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15 Gennaio 2016
Noi tre. La vita, il suo ricordo che io non posso ancora sopportare...
di Stefania Castella



Noi tre. La vita, il suo ricordo che io non posso ancora sopportare...
stringersi nel ricordo

Vomito il mio dolore sul foglio. Nessuno lo leggerà. Brucerà con me. Io non sono il poeta, non io. Vomito tutto il passato in righe che probabilmente leggeranno poi. Poi, tre lettere che definiscono un tempo, conta tanto il tempo, Poi… qualcuno capirà, Poi… E magari sarà ancora presto. Niente di ciò che scriverò sarà paragonabile a lei, a voi. Fatti della stessa materia, fatti di poesia, diversa, eppure la stessa. Voi due, amore mio, non siete mai stati divisi, io ero solo un attimo entrato nelle vostre vite, un attimo che come un tuono ha saputo fare rumore, così tanto da spaccare i vetri, e dopo niente poteva più essere aggiustato. Il fato, o gli dei infuriati, chi può dirlo, un’ombra distesa su di noi ha preso la pace che spettava a ognuna delle nostre anime disperse. Lo so, sono brava anch'io. Lo so perché sono ordinata, metodica, conosco la conseguenza dell’ordine.Come quelle dell'amore. Conosco il vostro modo di poetare. Volevo poter essere di più.

 

Aspettavo al varco di capire cosa potesse significare vivere, irrimediabilmente vivere. So che la vita a volte è un dono, per aggrapparci siamo andati via, per sopravvivere, fuggiti, ero bambina, la vita ci donava una seconda possibilità. Lo ha fatto spesso, lo ha fatto dopo e forse per la mia ingratitudine alla fine, mi punisce o sono solo io a punire me. Ti scrivo ogni giorno, ogni mattina di ogni singolo giorno, per raccontarti quanta luce cerco, quanta ne troverò perché mi spetta. E tu farai lo stesso e scorrerò lentissima attraverso le tue vene e tu saprai che si può anche imparare la poesia, saprai quanto è difficile accontentarsi di essere qualche altra cosa. Lo sapevi certamente quanto era difficile essere, condividere la vita con la paura della vita, con la paura della morte. lo so che lo sapevi, vivevi insieme a lei che forse fuggiva dalla vita, incrociavi me che per paura di vivere o morire, fuggivo a sedici anni ed ero sposa così presto, ed era solo il margine di un’esistenza che era oltre. Cos'ero io? Cosa cercavo veramente.

 

Chiedo perdono se l’ho trovato nei tuoi occhi che non erano da soli. Accanto a te, la donna della tua vita, donna, moglie, madre ma l’istinto è stato troppo forte. Ora mi chiami “amore mio” e so per certo che mi ami e che ami pure lei, ma non potresti fingere e restarle accanto. Racconterai di noi e forse lei sa già. Ora potrei essere lieve, potrei essere Io, potrebbe essere tutto diverso e facile e non lo è. In questa casa il pensiero mi opprime. Lei mi guardava con sguardi da amica, lei si fidava, ed io ti amavo. Mai nessun cuore fu più lacerato. Mai nessun dolore, fu così lunghissimo a pagare, per una colpa che non sapevamo di avere. Lei moriva, mentre tu eri accanto a me. Lei andava via, restando viva sempre. Lei lasciava le sue rime, il suo dolore, e latte coi biscotti per i vostri bimbi, lei brava, bella, madre premurosa, il mio pancione cresceva con la colpa. E forse anche per questo quel bambino l’ho perduto. La colpa che non ho, mi appanna le giornate.

 

Vedi amore potremmo essere vivi adesso, ma come potremmo se aleggia su di noi quell'ombra senza pace? Lasciava il suo pensiero perché il mondo lo ascoltasse, chi ascolterà ora il mio? Ho avuto le mie debolezze, Dio, la leggo e quanto le assomiglio, amore, sposto l’attenzione da te a lei. Tra le mie mani scorrono le rime, il senso di quella sua anima pesante. Voler essere come gli altri, e si sorprenderanno dei rossetti dei corsetti, di quanto amasse viaggi e feste, e spalle dritte di un bel tipo. Bello come te. So che una parte in me vuole restare a galla e viene spinta infondo giù all'inferno, dall’altra parte che ora la rifiuta. Sono passati gli anni, il viso nel riflesso del tuo viso, so che ti riempie il cuore il mio pancione, la vita che offre ancora un’altra chance. Ma ho un buco dentro l’anima, e mi leva tutto il lucido riflesso del pensiero. Credo di amarti e che mi ami, ma so che non potremmo andare avanti, farci bastare la vita a mezza vita, mezza giornata ad insegnare a cucinare a fare cose da massaia, potrebbe e non mi basta, e non mi basterà, e non mi basterà sapere che non c’è. Che lei è scomparsa e con lei il suo ricordo. Non è così e lo sappiamo entrambi. E’ andata via trascinata dall'inferno del suo buio e oggi sento più che mai che senza dubbi, lei sta cercando me. Amore mio, la bimba non mi scalda, sento che dorme accanto a me che non esisto, che non riesco a tenere in piedi i miei pensieri, il suo fantasma ha contagiato tutti. “Oggi è più buio” ti scriverò. Ti amavo tanto, sarò anche io una buona madre e ci addormenteremo strette insieme e penserai alla tua vita come una bestemmia, e penseranno sarà stata colpa tua. Ma qui la colpa non ce l’ha nessuno, non è una colpa non sapere vivere. Voglio lasciare andare i miei pensieri, lascio lo spazio a quelli che vorrai trovare, e scriverai di noi, della fortuna di incontrarsi, e della vita che può essere un dono oppure un gran fardello da portare. Londra marzo 1969.








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