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Cultura - SocietàStefania Castella

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04 Settembre 2022
Melanie Francesca al MonzaBookFest. Tra oriente e occidente la vita, i percorsi, la forza delle donne
di Stefania Castella



Melanie Francesca al MonzaBookFest. Tra oriente e occidente la vita, i percorsi, la forza delle donne
Melanie Francesca

 

 

Hapubblicato tredici libri che spaziano dal romanzo alla poesia con madrine di eccezione come Nanda Pivano e Barbara Alberti: Melanie Francesca giornalista di costume, scrittrice, artista, personaggio televisivo è soprattutto un’anima nobile sensibile all’ascolto dell’altro. Nel suo bagaglio pieno di bellezza il diploma all’Accademia di Belle Arti a Venezia, e l’orgoglio di esporre da Parigi a Milano a Mosca e in Medio Oriente. Con l’opera The Box partecipa ad Art Dubai nel 2016 sotto il patrocinio del ministro della Cultura degli Emirati Arabi successivamente nella galleria Cap Contemporary Art Platform. Oggi vive tra Dubai e Lugano e recentemente ha pubblicato il romanzo Il Maestro (Cairo editore).

Attesissima tra gliospiti dell’incontro che propone libri e scrittori nel cuore della città di Monza il MonzaBookfest domenica 4 settembre alle 15.50 si racconterà con forza e sincerità schiudendo il suo mondo diviso tra occidente e oriente. Le chiediamo di raccontarci parte del suo mondo che attraverso la scrittura cerca di trovare la giusta collocazione alle cose della vita, fatte di percorsi, incontri e anche infiniti dolori da attraversare.

 

Melanie la sua propensione artistica si è sposata evidentemente in modo perfetto con la ricerca, con lo studio tenace sicuramente parte di un bagaglio che ha fatto di lei tante donne in una. Ma se dovesse dare una definizione di sé, come si racconterebbe? Chi è veramente Melanie?

 

-Difficile rispondere. Tutti noi siamo tante cose diverse, siamo quello che facciamo, ma non solo. Abbiamo tante facce perché è impossibile essere “uno” ed è forse anche pericoloso inquadrarsi, darsi dei ruoli fissi che nel tempo siamo comunque costretti a cambiare. Sono Melanie e mi sento un’artista in continua evoluzione. Ma sono anche una scrittrice, una donna e una mamma. -

 

 Qual è stata la spinta che l’ha portata alla scrittura? A raccontare, raccontarsi anche, perché per ogni autore, biografico o meno, un romanzo contiene sempre una parte viscerale di sé.

 

-Scrivo da sempre perché è il mio modo di salvarmi dall’altalena del mondo. È uno spazio eterno e salvifico dove le cose trascendono per raggiungere una definizione. E nonostante le parole siano sempre “limitate” la scrittura è sempre riuscita ad aprirmi nuovi orizzonti e mi ha aiutato anche a conoscere gli altri e a tentare di capirli per raccontarli meglio. -

 

-Il Maestro- parte della trilogia cominciata con L’Occidentale, la conferma come una sorta di finestra spalancata tra due mondi. Possono trovare un modo pacifico per comunicare Oriente ed Occidente, culture apparentemente lontane, senza compromessi, senza dolore, senza rinunce estreme?

 

-Spero che queste due culture possano comunicare tra loro ma è un percorso difficile, sono mondi antitetici. Da una parte c’è una società fissa, tradizionalista, fondata su valori tramandati da sempre e su ruoli stereotipati e inderogabili che riguardano uomini e donne, la struttura familiare e sociale. Dall’altra c’è l’Occidente, con le sue frantumazioni e i suoi confini sempre più labili. Persino la famiglia e il genere stanno pian piano per essere scardinati. -

 

 Chi è Anna che attraversa il dolore e forse nel Maestro riesce a trovare quella luce che nel corso della vita un po' tutti smarriamo

 

-Anna è una donna che decide di andare alla ricerca di sé stessa e cerca un modo per entrare in contatto con il suo vero io, per sentirsi libera. Per farlo scopre di avere due strade: la via del dolore, che implica la resa ovvero l’accettazione della propria condizione. Una via che porta a una dimensione sconosciuta di pace infinita propria di chi non è più attaccato a nulla e contempla la realtà e sé stesso sapendo d’essere un viaggiatore del cosmo. La seconda strada è la dimensione dell’arte, della bellezza, che non contempla il dolore ma solo gioia. Una via che conduce alla liberazione dal proprio corpo e da ciò che lo circonda, attraverso la meraviglia, l’illuminazione. -

 

 Raccontare le donne significa osservarne i percorsi, quanto secondo lei le donne possono dirsi libere, veramente?

 

-Le donne diventano libere quando smettono di identificarsi con il loro ruolo di vittime storiche. È difficile, perché se nasci donna è inevitabile identificarsi in secoli di sofferenza, come se ci fosse un corpo di dolore collettivo che ci sta sulle spalle e ci schiavizza. Siamo abituate a tramandarci sofferenze di madre in figlia. Basterebbe rompere la catena e dissociarsi dalla tradizione storica che ci ha condannate a essere streghe al rogo. Non si tratta di diventare come gli uomini, come fanno certe donne in politica che assumono atteggiamenti maschili. Quella non è libertà. Essere donne libere vuol dire accettare di essere diverse ed essere controcorrente rispetto ai valori maschili preminenti nella nostra società. Significa non aver paura di essere dolci, materne, protettive, lunari, magiche e misteriose. Significa non aver paura delle mestruazioni e non nasconderle, non raccontare gravidanze come una pubblicità, non fingere di non avere sbalzi ormonali. Significa smettere di mettere i tacchi se non si vuole indossarli, smettere di essere forzatamente seduttive e dedicarsi alla bellezza del proprio corpo solo per sé stesse. Certe di essere un mondo che gli uomini, per la loro intrinseca razionalità e attitudine, difficilmente riescono a comprendere. -

 

In una evoluzione che ha urlato forte che possiamo fare tante cose, quanto noi stesse siamo veramente consapevoli delle nostre potenzialità?

 

-Come ho detto prima, finché non ci rendiamo conto di essere magiche, di essere fate, anche grazie alle nostre mestruazioni che ogni mese ci aprono la porta segreta della luna, noi siamo come gli uomini. -

 

 Come è la sua vita oggi, dopo la pandemia, dopo lo stravolgimento mondiale, dopo questa sorte di fine del mondo che ci ha visti vivi, ancora, una persona sensibile come lei come vive, cosa sente, come si proietta nel futuro?

 

-Ho voluto raccontare la mia paura del transumanesimo, di un mondo in cui il meccanicismo vuole prevalere sull’umano. Spero che questa paura che ho sentito molto forte in questo periodo non si realizzi. Per questo cerco di promulgare i valori della presenza, dell’essere qui e ora, senza pensare troppo al passato o perdersi nel futuro. Il nostro futuro è adesso. Oltre all’adesso non c’è nulla. -

 

 

 È già al lavoro per un nuovo romanzo?

-Si. Ma i miei romanzi prendono tempo per esser scritti depositati riscritti. È un continuum. -

 

Ha realizzato i sogni che inevitabilmente tutte facciamo o c’è qualcosa che rimane in attesa di compiersi?

 

-Ho realizzato gran parte de miei sogni. Li ho anche scritti sotto forma di progetto. Ho messo su un foglio dove sarò tra un anno e tra cinque. È come se pianificassi un anno di studi, con gli esami da fare. Ho scritto su un foglio ogni cosa, l’ho messo su un altarino privato e me ne sono dimenticata. Fino ad oggi tutto si è avverato. E per me questa è la fede. -

 

 

 

 

 

 

 

 

 








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