelle trappole d’amore che la vita tende e Federica ce le lascia tra le parole ogni volta, trovando ogni volta il modo di prendere in pieno il nostro cuore. L’ha fatto anche stavolta con “Tutto quello che siamo” (Mondadori) il suo ultimo romanzo. Commuovendoci ci cerchiamo, ci incrociamo ridendo di noi stese, tra le parole di una piccola donna che chiede il suo spazio in un cuore arido di padre, il suo spazio con la forma di uno dei tanti sogni che si sognano a 19 anni. Quanta onestà in queste righe, che è facile giudicare la vita degli altri, com'è facile al lamento di una vita rispondere “E allora perché non te ne vai?” Perché non tutti possiamo. Molti non possono farlo e sono un po’ più in là di quelli che non vogliono farlo, convinti di non potersi meritare neanche l’ombra della più piccola felicità. Marina ha questa età, delle possibilità del “tutto il mondo davanti” che non vedi perché la vista è appannata dalla forza dal sudore che devi metterci per resistere. Non è facile resistere persi dietro tanti “Perché?”, non è facile resistere senza la mamma a fianco che ti insegna tutto, tranne come fare senza, senza di lei. Con un fratellino piccolo da crescere cercando di proteggerlo come una coperta di calore amorevole, come farebbe una madre, proteggerlo dalle paure ossessive di un padre distratto, dalle inutilità di una matrigna che regala alla storia la verosimiglianza della favola, compreso il dolore che la favola rende fino al finale.
Labirinti di dolore da cercare e non trovare, vie d’uscita. Vita pratica da affrontare sentendosi sballottati tra le onde di un mare che si accanisce, che confonde, che stanca. Un Principe capellone che sorride al cappuccino di buon giorno attesi, e poi disillusi. Amore che non cerchi tanto ti sembra distante, che poi incroci per caso, e che speri di poter stringere forte per lasciar andare l’anima permettendoti per un poco la debolezza dell’abbandono tra le braccia di chi vorresti solo ti dicesse “sono qui”. I desideri, l’Accademia, il disegno nel quale riversare i pensieri, tutto sembra impossibile nella vita di Marina, tutto sembra doloroso come dover abbassare la testa, ingoiare i rimproveri, le botte, le umiliazioni, trattenendo la rabbia, le parole, i sogni, cercando di esistere e resistere in un nuova ricostruita parvenza di famiglia, nei silenzi, nelle fughe sul filo sottile dal quale sai di poter cadere in un attimo sai di non avere nulla a cui poterti aggrappare.
Con la forza dell’ironia, Marina resiste, tiene i sogni in un angolo aspettando di vederli sbocciare, vive giorno dopo giorno spendendosi per gli altri, amici fraterni, distorti dall'essere viziati con la prepotenza di chi vuole tutto subito e conosce l’altra faccia, quella di chi a vent'anni si perde nelle possibilità dell’avere comunque troppe possibilità. Lotta dopo lotta, come nella vita vera, Marina resiliente si piega, si rialza, si strofina gli occhi di lacrime al vento cercando nella rabbia di non disperdersi. Un romanzo coinvolgente in cui vorremmo entrare per regalare a questa giovane donna tutta la forza di cui ha bisogno, per trovarsi faccia a faccia con quel padre dagli occhi di ghiaccio, e urlargli una rabbia che non sarebbe liberatoria, perché alla fine non è che il perdono, la strada per salire in alto senza zavorre che ci tengono distanti dai nostri sogni, che raggiungeremo solo sentendoci in pace con noi stessi…
Ritrovare noi stessi, l’amore che cerchiamo, quello mancato legato al passato da rimettere a posto come un piccolo pezzetto di quel puzzle che compone la vita e “Tutto quello che siamo”. Tutto quello che ci meritiamo. “Cerca la luce e basta” dice Federica. E io ci credo. Credeteci anche voi.
“Tutto quello che siamo” Federica Bosco. Mondadori
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