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Cultura - SocietàGianni Pezzano

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13 Novembre 2015
Requiem per i ricordi persi
di Gianni Pezzano



Requiem per i ricordi persi
Andarsene Sognando
di Eugenio Marino

Siamo tutti figli del nostro passato e genitori del futuro a venire. Per questo motivo ogni generazione ha l’obbligo di conservare le memorie, i ricordi di quelli che ci hanno preceduti. La nostra memoria deve contenere quegli atti dove abbiamo operato bene, come anche quelli dove abbiamo sbagliato per poter ripetere i primi ed evitare i secondi.

 

Sappiamo già che non facciamo abbastanza per ricordare il nostro passato e che abbiamo la tendenza di scordare chi se n’è andato per accogliere il nuovo in arrivo, però per una categoria dei nostri connazionali questi ricordi hanno una importanza fondamentale che pochi ora ricordano o sanno. Stiamo scordando quelle generazioni che, con una loro decisione dolorosa, hanno preparato la base del rilancio del nostro paese dopo le catastrofi delle due Guerre Mondiali.

 

I nostri emigrati hanno lasciato un paese che soffriva per i morti e i danni di quei conflitti. Sapevano di non avere più la possibilità di fare una vita in Patria e hanno deciso di fare un passo che non solo ha permesso loro di dare un futuro  ai loro figli, ma allo stesso tempo anche di dare un contributo importantissimo al loro paese di nascita.

 

Chissà quanti professionisti che ora praticano in questo paese hanno potuto ottenere le loro lauree grazie ai contributi di parenti che non hanno mai conosciuto che vivono all'estero? Chissà quante imprese sono state lanciate da soldi inviati da fratelli e sorelle dall'estero che volevano assicurare che i parenti rimasti in Italia potessero anche loro iniziare una  nuova vita?

 

Estendo ora queste domande alle ultime due generazioni di italiani. Quanti di loro sanno che per i due decenni dopo la guerra i soldi degli italiani spediti dall'estero erano sempre tra le cinque fonti più importanti di valuta estera del nostro paese e che una grande parte del Boom Economico della fine degli anni cinquanta e inizi anni sessanta è dovuto a quei soldi?

 

Temo che le risposte a queste domande saranno in termini di percentuali basse e per i più giovani di sicuro assolutamente zero. Il paese ha scordato che chi ha lasciato la sua patria in quegli anni non l’ha abbandonata, ma ha continuato a dare un contributo alle loro famiglie e dunque a tutti.

 

Però questi ricordi non sono gli unici che stiamo perdendo di quelle generazioni costrette a lasciare il paese. Sappiamo poco della vita quotidiana di quelle generazioni e quel poco che sappiamo, spesso, viene dai luoghi comuni che comprendono gran parte dei programmi televisivi e i relativamente pochi libri che sono usciti sull'argomento.

 

Una fonte recente di questi ricordi è il libro Andarsene Sognando di Eugenio Marino, che raccoglie la musica dell’emigrazione italiana nel mondo. Allo stesso modo il giornalista Gian Antonio Stella ha scritto libri e presentato spettacoli di una parte di queste esperienze. Tutte testimonianze importanti, però non bastano da sole. Esistono anche rapporti ufficiali delle varie comunità italiane nel mondo, ma queste raccontano cifre e statistiche e non ci fanno capire la cosa più importante dei nostri parenti e amici sparsi per il mondo.

 

Non sappiamo chi sono le persone comprese nelle statistiche e i rapporti ufficiali. Non sappiamo cosa hanno fatto queste persone partite sui bastimenti che le canzoni ricordano. I racconti dei morti e i naufragi raccontano solo una parte delle difficoltà degli italiani che hanno dovuto partire da zero. Sappiamo poco o niente delle loro esperienze sull’accoglienza una volta superata la porta d’ingresso dei loro nuovi paesi.

 

I ricordi contenuti nei documenti fanno parte della Storia di qualsiasi paese, però queste statistiche non aiutano a capire il fenomeno.

 

Per quel che riguarda le persone, che sono le vere protagoniste, i libri più importanti sono quelli che ci portano le parole dei protagonisti stessi. Per le due Guerre Mondiali abbiamo libri come gli ultimi due del giornalista Aldo Cazzullo che ci fanno sentire le voci dei due conflitti che hanno segnato passaggi importantissimi della nostra Storia e speriamo che incoraggino altri a scriverne ancora.

 

Purtroppo per i nostri connazionali all’estero esistono pochi libri e per raccogliere queste storie dobbiamo affrontare gli stessi problemi affrontati da autori come Marino, Stella e Cazzullo, quelle generazioni sono quasi tutte sparite e sarà difficilissimo poter raccontare le loro storie ed esperienze personali.

 

Ogni giorno perdiamo sempre di più gli emigrati partiti dopo la Seconda Guerra Mondiale e nel caso della Grande Guerra è già troppo tardi del tutto. Per fortuna abbiamo ancora le lettere che tanti figli hanno conservato e che ci potranno ancora descrivere le vite e i sacrifici di milioni di italiani all'estero.

 

In ogni caso, per quanto siano importanti, dobbiamo riconoscere che le lettere dicono soltanto una parte delle loro storie perché non tutti scrivevano e coloro che mantenevano un rapporto epistolare con i genitori e i fratelli sicuramente non hanno raccontato tutto, non solo per motivi di lunghezza e tempo, ma particolarmente perché sicuramente non volevano raccontare le loro esperienze più umilianti, come lavori poveri oppure i trattamenti duri spesso riservati agli emigrati, oppure scelte di vita di cui si vergognavano.

 

Perciò dobbiamo cercare di trovare la forza e i fondi per poter conservare il più possibile queste fonti di esperienze prima che siano disperse. Per poter fare ciò dovremmo collaborare con musei e università di tutto il mondo per incoraggiare i figli e i discendenti a donare le raccolte di lettere, cimeli e ricordi, o almeno copie di questi per poterli avere a disposizione per futuri ricercatori.

 

Questi documenti saranno le prove non solo della vita quotidiana dei nostri connazionali, ma anche del loro linguaggio e delle loro tradizioni. Ove ci siano ancora membri della prima generazione immigrata in questi paesi dovremmo incoraggiare i loro figli e nipoti a registrare le voci e le esperienze dei genitori e  nonni, di chiedere loro di raccontare i loro ricordi e di donare copie di queste registrazioni agli istituti competenti.

 

Però, non dobbiamo scordare che queste esperienze valgono anche per i loro figli e dovremmo compiere gli stessi passi per far ricordare le vite di questi figli di due mondi che si riconoscono non in uno, ma in due paesi.

 

Sono passi davvero importanti, ma temo che non ci sia la volontà di farlo, non solo da parte delle autorità competenti, ma nemmeno da parte delle case editrici che dovrebbero incoraggiare autori e ricercatori a fornire libri su questi argomenti. Ogni giorno perdiamo questi testimoni e allora lavoriamo insieme per assicurare che non perderemo per sempre le loro voci. Ogni voce salvata è un ricordo che potremo passare alle generazioni del futuro per spiegare  loro le loro stesse origini. 

 








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