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Cultura - Cinema e spettacoloNicoletta Ravera

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14 Dicembre 2010
Hereafter
di Nicoletta Ravera


HereafterCon la regia di Clint Eastwood esce il prossimo gennaio un’altra perla del panorama cinematografico. Il titolo, che avrebbe potuto essere tradotto con "Aldilà", "Oltre", "In futuro", è stato mantenuto in originale, "Hereafter", forse proprio per l’impossibilità di renderne tutte le accezioni e le chiavi di lettura. La storia ruota attorno alle figure di tre personaggi principali: Marie Lelay, una giornalista francese che riesce miracolosamente a sopravvivere ad uno tsunami mentre è in vacanza, Marcus, un ragazzino che assiste alla morte del fratello gemello, e George Lonegan, operaio americano che per qualche ragione ha dei poteri sovrannaturali che gli permettono di entrare in contatto con persone che han perso la vita o di vedere il passato di chi si trova di fronte. Tre vite completamente diverse che per caso si intrecciano, ognuna coi suoi perché.

Il lavoro di Eastwood dietro la macchina da presa è impeccabile e riesce, tra un brivido e molta aspettativa, a prendere per mano lo spettatore e la sua più completa attenzione. Si fanno proprie le domande esistenziali e la ricerca che guida ognuno dei tre protagonisti, ciascuno impegnato, volente o nolente, a trovare un senso e una risposta non solo per quanto ha vissuto ma anche sulla strada da percorrere. L’Aldilà diventa in questa storia uno dei diversi piani di realtà che accompagna il quotidiano perché tutti e tre i personaggi si sono trovati alle sue porte, di fronte a qualcosa di inspiegabile ma concreto: George misura i suoni e la dimensione della morte confrontandosi con chi già è mancato, Marie ne è sfuggita per un pelo e Marcus ha visto dissolversi in un soffio la vita del fratello tanto caro con cui condivideva i giorni e i tratti somatici. L’Aldilà è l’Oltre, il confine ultimo dei giorni che non si può oltrepassare rimanendo illesi. Vi è un prima e un poi, un gioco inestricabile di momenti che caricano ogni gesto di un senso diverso, segnando il limite tra la presenza e l’assenza di se stessi e degli altri.

Col suo lavoro il regista regala un ventaglio di riflessioni, un momento di raccoglimento nel proprio vissuto per rileggerlo con occhi nuovi. Si tratta di un film non solo da vedere ma da rivedere, per poterne cogliere sfumature e piccoli particolari che ne ampliano la prospettiva e per farsi sussurrare, tra un’immagine e l’altra, nuovi e difficili interrogativi: cosa significa perdere se stessi? Qual è il senso di un amore svelato dalla comprensione dei segreti dell’altro? Quanto è importante che l’altro ci comprenda e condivida il nostro sentire in una relazione? C’è una vita dopo la morte? C'è una vita senza la morte?







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