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19 Marzo 2016
Tra tutti quei poeti maledetti...
di Stefania Castella



Tra tutti quei poeti maledetti...
Poesia

Se ci penso adesso era già scritto tutto nel destino. C’è chi è portato per la vita, chi invece non si è mai sentito pronto. Viene fuori da un utero di madre e passa il tempo a cercare di rientrarci. Sentire quel calore, quella protezione, nessun abbraccio sembrerebbe uguale. Senza un abbraccio senza protezione ho camminato invano per le strade, e poi di punto in bianco ho scritto tutto, il vuoto mi è venuto incontro all'improvviso, per questo qualcuno mi ha dato del poeta, ma a me non è bastato, io volevo altro.

 

Adesso guardo la vita degli altri, il loro incedere normale in mezzo alle incombenze quotidiane, invidio certi stralci di calore, casa, odori di bellezze familiari. Io scrivo scrivo, loro vivono a me fan male quei pensieri, mi bruciano le palpebre che strofino per non dimenticare nessun attimo. In mezzo a quei milioni di pensieri che raccoglievo un po’ mi disperdevo, io che attraverso la mia vita svelta, e costruisco mura di cristallo che poi s’infrangeranno tra i riflessi di luce attraversata da altre vite.

 

Sembrava un dono non lo è stato tanto, vedere tutte queste belle cose e cercare solo il modo di fermarle sopra fogli dispersi inutilmente di tutte le parole farne racconto che porti un po’ di senso a questa vita. E in mezzo a tutto questo c’eri tu, che raccogliesti vuoti di parole. Perdonami, pensarci ancora adesso, che non ci siamo mai dati del tu. Ma adesso sto viaggiando tra i pensieri e non li leggerai non lo saprai, di questa confidenza un po’ screanzata. Ci sei finito e adesso prendi la tua resa, ad ogni piccolo sospiro di poeta, lo sai si cerca qualcuno cui dare la colpa. La colpa mia eri tu. Sono dieci anni che ti passo accanto, ma non ho mai sfiorato le tue mani, ti ho scritto mille volte e mille volte ti ho fatto domande a mille e una tu mi rispondevi, e non è colpa tua se la mia vita è andata quasi sempre all'incontrario, alla ricerca un po’ di quello che mancava, per dare un senso fermo ad ogni cosa. Infondo è una maledizione pure questa, cercare una parola che dia il senso, che sia raccolta di ogni volontà, voler essere Dio non è da tutti, e di nessuno la possibilità.

 

Si bruciano le ali a catturare il sole, e il posto che cercavi brucia il culo. Attribuire colpe che non si hanno è un po’ il peccato più triste di tutti. Sussurri baci lievi ai piccolini, carezzi la sua fronte senza inganni. “Lì dove il mare luccica e tira forte il vento…” A chiudere gli occhi si allevia il tormento. Non lo potrei chiamare grande amore, non potrei più cercare invano il nome. Il nome tuo appartiene a un altro amore e non è cosa di oggi eppure no, non si rassegna il mio pensiero ancora. Tu raccoglievi sagome, pensieri e li rendevi umani, quasi veri. Tra le tue dita sembravano belli. “Se scrivo è perché so che leggerai” e ancora oggi “Se sono qui è soltanto per quel tempo”. Mi manchi troppo, pensiero, a cui non saprei dare senso, forse accordo di anime che avviene tra chi sceglie, ma si potesse rovesciare il tempo e non si può, tu penserai “che cosa senza senso”. E quanti viaggi ha fatto la mia mente appresso ai tuoi pensieri, a quei ricordi, senza spostare il peso e neanche il corpo, ho visto le montagne, il mare e le onde, le Chiese, e vene ferme di sculture, le ho viste perché tu l’hai raccontate e mi sembrava di vederle vive. Ho detto mille volte basta e pianto disperata, sopra tutte le mie parole vane, tu raccoglievi lentamente i pezzi e riportavi piano quella calma, come il vento leggero scivola la barca che non ha più paura e trova porto.

 

Dovevo essere abbastanza forte a sopportare di fingermi forte, tanto passare per bugiarda per le stupide cose che inventavo, per non dire a me stessa che sbagliavo, infondo non scrivevo per chissà che strano arcano. Di quante corti e splendide finestre e mare cristallino mi hai narrato “Maledizione” dico “Non lo sai che sono sempre stata io quella più vecchia” che la forza di quelle tue parole vicino a quelle mie non ha confronto. Poi hai smesso di parlarmi e il tempo si è fermato e io dovevo andare avanti sulle gambe, contando solamente sulle mie, tu mi hai lasciata in mezzo a questa vita e adesso di queste parole non so più cosa farne. Lo so che leggi e che non mi rispondi, queste parole da poeta folle, che si tormenta per le cose vane.

 

Non freme per amore e non rimpiange il tempo, pure di quell'amore che non si scorda mai, e che ci puoi giurare l’ha scordato lasciando dietro solo un po’ di affanno. Non ce n’è di mare adesso lì di fronte, allora si socchiudono un po’ gli occhi e immaginando tutto sembra incanto. Ti vedo luccicare tra le onde, e vedo le parole tutte in fila, raccontano di questa storia vana, che non ha tempo, non ha più distanze, me ne andrò via sicuro, da gran dama come un’attrice e un colpo di teatro che tira giù la tende sul passato.

 

E tu che resterai a pensare ancora, che in fondo tutto è racchiuso qui dentro, a tutta questa vita che è passata: Tu eri già un uomo ed io, non ero ancora nata.








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