 | Linda e Paul |
Che cosa dovrei dirti. Dovrei dirti un milione di cose, perlomeno tante quante con la tua voce tu ne dicevi a me. Ne dicevi di cose, che ti avevo tirato fuori dal tempo, che “forse sono un uomo, e forse tu sei l’unica donna”. E ci credevo e sai perché? Perché ci credevi anche tu. Potevamo tutto, siamo stati tutto, tutto quello che il mondo non si sarebbe potuto aspettare che potessimo essere. Ma a certe vite non si perdona niente, non si concede troppo, soprattutto il beneficio di crederle normali, come le altre e come gli altri a vivere la stessa felicità o la stessa sofferenza.
“Mi chiamo Paul” E io guardavo attraverso il filtro le espressioni di ognuno, un piglio da asceta, uno sguardo sballato, due guance smagrite e poi tu, il tuo naso perfetto, la discesa perfettissima delle tue sopracciglia, una virgola che accompagnava uno sguardo innocente, quasi timido, e il sorriso sfuggente… “Mi chiamo Paul. E tu?” E tutto cominciava da lì ed era la polvere leggera delle notti folli della nostra gioventù, quella velata dalla tua voce che adesso… Shhh… Sento ancora risuonare come allora la tua voce e la mia che non prendeva una nota, e mai che ti fosse importato, perché sì, l’amore con la A maiuscola vuol dire anche quello, sostenersi, sorridersi, accettarsi, accompagnarsi, ed io ero con te. Tu e i tuoi sogni enormi io e le mie foto, le mie fisse i miei ideali. Così diversi e poi tutt'uno.
È così che deve essere, pensavo. Doveva essere stato l’incrocio di qualche pianeta voltato su di noi, che aveva deciso che niente sarebbe stato più lo stesso, anche dopo, molto dopo di noi, amore, anche dopo noi. Io avevo vent’anni e una bimba tra le dita a stringere le mie, poi ci sei stato tu, tutto quello che ruotava intorno a te, lo so, scompariva attraverso la stretta delle nostre mani. Le facce spigolose, i capelli che cadevano dritti di piombo liscio lucido, le mini mini inesistenti, i rumori, e gli amici che passavano oltre, tutto quello che disegnavi per me con la tua voce, il piano che ti ostinavi a volermi insegnare, e la vita che chiedevamo.
Lascia che i piedi affondino nell'erba alta, che ci importa, della polvere del fango, tra le capre le oche, il rumore delle risa, la felicità è sentire saltare le bimbe sul letto, lasciamo pure che il mondo si stupisca della nostra normalità, non è più il tempo degli sballi, degli eccessi, noi siamo stati quella normalità che desideravamo, che il tempo ci ha negato. L’erba che loro fumavano, noi la passavamo oltre le cavalcate libere dei nostri cavalli e ci bastava stare fermi, piedi a mollo nell'acqua fredda, la nostra campagna, la luce che abbaglia e aiutami a tirare via gli stivali voglio affondare. Lascia le bimbe sporcarsi che ci importa, che ci importa del resto. Basteremo noi a noi. Abbiamo raccontato al luccichio dell’universo che puoi toccare le stelle e tenere i piedi ben piantati a terra ed è così bello sentire la terra sotto i piedi, è leggero come volare. Volare lo so non poteva essere più bello.
Si può essere il mito per cui le ragazzine si strappano i capelli e giurare amore eterno ad una sola unica donna? Sì, si può, e quella donna ero io che neanche mi sentivo così speciale. La tua faccia da bambino ferma dietro il mio obiettivo, per me eri tu, il più bello del mondo con la tua espressione buffa e gli occhi da ragazzino stupefatto “Fermati Paul. Guardami Paul” ... Trent'anni sono un lampo di eternità. Il tuo viso sbuca trai cuscini e in mezzo ai ricordi, stringi le mie mani “For ever” quanto durerà quel “per sempre” per noi che credevamo di poter vincere su tutto, sulla finzione e il denaro che ti cambia dentro e fuori, potevamo vincere sui flash che ti appannano la vista. Perdonami se sembrerà un tradimento il mio dover andare, quell'eternità che non è più stata, il patio che non sarà più, che non sarà più l’attesa dei nostri figli che ci sarebbero venuti a trovare quando da vecchi li avremmo aspettati per pranzare insieme.
Tempo che lasciamo, tempo che abbiamo riempito di noi, di foto, di sguardi di attimi di vita. Ricordo amore come fosse adesso “Mi chiamo Paul, e tu?” e ricorderai il mio nome sempre anche oltre me, anche oltre noi, lo ricorderai come quel “per sempre” che doveva essere per noi. My love. “Non chiedermi neanche il perché Signore, non dirò mai addio alla mia amata è ovvio, è ovunque con il mio amore…” Un tempo immobile nel 1969.
|