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23 Luglio 2016
Lei tornerà
di Stefania Castella



Lei tornerà
foto di un'ombra

Mi chiamo Lara, ho 40 anni, o meglio avrei potuto averne 40. Avrei dovuto averne 40, come loro, i miei amici. Se solo. Se non avessero deciso, loro. Per me.

 

M.A. Primo di quattro.

 

L’uomo guidava, come faceva sempre con una sola mano. Troppo impegnato in brillanti conversazioni telefoniche che chiudevano affari, aprivano affari. Aprivano serate, champagne, occasioni. L’uomo era affascinante, sapeva di esserlo, guardava la donna al suo fianco, una mano scivolava sulla seta morbida color carne. La carne, sotto le dita insinuanti, carezzevoli, a pregustare il fine serata che ci sarebbe stato. Lei sorrideva leggera. Bella, labbra polpose, camicia attillata, seno compresso sotto la camicetta sapientemente sbottonata. Al semaforo l’uomo rallentò, non per zelo, ma solo per assaporare ancora il gusto della bellezza, mordicchiare quelle labbra, e sentire il fremito nei pantaloni. Era quasi nella sua bocca quando si scostò per un attimo spalancando gli occhi, come inorridito da qualcosa. Un solo attimo, e un sibilo sfiorò l’orecchio della bella bionda senza darle il tempo neanche di pensare. Un colpo solo, forte come un’esplosione, mandò in frantumi il vetro e la fronte dell’uomo. Schizzi di sangue, materia cerebrale si confusero coi vetri del finestrino. La donna cercò invano di scrollarseli di dosso in un moto isterico mentre la testa dell’uomo si reclinava su di lei lasciando indelebili macchie di rosso porpora sulla seta candida e il calore innaturale di quel corpo senza più vita, restava fermo sulle sue cosce.

 

Il commissario Giuseppe Gabrielli seguì l’uomo ombra, al suo fianco sempre, appuntato inappuntabile Giuliano De Maria blaterava sul tempo, sulla partita, sul caso che aveva spalancato alla serata la prospettiva di una lunghissima notte da passare in piedi. Il commissario Gabrielli, ascoltava senza ascoltare, pensando soltanto che sarebbe potuto essere sul treno per raggiungere la famiglia al mare. In quel fine settimana, nel pieno di un torrido fine luglio. “La ragazza?”. “È ancora sotto choc. Non ha visto niente, non sa dire niente. Forse l’autopsia” … Solite frasi, solita sospensione. Solita attesa. Forse.

 

A.B. Secondo di quattro.

 

La barca ondeggiava ancorata al tramonto. Lo specchio d’acqua, smeraldo luccicante sotto la luce timida di qualche lanterna, utile a fare scena. Se ci fosse stato bisogno di aggiungere scena all'incanto del luogo incastonato tra le alte scogliere. Il silenzio e l’estasi rotti solo dal rumore di quattro o cinque ricconi ubriachi intenti a tirare coca e finire costose bottiglie di bianco. Il papi non badava a spese, e Bernardi junior, figlio di Bernardi proprietario della Bernardi Costruzioni spa, non se la tirava troppo quando si trattava di fare l’Aga khan con il soldi del papà. Una brunetta in ginocchio impegnata in un lavoretto importante tra le gambe, la bottiglia tra le mani. Schizzi di acqua e tuffi, risate squarciavano l’aria. Un altro tiro, un altro sorso. Una carezza alla testa ricciola bruna per dire -adesso basta, aria- E un silenzio improvviso e irreale. La giovane sistemava le tette nel micro bikini mentre il Bernardi decideva di smaltire la sbornia con un tuffo da atleta, dalla spiaggetta naturalmente. Si udì il tonfo leggero ingoiato dall'acqua. Non si sentivano più voci, non si sentivano più gli altri, come fossero stati ingoiati dalle rocce all'improvviso. Si udì solo il rumore delle pale dell’elica, il rombo di un motore e insieme il rumore sinistro di un corpo dilaniato senza il tempo di un urlo. Una macchia enorme devastò il turchese paradiso. La ragazza urlava ancora a intermittenza quando sul posto erano intervenuti il commissario e la sua ombra.

 

“Un caso anomalo commissario. Nessuno di questi tipi era vicino o presente al momento del fatto. E soprattutto nessuno in cabina, e nessuno capace di mettere anche solo in moto un affare di quella portata” “Ho capito, ho capito. Questa estate è andata…” Il mare nella testa del commissario Gabrielli cominciava a diventare una scia sempre più lontana “Aspettiamo l’autopsia. Lo so già”

 

L.C. Terzo di quattro.

 

I piedi sul tavolino di cristallo. Un piacere da godersi tutto, quando quella rompiballe di Amalia lasciava casa per raggiungere la madre al mare. L. Sentiva il sapore della libertà nella villetta assolata, nell’aria solo il frinire delle cicale e lo scroscio dell’acqua nella doccia, oltre la porta a vetri il culo perfettissimo di Diana la sua dama preferita, puttana di gran classe. Occhi da cerbiatta, gambe infinite, andatura da pantera, un animale selvaggio che avrebbe domato fino allo sfinimento. La ragazza lo raggiunse col suo passo da felino lasciando scivolare l’accappatoio con ancora la pelle umida, sedette a cavalcioni sulle sue gambe strisciandosi, aggrappandosi, gemendo. Le unghie stringevano la carne, labbra a mordere ansimando mentre un mugolio si faceva sempre più forte, tanto da sembrare un grido soffocato mentre sotto le dita di lei si aprivano lunghissime ferite come squarci schiusi da una lama sottile e invisibile. Le donna si scostò mentre sul corpo restava impressa un’orma di sangue. Vide due occhi ruotare e rivoli di sangue venire fuori da più parti schizzando, macchiando il candore pallido del divano, il cristallo del tavolino, i piccoli ninnoli d’argento attaccati all'enorme lampadario e il volto da gazzella inorridiva ricoperto da quel liquido che accecava gli occhi, che lei tentava di pulire inutilmente mentre la sagoma informe dell’uomo si ripiega su di lei. E il copione a meno di 24 ore si poté leggere alla stessa maniera, con il rituale di sempre.

 

“Ma ogni volta è sempre più inspiegabile commissà”. Questa volta a discuterne si erano messi a sedere da subito, Gabrielli e il suo secondo. “Allora, tre cadaveri anomali in meno di 24 ore. Che diavolo succede a questa cittadina he? Si può sapere che spiegazione ci può essere, che legame? Oltre ad essere tre puttanieri, caro il mio De Maria, mi spieghi cosa hanno in comune questi tre?”. L’appuntato De Maria, era nato, cresciuto e restato lì da sempre. Sapeva tutto di tutti. Conosceva i tre ragazzi, che avevano pressappoco la sua età. “Li conoscevo sì. I tre ragazzi hanno in comune il fatto di essere amici dai tempi della scuola. Li conoscevo, frequentavamo lo stesso istituto, lo stesso circolo nautico, gli stessi locali. Erano quattro per l’esattezza, figli di papà, snob, soldi alla mano, ragazze ai piedi. E soprattutto in quattro restarono coinvolti in una brutta storia, quasi venticinque anni fa. Ci fu una festa, era fine luglio, e una ragazza, la festeggiata venne accerchiata, stuprata. I quattro erano coinvolti, ma grazie alla mano dei genitori se la cavarono senza problemi. Quando Lara tornò a casa la domenica dopo la festa, non era più la stessa. Uno di loro era il fidanzato dell’epoca, e gli altri tutti amici, ragazzi che conosceva. Quella cosa restò impressa evidentemente in lei, il pomeriggio di quella domenica, uscì di casa. Non è stata mai più ritrovata. Dissero che si era tolta la vita per la vergogna”. “Manca un quarto allora” “Si, e sua sorella Mirella, è di là che aspetta di parlare con lei. Vuole denunciare la scomparsa di suo fratello”. Le formalità per la denuncia si protrassero fino a pomeriggio inoltrato, e quando Mirella tornò a casa sfinita, restò impalata nel vedere l’ombra di suo fratello seduto in cucina. Lo sguardo allucinato, la barba incolta. Mancava da pochi giorni eppure sembrava arrivare dalla fine del mondo. “Che cosa…Davide, che cazzo di fine hai fatto? Sono tre giorni che non ti fai vivo. Sono stati giorni di inferno e…” “Mi sta cercando. L’ho sentita. E’ tornata per noi”. “DI chi parli? Che cavolo dici?”

 

“Tu, non lo puoi sapere. È una vecchia storia. Lara era la mia ragazza. Ci conoscevamo da qualche settimana. Era bellissima. Quella sera a fine luglio, alla sua festa di compleanno c’erano tutti. Ma loro tre Massimo, Angelo e Luca, avevano portato delle bottiglie di vodka, roba da fumare, insomma eravamo strafatti. Io e lei ci eravamo appartati sulla riva del fiume, era bello. Credevamo non ci fosse nessuno. Mi hanno stordito, te lo giuro non c’entravo. Io non ho saputo difenderla. Io non riuscivo a muovermi ero sconvolto, avevo paura e…”

 

“E poi erano amici tuoi…”

 

“Cazzo, Mirella non avevo scelta, se mi fossi messo in mezzo, mi avrebbero fatto fuori. Quelli erano tre che contavano e…”

 

“Mi fai schifo”.

 

“Mirella te lo giuro non volevo che…”

 

“Dimmi che fine ha fatto” “È sparita. È…  tornata a casa voleva denunciare tutti. È stato Massimo, l’ha tirata giù dalla finestra della sua camera, l’ha stordita, le ha fracassato la testa con una pala. È lì, sotto terra, sulla riva del fiume. Non l’hanno mai trovata. Forse non l’hanno mai cercata veramente. E adesso lei è tornata per il suo compleanno, lei ci vuole tutti morti. Prenderà anche me.” “Portami da lei. Forse i suoi genitori dovrebbero sapere la verità, trovare quello che resta. Seppellirla” Il ragazzo si sciolse in un pianto irrefrenabile, accompagnò la donna sulla riva del fiume mostrandole il punto dove Lara era sepolta. Dove io ero sepolta. Scavare, trovare quel che restava di me. Darmi la pace. Finalmente ogni cosa poteva tornare al suo posto. Davide poteva avere la sua pace. Sciogliere la sua colpa. Ritrovare la sua salvezza. Io la mia.

 

I due giovani restarono seduti sulla riva del fiume a lungo pensando al modo in cui avrebbero raccontato tutto. Il commissario avrebbe passato lunghe notti cercando di capire. E il mare per quell'estate avrebbe aspettato ancora a lungo.








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