 | M. Cvetaeva |
La mia monetina non è servita a salvarmi. Gira e rigira, la corda mi graffia le mani, la mia monetina non è riuscita a salvarmi. La mettono tutti di sotto le travi, porta salute e dicono denaro. Non mi ha portato né l’uno né l’altro. Le mie mani vuote, sono rimaste vuote. Mani, le mie mani, ti hanno sfiorato leggere, quante cose hanno fatto. Hanno scritto parole su parole passate veloci dal cuore alle dita, e scaldavano l’anima. Parole e mani, due cose, due cose soltanto, parole a sussurrare e mani a stringere forte. Scivolate tra i capelli, guardando il futuro nient’altro a cercare.
Sono solo dispersa, non cerco una strada, non cerco perdono, ho urlato più forte ma il mondo è rimasto assordato da troppe parole, non ha ascoltato le mie grida ormai straniere. Ricordi mio amore, com'erano il mare, i pensieri dispersi tra le onde leggere e sospiri di vento tra il cielo e la spuma, che bello pensarci, mani ancora mani, hai preso la mia l’hai posata sul viso mi hai detto. “Marina mia, sposami, io voglio passare la vita con te” e quello lo sai, l’ho scolpito sul cuore. E poi il nostro amore, esplosione d’amore, e gli occhi si perdevano tra guance rotonde, mani e manine da stringersi forte. Ti ho curato amore e cercato, tra le mura che scricchiolano in un tempo disperato e neve su neve. Un tempo candore e lieve carezza, purezza leggiadra, oggi minuscoli spilli mi cadono addosso, mi pungono il viso, la neve punisce, le andate e i ritorni, li trova infami, traditori. Tornavo per te, anche per te. La neve di un tempo di piccole piume leggere… Suona ancora Mama, suona così che anche Mosca, si scaldi d’estate.
Conosco il dolore so come comincia, come ti invade bruciando ogni cosa e si infiammano gli occhi di pianto inutile a pensarti vicino. Adesso la forza che non mi sai dare, col viso che sfiora il suo viso di bimba, la cerco da lei, dal ricordo di odore di bello e di buono, di talco, di amore, il mio cuore di madre si è strappato per lei. Ti ha chiamato la guerra e tu le hai risposto, ma la guerra non ammazza solo chi la combatte, lascia solo dolore che oltrepassa ogni cosa. Io conosco il dolore perché conosco l’amore, l’ho stretto al mio petto fissato negli occhi, mia piccola Irina, ci ho visto universi che non saprei dire, e poi scivolavo e adesso non prego, rimango qui in terra aspettando la fine. La neve gelata trapassa ogni parte, io corro inciampando c’è a casa la sua sorellina, aspetta che io torni che cambi qualcosa. Non so cosa dirle, non so più che dare. Una donna distrutta, le gambe non reggono, barcollo tremando, qui in mezzo alla neve, dispersa tra il mondo, la guerra, la fame, il dolore. La mia piccolina, quell'orfanotrofio, lasciata straziata, lacerata dal pianto, dovevo salvarla, qualcuno lì la potrà sfamare, intorno la guerra non lascia una tregua, una bocca piccina potranno aiutarla. Io no, non potevo. Se tu fossi qui. Avevo promesso, giurato un ritorno, e adesso che torno tu non ci sei più, ti ha presa la guerra, dispersa la fame, ti ha vinta quel freddo, un lettino di sbarre che ferma il mio cuore.
Mia piccola dolce, la mia inutile vita è finita con te. Dove sei amore mio, la forza si prende anche l’ultimo fiato, e fuori la guerra si abbatte più forte e più forte qui dentro tra stanze perdute. Il pianto incessante, la fame, la sete. Mama suona più forte, ricordi eravamo felici, leggevo i miei libri, capelli ribelli sfioravano il viso, il mondo aspettava era pronto per me, il mondo era un circolo di modi possibili. Parigi, il fermento e quei versi da perdersi. Era lì il mio posto, tra bocche di poeti che vagano di baci scritti a penna. Prima della guerra prima delle urla prima delle fughe prima della paura dell’umiliazione della vergogna della stramaledetta convinzione che tutti siano nemici, nemici di tutti, che il posto nel mondo non è in alcun posto. Dove fuggire amore mio? Quale posto è al sicuro dalle ire degli uomini? Versi ribelli condannano tutti e con loro anche noi e con noi anche me. Mama, non sei qui adesso, sono io la madre qui e dovevo scegliere. Madre cosa ho imparato? A leggere a scrivere a sorridere di rime impossibili che arrossiscono il viso, ma adesso la fame non si sfama a parole.
Ho bisogno di tempo, di un tempo all'indietro, di cercare il mio amore di riportare i suoi passi a stringersi a noi. E tu sei fuggito non so neanche dove, la neve raccoglie anche te, un bianco immorale si tinge di rosso la faccia dispersa che viòla il candore. Caduto, per sempre, non tornerai più. Amore che è stato del tempo dei sogni sognati di ieri? Una casa, dei bimbi, il the caldo i dolcetti, la gioia negli occhi e gli occhi sul cuore. La tua testa amore, la sua testa, amore. La mia testa l’ho persa, dolcissimo amore. Guarda piccolina, guarda fuori, tornerà la primavera prima o poi ritornerà. La neve mi è ostile affondo coi piedi fin sopra i ginocchi avanzo dispersa di stanchezza disperata, respirare è un dolore che trapassa il mio corpo e nuvole escono disperse di fiato. Amore ritorno da te, ti stringo le mani, ti asciugo il sorriso, ti dico dimentica, il tempo di adesso di freddo e dolore. La piccola vita l’ho lasciata più dietro, tra mura ingrigite spalancate dal pianto.
La mia piccolina dovevo scegliere tra voi due, non dovrebbe mai scegliere, nessuna madre dovrebbe. Lasciatemi qui, coi miei versi perduti, lasciatemi a terra lasciate dispersa la mia vita, la neve, non merito nulla, non voglio ritorni o forse no, forse mi perdonerà la sua mano piccina che non stringerò più. Dovevo sfamarla, ho scelto, ho sbagliato, amore perdonami. Una corda, una corda mi passa tra le dita, tra tutto quello che ho perduto per sempre, la vita, i ricordi, le parole riscritte, il pianto, il sorriso le guance scavate, un giro di corda è tornata l’estate, lo vedi amore? non vedi più nulla, non sento più nulla, c’è ancora la neve che gela di dentro. Non tornerà il freddo, non sentirò fame, non sentirò il cuore spaccato nel petto, non sentirò il mondo, non vedrò più sguardi voltarsi distratti.
“Passante fermati strappa uno stelo selvatico per te, una bacca per me. Con leggerezza pensami, con leggerezza dimenticami”
Marina Cvetaeva
Elabuga 1941
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