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Cultura - LibriGianni Pezzano

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07 Maggio 2016
La battaglia della vita
di Gianni Pezzano



La battaglia della vita
Il libro negato
di Gianni Pezzano

Nel corso della vita ognuno di noi ha una battaglia che definirà la propria vita e deciderà il successo o meno dei suoi obiettivi personali. Inevitabilmente arriva il momento di decidere se continuare la battaglia, oppure  che il costo della lotta valga l’obiettivo in gioco.

 

Come sanno i lettori che mi seguono da tempo, sono coinvolto in una lotta per un mio libro che a volte sembra proprio surreale. Purtroppo in questi giorni abbiamo ricevuto l’ennesimo rifiuto all'ultimo appello di trovare una soluzione amichevole e discreta alla situazione. Sarei bugiardo se dicessi che la risposta non era attesa, ma sarei ancora più bugiardo se dicessi che non mi ha fatto male.

 

Non entro nei dettagli del costo personale di questa battaglia, non sarebbe d’interesse a nessuno e vieppiù ai diretti interessati. Però, credo sia doveroso spiegare perché questa battaglia sia da continuare e perché mi ostino a continuare su una strada che molti pensano sia da abbandonare.

 

Ormai scrivo questi articoli da diciotto mesi e sin dall'inizio ho tenuto fede a varie idee che seguo da decenni. Il primo ovviamente è quello dell’identità personale e particolarmente in riferimento ai figli di immigrati di cui sono figlio fiero. Come non siamo figli solo del padre o della madre noi oriundi non siamo figli di un paese ma di due, il paese di nascita dei nostri genitori e del paese dove siamo nati e cresciuti. Per questo motivo utilizzo spessa la frase che siamo figli di due mondi. Non è altro che la semplice verità, ma  difficile da capire da chi non ha vissuto in quella realtà e che non ha subito discriminazione e disprezzo dai propri coetanei a causa delle sue origini.

 

Di conseguenza e sin da un giovane ho cominciato a partecipare alle attività di vari gruppi italiani nella mia città di Adelaide in Australia. All'inizio le attività erano legate alla Juventus Adelaide della quale mio padre era tifoso e dunque lo sono anch'io.

 

Però a quel punto avevo già capito che il mio patrimonio culturale personale, da figli di italiani era molto più ricco di quel che avevano insegnato a scuola che, come naturale in una ex colonia inglese, era concentrata sulla Cultura anglosassone. In poco tempo le mie attività comunitarie hanno cominciato a indirizzarsi verso gruppi di promozione della Cultura italiana e di assistenza sociale verso i nostri connazionali in disagio.

 

Man, mano che partecipavo a riunioni, feste, manifestazioni e conferenze varie nel corso degli anni mi sono reso sempre più conto che noi oriundi siamo una risorsa vera per il paese di nascita dei nostri genitori. Siamo il gruppo meglio preparato per presentare e promuovere artisti e autori italiani di ogni genere ai nostri concittadini nei paesi di residenza.

 

Allo stesso tempo, durante i miei vari viaggi in Italia ho incontrato un’altra realtà ovvero che i nostri parenti, amici e compaesani in Italia sanno poco o niente della vita degli italiani all'estero. Da questa consapevolezza è nato il mio libro di racconti della vita degli emigrati italiani in Australia. Un libro scritto in italiano e poi tradotto anche in inglese perché spero di poter trovare un editore serio per farne un’edizione bilingue. Infatti è un libro che descrive le realtà non solo degli emigrati italiani in Australia, ma che spiega la realtà di tutti gli immigrati in ogni paese.

 

Poi un giorno ho avuto l’idea di scrivere il libro che descrivo nel mio articolo di giugno scorso (www.ilgiornaleweb.it/cultura/libri/1860_il-libro-negato). Come dice quell'articolo sono entrato in una situazione strana e surreale dove un libro più che valido secondo il consulente di un importante editore italiano è bloccato dagli eredi del soggetto.

 

Questa è la battaglia della mia vita  che devo continuare fino in fondo. Sarebbe facile fare come consigliano alcune persone di lasciare stare e di considerarla persa e di scordare d’aver scritto il libro.

 

Come farò poi a continuare a predicare il ruolo degli oriundi se poi sono proprio io ad abbandonare il lavoro? Con che faccia potrei guardarmi allo specchio per cercare di dirmi che sono fedele ai miei principi e ideali? Con quella decisione mi condannerei a tradire tutto quel che penso e tutto quel che mi ha spinto per tutta la mia vita.

 

Un libro non è un semplice lavoro e dopo averne scritti tre, i due già nominati e un romanzo di fantascienza, posso dire con certezza che ogni libro contiene l’essenza personale del suo autore e abbandonarne uno sarebbe come abbandonare il proprio figlio.

 

Non scriviamo solo per il piacere di scrivere. Scriviamo per iniziare dibattiti, per sentire reazioni alle nostre parole e per dialogare con i lettori. Ogni mio libri mi ha costretto ad affrontare aspetti di me stesso. Tutti e tre i libri mi hanno messo in una situazione di contemplare importanti aspetti della vita non soltanto mia, ma di ciascuno di noi.

 

Quando sono stato avvisato dell’esito dell’ultimo appello agli eredi sono rimasto male, ma ero pronto per il rifiuto. In fondo ho la mia coscienza a posto in questa situazione. Non chiedo niente che non sono disposto a pagare, non scrivo per offendere nessuno. Ho scritto il libro soprattutto per presentare al mondo un personaggio italiano importantissimo per la Storia recente del paese che è, incredibilmente, sconosciuto al grande pubblico fuori i confini del paese.

 

Non continuo la battaglia per fare dispetto agli eredi, la continuo perché sono convinto e credo davvero che questo libro, come gli altri libri che spero di scrivere nel futuro, daranno un contributo importante a far conoscere la nostra Cultura e i nostri autori e artisti al mondo che non sa niente di loro.

 

Se questo vuol dire rischiare di rimanere ancora più male, non importa. Anzi, devo combattere perché non ho proprio niente da perdere, il rifiuto degli eredi di poter utilizzare il materiale d’archivio che è il cuore e l’anima del lavoro del soggetto che vorrei presentare al mondo vuol già dire che il mio lavoro non esiste più, almeno in forma pubblicabile.

 

Non scrivo queste parole per il semplice egoismo che ciascuno possiede del proprio lavoro e i propri talenti. Le scrivo perché questa è una battaglia che davvero vale la pena combattere. Continuo a lottare perché il prezzo di rinunciare a quel che credo è molto più alto della perdita delle mie idee.

Se poi, devo subire altre sconfitte, allora così sia, almeno sarò fedele a me stesso.

 








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