 | | Vivien Leigh |
È stato bello, bellissimo, la musica, la cena, le chiacchiere invidiose, i risolini nascosti. Sì, è stato bello muoversi tra la folla, tra le facce tirate a lustro, il fruscio leggero degli abiti. Sono tutti così diversi da come il mondo immagina, siamo tutti così diversi da come il mondo immagina. Lei, la bionda, naturale quanto io sono mansueta, lui bellissimo peccato se la intenda con la moglie del suo produttore, e del fratello del suo produttore e potrei andare avanti ancora a lungo, quei due così perfetti che intrecciano gli sguardi di nascosto, perché hanno una moglie, entrambi, Dio, si amano così tanto…
Io li odio invece, potrei odiare tutti, ma dovevo prendere tutto il pacchetto e nel pacchetto anche questo era compreso. Le premiazioni, le cene, i balli, le foto le chiacchiere inutili. “Andiamo a casa” … Bastava alzassi un sopracciglio perché abbassassero la testa e la cresta, oh quanti uomini senza attributi ho incontrato. Tanti, e poi ancora tanti prima di te. Cercavo un uomo che mi tenesse testa che sapesse anche tenerla la mia testa tra le mani quando per me pesava troppo. Che buffo, ricordi? Lo dicevi anche tu che il mio collo così sottile, sembrava crollare sotto il peso. Così sottile. Per te sono sempre stata perfetta per il mondo intorno anche. Per tutti, per me non so, non saprei dirlo… Sono lieve ora, quasi felice, è stata una bella serata infondo. E’ freddo fuori, novembre gelato da poco passato il mio compleanno, prendi il cappotto tesoro, la casa enorme mi accoglie gioiosa. Io rido, sono ancora felice, ti vedo vicino, ti allacci al mio abbraccio, mi cingi la vita, beviamo qualcosa…
Ecco mi volto un istante e poi, sono io. Barcollo, dove sei? Sei svanito, che fai? Ho bisogno di un goccio, di lenire un pochino i pensieri, di zittire il rumore che martella la tempia. Il silenzio è pesante sì, e fa rumore più rumore della folla di prima, è bastato un attimo per tornare nel buio. Mi gira la testa, una goccia scivola dal mento al collo, sento improvviso quel vuoto, mi prende come un nemico infallibile aspetta nell'angolo il momento propizio, tengo le mani sul lungo tavolo di legno pregiato che sento bagnarsi di lacrime, tra poco sarà bagnato e rovinato dal mio insulso pianto, che stupida sono, un moto di rabbia si infrange nel petto, le mani invase di elettriche forze si avvinghiano alle ciocche, le mie belle, bellissime ciocche di boccoli neri di ore di piega, tutto disfatto, tutto distrutto, contengo le urla, un grido si strozza so già come fare, mi mordo le mani per farmi più male, per smettere di fare troppo rumore. Non mi vedrai così, ancora…
Il pianto che non posso fermare, ogni lacrima dice “Dov'è il mio amore? La mia bambina?” Scorro le facce nella memoria è passata neanche un’ora, non ricordo nessuno, non so più se c’è stata davvero questa serata, la festa, tiro su la mia faccia un riflesso allo specchio, due righe che graffiano il viso, il mio trucco disciolto. Mi manchi tesoro, ma lo so cos'è stato, sono stata un’attrice, sono stata una moglie, sono stata un’amante, non si può avere tutto, amore, io non sono mai stata una madre, mai veramente e adesso mi manchi, mi manca tutto, mi manca l’aria, lo so, passerà non potevo fare altro. Ho bramato per questo, per avere il mio posto tra le facce più in alto, ho preteso quei ruoli, perché io sopra il palco sapevo di essere viva. Sono stata mille donne, e adesso ho paura di non sapere più chi sono. La gente crede di conoscerci, pensa di sapere tutto di noi, ho imparato bene ad ingannare, la finzione l’ho imparata, e l’amore che passa oltre lo schermo, sembra davvero, davvero reale.
E pensare che l’odio, odio il suo fetido alito e la gente non sa. Odio il suo accento, il suo stupido gioco che rompe le pause. Quante donne sono stata e ancora qualcuno mi chiama “Mrs. Rossella” che stupidaggine. Se solo potessi essere veramente così. Fragile, insicura, o forte determinata, dolce da proteggere. Ricordi, amore, le urla, battevo il tuo petto più forte, coi pugni in preda al delirio, alla rabbia, prima di quel palco, il primo, l’emozione, la tua faccia sconvolta, la prima volta che vedevi realmente me stessa. Un secondo e finiva, e la scena impeccabile e l’applauso finale come non fosse accaduto un bel niente. E da allora mille altre volte. Mi dicono che sono malata, mi dicono che sono ammattita. Può darsi, questo volare in alto e poi sprofondare senza appigli senza voglia, solo buio, solo nulla. Si può essere nulla quando per il mondo sei divina, sei grandiosa…Sì, si può, sentirsi così poco, così nulla, sperare di trovarsi, di cercarsi, mai più invano…il pubblico le voci gli applausi: “Che ne sarà di me?”
Me lo chiedo adesso, come lei, sono io, sono lei. “Francamente me ne infischio” anch'io, adesso. La tosse mi scuote, mi sento un po’ stanca, aspettami amore, chiudo gli occhi un istante, aspetto, un momento, aspetto di tornare, dammi solo un momento, soltanto un momento per tornare com'ero…
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